Per la prima volta l’Occidente si è impossessato di alcuni beni russi congelati dalle sanzioni. Ammontano a 5,4 milioni di dollari e andranno all’Ucraina. Numerosi indizi convergenti inducono a credere che la generalità dei beni russi congelati nell’Ue farà presto la stessa fine, o una fine molto simile.

Il sequestro è un fatto mai accaduto prima. Le sanzioni che l’Occidente finora ha ampiamente distribuito nel mondo non sono state confische. A parte qualche limitata eccezione legata all’Afghanistan e al terrorismo, le sanzioni impedivano di disporre di determinati beni nell’ottica di restituirli ai legittimi proprietari quando fossero venute meno le ragioni delle sanzioni stesse. Ora, evidentemente, non più.

COSA DICE LA LEGGE USA SUI BENI RUSSI SANZIONATI

I 5,4 milioni già espropriati appartengono, o appartenevano, a Konstantin Malofeyev. Uno di quei personaggi che, se russi, si chiamano oligarchi e, se occidentali, imprenditori vicini al governo. Malofeyev li possedeva sotto forma di depositi bancari. Il Dipartimento di Stato americano ora li consegnerà alla corrotta Ucraina.

Da un pezzo Stati Uniti e Unione europea meditano di requisire tutti i beni russi sui quali le sanzioni sono cadute: anche tutti i miliardi che la Banca centrale russa ha depositato all’estero. Il problema è che, così facendo, si violerebbe il diritto internazionale.

La legislazione statunitense, secondo alcuni commentatori, consentirebbe di confiscare ogni cosa solo se la Russia fosse ufficialmente dichiarata “Stato sponsor del terrorismo”: ma così almeno per ora non è. Gli Usa infatti evitano di porsi in confronto diretto con la Russia.

Di conseguenza, le requisizioni statunitensi devono percorrere una strada stretta e passare attraverso il cosiddetto emendamento Graham-Witehouse approvato nel dicembre 2022. Come è accaduto con Malofeyev, l’emendamento permette al Dipartimento di Stato americano di consegnare all’Ucraina i beni degli oligarchi e delle entità russe sottoposte a sanzioni. Permette: non obbliga. In ogni caso, non permette di requisire i soldi congelati della Banca centrale russa: cioè ciò che più fa gola.

LA POSIZIONE DELL’UNIONE EUROPEA

Al contrario degli Stati Uniti, il Parlamento europeo ha già dichiarato che la Russia è uno Stato sponsor del terrorismo. Ma questo, nel quadro legislativo europeo, non è ancora sufficiente per superare gli ostacoli legati al diritto internazionale. Così l’Ue sta percorrendo altre fantasiose strade in modo – pare – fruttuoso.

Il servizio legale del Consiglio Ue (è l’istituzione che rappresenta la voce dei governi nazionali) ha fornito un parere legale secondo il quale è possibile, a determinate condizioni, impossessarsi dei beni russi sanzionati, compresi i soldi della Banca centrale. Nell’Ue, questi ultimi ammonterebbero a 33,8 miliardi di euro.

In sostanza, anziché requisire i beni della Russia, bisognerebbe investirli per generare profitti destinati all’Ucraina, nella prospettiva di restituire in seguito alla Russia ciò che essa possiede.

L’Estonia, una delle teste di cuoio anti-russe dell’Occidente e dell’Ue, sta aprendo una strada in questo senso e sta adattando la legislazione nazionale alla requisizione dei beni russi. Proprio oggi, giovedì 9 febbraio 2023, ha dato un’ulteriore spinta politica all’intera Unione europea affinché i beni sanzionati della Russia prendano la strada dell’Ucraina. Si è mossa insieme alle altre teste di cuoio: Polonia, Lituania, Lettonia.

Sempre oggi, Zelensky è a Bruxelles per incontrare le istituzioni europee. Pare che si parlerà anche di usare i beni russi a vantaggio dell’Ucraina.

GIULIA BURGAZZI

 

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