Su richiesta statunitense, incombono le sanzioni della Ue anche alla Cina, politicamente vicina alla Russia e sospettata di essere pronta a fornirle armi per la guerra in Ucraina. La settimana prossima la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, andrà a Washington per parlare di questo.
L’Ue e gli Stati Uniti danno quantità industriali di armi all’Ucraina affinché le usi contro la Russia. Curiosa, la pretesa di impedire agli altri un comportamento simmetrico.
I RAPPORTI COMMERCIALI TRA UE E CINA
Per avere un’idea dell’impatto che le sanzioni alla Cina avrebbero sulla vita di tutti i giorni, basta considerare l’entità degli scambi commerciali fra l’Unione europea e la Cina stessa. Secondo i dati 2021, i più recenti, le importazioni nell’Ue di beni cinesi valgono quasi 500 miliardi di euro. Le esportazioni di beni Ue verso la Cina ammontano invece a 225 miliardi: neanche la metà. Si aprirebbe un buco enorme negli approvvigionamenti. La bilancia commerciale Ue è in attivo per lo scambio di servizi con la Cina, che però riguarda alcune decine di miliardi. Decine di miliardi: non centinaia di miliardi, come i beni.
E non solo. Il taglio delle relazioni commerciali fra Ue e Russia ha avuto ripercussioni principalmente (anche se non solo) sulla disponibilità di energia e sul suo prezzo. Invece dalla Cina si importano fra l’altro le terre rare, indispensabili per l’elettronica. Inoltre la Cina è la fabbrica del mondo. Vende beni materiali e oggetti concreti. Non solo prodotti finiti, ma anche elementi e semilavorati che vanno ad incastrarsi in catene produttive lunghe e complesse. Se l’apporto cinese viene meno, si blocca tutto anche se questo stesso apporto è magari limitato o modesto.
Le sanzioni Ue alla Cina sarebbero insomma, come già quelle contro la Russia, un bacio alla pantofola di Washington contrario agli interessi dei cittadini europei. Eppure, pare, ci si sta arrivando.
LE PRESSIONI USA SU CINA E UE
I titoli della stampa internazionale mainstream a proposito delle sanzioni europee e occidentali alla Cina ricordano il comportamento degli squali che, si dice, prima di azzannare la preda le nuotano a lungo attorno, formando un cerchio via via più ristretto. Negli ultimi giorni il cerchio è diventato più piccolo: ma si nuota in cerchio da un pezzo.
Già nell’autunno scorso gli Usa facevano pressione sulla Ue affinché istituisse sanzioni contro la Cina. Qualche settimana più tardi, il capo della diplomazia Ue, Borrell, ha comunicato sgarbatamente alla Cina l’intenzione di ridurre gli scambi commerciali.
Non esistono prove a sostegno del timore che Washington manifesta, ossia che la Cina possa decidere di fornire armi alla Russia. Sullo sfondo delle incombenti sanzioni ci sono le crescenti tensioni fra Usa e Cina a proposito di Taiwan ed uno scenario internazionale ormai drammatico, nel quale gli Usa si comportano come se il mondo fosse troppo piccolo per ospitare qualcuno con un ruolo pari al loro.
LA REAZIONE DELLA CINA
In questo quadro si situano prese di posizione cinesi insolitamente dure nei confronti degli Usa. Basta vedere cosa ha scritto su Facebook tre giorni fa il portavoce del Ministero cinese degli Esteri. In sostanza: gli Usa devono smettere di tirare la corda altrimenti andranno incontro a dure conseguenze.
In passato erano solo gli Usa ad ammonire (leggi: minacciare) di dure conseguenze la Cina qualora avesse fornito armi alla Russia. Ora gli “ammonimenti” li ricevono anche loro. Si tratta di una novità non da poco.
GLI SCENARI FUTURI
Già esistono negli Usa proposte di legge per le sanzioni alla Cina. Ci si attende che, durante il suo viaggio a Washington, la presidente della Commissione europea assuma una linea tipo: adotteremo le sanzioni quando ci darete la prova che la Cina ha deciso di vendere armi alla Russia.
La prova, al momento, magari non arriverà ancora. Ma prevedibilmente qualcosa arriverà: che sia come la famosa fialetta di antrace di Colin Powell o un fatto vero, poco importa. L’impressione è che davvero, ormai, sia questione di tempo.
GIULIA BURGAZZI