I megafoni atlantisti minacciano la Turchia di espulsione dalla Nato.
L’Impero d’Occidente perde i pezzi? Il pizzino al presidente turco Erdogan non ha fatto effetto. La Turchia infatti sta bloccando a tempo indeterminato l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. Significa che, pur facendo teoricamente parte della sfera di influenza degli Stati Uniti, si muove in modo sempre più autonomo rispetto ai desideri di questi ultimi.
Vista l’inefficacia del primo pizzino, ne è partito un altro, in tutto analogo, firmato dagli editorialisti di Bloomberg e ripreso sulle colonne del Washington Post: se la Turchia non si mette subito in riga bisogna punirla e, se non basta, bisogna sbatterla fuori dall’alleanza atlantica.
LA NATO NON PUÒ ESPELLERE LA TURCHIA
Tuttavia non esistono procedure attraverso le quali la Nato possa espellere un suo membro. Dunque la Turchia, o decide da sola di andarsene, o nessuno la può cacciare. Al contrario, l’ordinamento della Nato prevede che l’ingresso di nuovi membri nell’alleanza debba essere approvato all’unanimità. Proprio questo dà modo alla Turchia di sbarrare la porta a Svezia e Finlandia.
Il punto (apparente) del contendere fra Svezia e Turchia merita appena di essere ricordato. Si tratta del rogo di una copia del Corano e del no del tribunale svedese all’espulsione di esponenti del partito curdo Pkk ricercati dalla Turchia. La Finlandia segue a ruota: è territorialmente contigua alla Svezia; dal punto di vista militare e strategico, ha senso l’ingresso contemporaneo nella Nato dei due Paesi.
Con un po’ di buona volontà politica, sarebbe facile cucire una pezza sulla faccenda del Corano e delle mancate espulsioni. Potrebbero bastare belle parole sull’indipendenza della magistratura e sul rispetto dovuto ad ogni fede religiosa. Tanto più che la posizione geografica e politica della Turchia, insieme alla sua forza militare, non è certo secondaria rispetto all’esito della guerra che si combatte in Ucraina fra Russia e Nato.
LE ELEZIONI IN TURCHIA
Se nulla del genere avviene, è perché da quell’orecchio Erdogan proprio non ci sente. Vuole tenersi le mani libere. E gli conviene: non solo per quanto riguarda la politica estera.
In primavera in Turchia si svolgono le elezioni politiche. I due terzi dei turchi, secondo i sondaggi, non si fidano della Nato. Erdogan spera nella rielezione.
Tuttavia gli Stati Uniti hanno già votato. Il Partito del Popolo (e non Erdogan) rappresenta coloro che credono nella democrazia, come si legge sul New York Times. Dopo i due relativi alla Nato, probabilmente questo è il terzo pizzino che Erdogan riceve.
GIULIA BURGAZZI