Non solo l’ex presidente Trump e il Covid. C’è anche la collusione col Pentagono nei Twitter files, ossia nella documentazione interna relativa alla gestione degli account e alla visibilità dei contenuti che essi postavano.
La nuova puntata riguarda la collaborazione di Twitter con l’esercito statunitense nella propaganda segreta, o almeno nascosta. Scopo: plasmare l’opinione pubblica a proposito di Paesi come Yemen, Siria, Iraq. Plasmare soprattutto l’opinione pubblica all’interno di questi stessi Paesi.
I cosiddetti Twitter files stanno venendo alla luce per volontà di Elon Musk. Il multimiliardario che è diventato proprietario della piattaforma si presenta come un alfiere della libertà di espressione. Ma si potrebbe anche considerarlo come il portatore di una visione della politica e della società non allineata con quella che permea l’amministrazione pubblica statunitense (e dunque occidentale) modellata dal Partito democratico.
Il giornalista Lee Fang ha diffuso il materiale relativo si rapporti fra Twitter e il Pentagono sul sito The Intercept, avvertendo che ha potuto fare ricerche negli archivi interni di Twitter per soli tre giorni: dunque potrebbe esserci anche altro.
Lee Feng sostiene in sostanza che Twitter, dietro le quinte, ha fornito approvazione e protezione alla rete di account e di identità online che facevano capo all’esercito americano anche quando non qualificavano la loro affiliazione. A questi account, Twitter ha applicato un tag non visibile. In questo modo ha concesso a loro i medesimi privilegi account verificati, senza però che accanto ad essi comparisse la famosa spunta blu.
Eppure in teoria, sottolinea Feng, Twitter ha sempre affermato di contrastare le operazioni di propaganda segreta…
Molti di questi account legati al Pentagono, sempre secondo la ricostruzione di Feng, non sono più attivi: ma alcuni sopravvivono tuttora.
Per anni queste identità virtuali farlocche, a seconda dei casi, hanno promosso le milizie sostenute dagli Stati Uniti in Siria o diffuso messaggi anti-Iran in Iraq. Si sono concentrati sulle attività del governo siriano. Hanno trasmesso annunci sugli attacchi di droni statunitensi nello Yemen, sottolineando che essi uccidevano solo i terroristi e non i civili. Eccetera.
Il succo? Anche se Feng non usa queste parole, tutti questi account lavoravano su Twitter per far fare bella figura agli Usa. E brutta figura, va da sé, ai nemici degli Usa. Propaganda, in pratica: propaganda non dichiarata come tale. Ma la propaganda, si può aggiungere, è come la pubblicità: pienamente legittima quando è chiaramente riconoscibile.
GIULIA BURGAZZI