La Cina medita di vietare l’esportazione di  tecnologie legate a magneti e terre rare. Si tratta di materiali a loro volta indispensabili per la generalità delle tecnologie avanzate. La Cina ne detiene il quasi-monopolio produttivo. Sarebbe un colpo terribile per l’Occidente.

L’intenzione cinese è trapelata ieri, giovedì 6 aprile 2023, cioè nel giorno in cui la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen era a Pechino per fare la voce grossa e proclamare che le future relazioni fra Ue e Cina saranno modellate in base all’atteggiamento cinese verso la Russia e la guerra in Ucraina. La testata economica Asia Nikkei ha dato la notizia riservandola agli abbonati. Ecco uno dei rilanci.

Secondo Asia Nikkei, l’intenzione cinese nasce in risposta alla decisione statunitense di vietare l’esportazione in Cina di chip per i computer avanzati. Si può aggiungere un elemento. Questi chip hanno applicazioni sia civili sia militari. Fanno cioè parte delle tecnologie a doppio uso di cui anche von der Leyen vuole vietare l’esportazione, come ha specificato poco prima di partire per Pechino. Quindi non c’è motivo di sperare che lo stop alle esportazioni cinesi di terre rare, magneti e tecnologie annesse possa risparmiare l’Unione europea.

COSA SONO LE TERRE RARE

Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi che portano nomi tipo praseodimio, neodimio, disprosio… Possiedono particolari proprietà magnetiche e conduttive. Questo le rende indispensabili nell’elettronica, a sua volta onnipresente in campo civile e militare.  Proprio l’elettronica e le terre rare consentono di scrivere e leggere queste righe. Presiedono anche al volo dei satelliti civili e militari; al funzionamento degli aerei di linea e di combattimento; al lancio dei missili e all’applicazione di tecniche mediche e diagnostiche. Eccetera.

A dispetto del nome, le terre rare non sono rare nel mondo. Tuttavia l’estrazione comporta gravissimi problemi di inquinamento. Si tratta di uno di quei lavori sporchi che l’Occidente ha delegato alla Cina. La quale se n’è fatta carico, ed oggi presenta il conto.

Negli ultimissimi anni Paesi come Stati Uniti, Canada, Australia hanno cominciato ad attrezzarsi per l’estrazione in proprio delle terre rare. Tuttavia, ammesso e non concesso che sia possibile gestire i problemi di inquinamento connessi all’operazione, ci vuole del tempo per mettere in piedi una filiera produttiva in grado di prendere il posto di quella cinese.

Dal canto suo, la Cina medita lo stop all’esportazione già entro la fine dell’anno. Il divieto verrebbe inserito nelle modifiche, ora in gestazione, della legge sulle esportazioni.

GIULIA BURGAZZI

 

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