Come abbiamo raccontato stamattina, non solo a Trieste ma anche in altri porti la situazione al limite. In particolare a Genova ci si avvia a fronteggiare una situazione esplosiva: fino a ieri, domenica 17 ottobre, a Genova i portuali presidiavano solo il varco Etiopia; ora anche quelli Albertazzi e San Benigno. Il porto al momento risulta quasi fermo. Centinaia di autocarri sono fermi in coda, ma gli autisti manifestano solidarietà suonando i clacson.

Ancor prima che i lavoratori del porto ampliassero il raggio della loro azione, il presidente dell’autorità portuale di Genova, Signorini, ha mandato ai manifestanti un avvertimento analogo a quello che il suo collega di Trieste aveva fatto pervenire a Puzzer e agli altri manifestanti alla vigilia dello sgombero effettuato stamattina. Signorini ha detto in sostanza: il blocco del porto di Genova non sarebbe sostenibile.

E infatti in questo momento gli autoblindo della polizia si sono schierati al porto di Genova, pronti ad intervenire in qualsiasi momento. Di fronte alla polizia, seduti a terra come a Trieste, ci sono i vigili del fuoco, nientemeno!, che si sono uniti alla protesta; dietro ai pompieri, i portuali; dietro ancora la gente comune accorsa a dare man forte.

Contemporaneamente, sempre a Genova, i cittadini contrari all’obbligo del green pass per andare a lavorare e solidali con i portuali di Trieste bloccano l’accesso ai traghetti: anche in questo caso, di fronte a loro è schierata la polizia in assetto anti sommossa.

Un altro fronte caldo è Ravenna, dove il porto è stato fermato stamattina dai lavoratori in segno di solidarietà con Trieste.  La manifestazione è partita in sordina, ma poi si è trasformata in un imponente corteo di portuali, camionisti e semplici cittadini. Anche qui gli autocarri sono bloccati  nelle strade. E la polizia si è schierata in assetto antisommossa.

Ora Draghi ha davanti a sé due strade. La prima è prendere atto che gli italiani – diciamo –  non condividono le sue politiche sul green pass, non condividono neanche le altre sue politiche e che quindi egli deve innestare rapidamente la retromarcia. La seconda strada è la soluzione Bava Beccaris, il famigerato generale che nel 1898 a Milano prese a cannonate la gente tumultuante per il rincaro del pane. A questo, proprio a questo, vorrà arrivare il capo del Governo di un Paese che il resto del mondo considera ancora civile?

DON QUIJOTE

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