Lo spread torna a far paura, soprattutto in Italia. Ieri il differenziale tra i nostri btp e i bund tedeschi ha toccato quota 150 punti, non accadeva dal maggio 2020, quando l’Italia, primo tra i Paesi europei, era nel pieno della tempesta pandemica.
Secondo gli analisti economici a causare la fiammata dello spread sono state le dichiarazioni del capo della BCE, Christine Lagarde, sull’inflazione che sale più del previsto e sulla possibilità che la BCE aumenti i tassi di interesse per cercare di frenare l’aumento dei prezzi.
In sostanza dopo avere per lungo tempo negato o minimizzato il problema, sostenendo che l’aumento dell’inflazione sarebbe stato limitato e transitorio, finalmente i geni della banca centrale europea ammettono che invece il problema è serio e non è destinato a risolversi nel breve periodo. Dunque le politiche ultraespansive della Bce e della Fed sono ormai in fase finale, con le banche centrali costrette ad alzare il costo del danaro e a abbassare il volume degli acquisti dei titoli del debito pubblico, e questo è un problema soprattutto per l’Italia.
Ma ci sono almeno altri due elementi, non sottolineati dagli “esperti” che sono alla base del rischio di una nuova crisi dello spread, particolarmente forte in Italia.
Il primo è che siamo di nuovo in procinto di un possibile scoppio della bolla speculativa.
Un paio di settimane fa Jeremy Grantham, fondatore del fondo GMO, ha affermato che presto una “superbolla” di azioni, mutui e materie prime scoppierà, distruggendo 35 mila miliardi di dollari di valore. Si tratterebbe quarto collasso di una superbolla, dopo quelle azionarie del 1929, del 2000 e quella dei mutui del 2008.
Ma Grantham non è il solo a vedere rischi sistemici per i debiti sovrani, legati allo scoppio della bolla. David Malpass, Presidente della Banca Mondiale, ha dichiarato che “cresce il rischio di default disordinati… i Paesi si ritrovano scadenze di pagamento dei debiti proprio nel momento in cui non hanno le risorse”.
Lo scenario descritto -fine dell’ombrello delle banche centrali, inflazione galoppante e possibile scoppio della bolla speculativa- sarebbe già sufficiente per spiegare l’aumento del costo del nostro debito, (questo in sostanza misura lo spread) ma a metterci il carico da 11 è anche una misura ufficialmente sanitaria: il green pass.
Quasi in contemporanea con le dichiarazioni della Lagarde, infatti, la Commissione Europea prorogava il green pass a livello comunitario fino al 30 giugno 2023. Sembra che il green pass, che doveva essere una misura eccezionale, venga prorogato senza limite, ufficialmente per rendere più semplici gli spostamenti in UE. In realtà si tratta di una misura politica, mascherata per misura sanitaria, che ha effetti disastrosi sull’economia e i mercati lo sanno.
Il fatto che sia l’Italia e non la Spagna a pagare il prezzo più alto in termini di spread, nonostante il nostro pil cresca molto di più di quello spagnolo, è indicativo.
Mentre tutti gli altri Paesi europei allentano o cancellano le misure restrittive in Italia aumentano, e di conseguenza sale anche lo spread. Il messaggio è chiaro, l’emergenza è permanente e non sarà cancellata nel prossimo futuro e la nostra economia ne risentirà. In un momento di crisi sistemica globale la scelta di chiusure e blocchi è folle, e a pagarne il prezzo sono anche i titoli del nostro debito.
ARNALDO VITANGELI
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