La censura sui media in Ucraina va ben oltre una “normale” censura di guerra. È così forte ed onnicomprensiva che ieri, giovedì 12 gennaio 2023, si è mossa la Ifj, International federation of journalists. Si tratta della Federazione internazionale dei giornalisti, che riunisce le organizzazioni sindacali della categoria in tutto il mondo. Chiede a Zelensky di rivedere la legge sulla censura. Rivedere: un vocabolo molto ma molto beneducato.
Entrata ufficialmente in vigore alla fine di dicembre, la legge bavaglio sui media dell’Ucraina ha suscitato le critiche perfino di Open Democracy, il portale web che è espressione dei poteri forti statunitensi. Essa infatti subordina i media al Consiglio nazionale per le trasmissioni radiofoniche e televisive, un organismo statale che può ammonirli, multarli e chiuderli a suo piacimento ed arbitrio.
In teoria, la censura sui media in Ucraina è in vigore a causa della guerra. In pratica, il confronto con la censura bellica in vigore negli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale è impietoso. Il controllo e il vaglio riguardavano infatti allora le notizie relative alla guerra: non tutte le notizie e nemmeno l’esistenza e la condotta in sé dei media. Inoltre, all’epoca, negli Stati Uniti la democrazia parlamentare era viva e vegeta, mentre il regime dell’Ucraina ha liquidato i partiti di opposizione.
Come scrive l’Ifj, in Ucraina il Consiglio nazionale per le trasmissioni radiofoniche e televisive può proibire il funzionamento dei media on line. Può chiedere ai provider del servizio internet di bloccare l’accesso a qualsiasi contenuto, senza passare per il pronunciamento di un tribunale.
Inoltre ha la facoltà di impartire ordini vincolanti alle redazioni dei media. Di regolare il funzionamento delle tv via internet e via cavo. Di annullare la registrazione dei giornali a stampa: che significa vietarne la pubblicazione.
A sua volta, il Consiglio nazionale per le trasmissioni radiofoniche e televisive non riflette minimamente la dialettica democratica. Sono Zelensky e il Parlamento a sceglierne i membri. Fatta fuori l’opposizione, il Parlamento si identifica sostanzialmente con Zelensky e con il suo governo. Significa che in Ucraina i media e l’informazione sono subordinati al governo.
Dunque, salvo conversione di Zelensky, in Ucraina non esiste più la libertà di espressione che dovrebbe essere un valore cardine del democratico Occidente. Il quale giustifica la guerra contro la Russia con la difesa dei suoi valori. Senza pudore.
E senza pudore anche l’Unione europea, che ha assegnato all’Ucraina lo status di Paese candidato e che anzi si comporta come se l’Ucraina fosse di fatto parte del blocco.
L’Ue punisce l’Ungheria – che si oppone alle sanzioni contro la Russia ma dove non risulta l’esistenza di una simile censura – accusandola di non essere una democrazia compiuta. Non dice invece nulla contro l’Ucraina, né per la censura sui media né perché ha riportato in uso la gogna medievale.
Ma che curioso! Se non sta attenta, l’Ue finirà per dare l’impressione di abbracciare i valori dell’Occidente solo a parole e, in questo caso, di impugnarli come se fossero un manganello contro i nemici.
GIULIA BURGAZZI