Come Lehman Brothers, più di Lehman Brothers. Stavolta, dopo il salvataggio in extremis di un mese fa, il colosso cinese delle costruzioni Evergrande non ce l’ha fatta. L’agenzia di rating Fitch ha declassato Evergrande a “restricted default” per il mancato pagamento di 300 miliardi di dollari. E non solo: il guaio è che non è fallita solo Evergrande: anche un’altra grande società immobiliare, Kasia, è fallita. Pechino teme l’effetto domino.
La notizia è di quelle da far tremare il mondo, perché l’impatto potrebbe essere potenzialmente più devastante di quello di Lehman Brothers e tutti ricordiamo bene cosa accadde. No c’é salvataggio in “zona Cesarini” e non a caso usiamo il linguaggio calcistico: di tutto questo disastro i media italiani vedono solo i guai dell’Inter il cui presidente Steven Zhang, figlio del presidente della Suning è esposto per 2,6 miliardi investiti in Evergrande nel 2017.
E mentre gli esperti di finanza internazionale disquisiscono sulla possibilità di un contagio (sempre da lì arrivano) di crack finanziari, sul sogno cinese svanito o su quella Cina di Xi Jinping che pare sempre più un gigante d’argilla, i media italiani parlano soprattutto dell’Inter (oltre che di vaccini).
L’Inter non fallirà, ma probabilmente Zhang sarà costretto a cederla, seguendo la sorte che fu del fallito Milan di Giussy Farina poi acquistato da Silvio Berlusconi. Ma potrebbe essere anche un altro segnale, dopo il caso Juventus, che sta cascando la “cabala del calcio italiano”.
Sul discorso Cina, pare che Pechino stia imboccando la stessa strada che fu del Giappone. Vi fu un periodo in cui il Giappone pareva avviato a superare gli Stati Uniti come prima potenza economica mondiale. I giapponesi avevano comprato anche il Rockfeller Center e “Made in Japan” era sinonimo di alta qualità. Ezra Vogel scrisse addirittura un libro intitolato “Japan as number one. Lessons for America”. Nel 1991 poi esplose quella bolla immobiliare che fermò l’apparentemente inarrestabile Giappone.
La Cina è sempre apparsa come un Giappone con prodotti infinitamente peggiori, ma con una massa molto più grande e un’aggressività più forte. La bolla giapponese non intaccò più di tanto le economie mondiali, quella cinese rischia di trascinare con sé gli Stati Uniti e il mondo.
Ma da noi si parla dell’Inter. E di vaccini.
ANDREA SARTORI