Lo sceneggiatore americano Roger Simon punta il dito contro un presunto giro di falsi vaccini e green pass tra le stelle di Hollywood.
Se ciò fosse confermato, sarebbe solo l’ennesima dimostrazione dell’ipocrisia di certi ambienti dell’industria (pseudo) culturale, dove per essere ammessi bisognava sottostare ai dogmi egemonici della cattedrale sanitaria, pena lo stigma. Nel caso, non era forse meglio preferire la trasparenza e stare tutti dalla stessa parte? Non è forse vero che proprio chi gode di fama avrebbe potuto proprio per questo approfittarne, usando la sua capacità di influenzare per dare risonanza alle voci dissenzienti?
L’ARTICOLO DI EPOCH TIMES SU HOLLYWOOD
Roger Simon è uno scrittore e sceneggiatore statunitense. Conosce da vicino il mondo di Hollywood avendone fatto parte per lungo tempo. Ha scritto un articolo su Epoch Times, in cui sostiene di aver ricevuto una telefonata da parte di un conoscente che “lavora nell’industria dell’intrattenimento”. L’interlocutore, di cui viene tutelata l’identità dietro garanzia dell’anonimato, lo avrebbe informato di un giro di vaccini e certificati vaccinali falsi acquistati dai vip del cinema durante la pandemia. Complici le farmacie ospedaliere, che avrebbero fornito i tagliandini da apporre sui pass vaccinali staccandoli direttamente dalle fiale.
I certificati falsi sarebbero stati venduti a partire da aprile 2021. I primi e migliori clienti sarebbero state proprio le star del mondo del cinema, consapevoli degli effetti avversi derivanti dall’inoculazione, al contrario di quanto si affermava pubblicamente. Secondo quanto riportato da Simon, “erano proprio quelli più liberali, protagonisti di spot a favore di vaccini e lockdown, i migliori clienti dei prodotti contraffatti”. Inoltre sarebbero state in particolare le donne quelle maggiormente interessate all’acquisto perché sui set “si sapeva che uno dei danni maggiori era quello all’apparato riproduttivo”. “Circa il 30% delle avvenute vaccinazioni non sono registrate nel database”, racconta l’interlocutore di Simon: “Se mai qualcuno avesse avuto problemi con un pass, li rassicuravo che bastava alzare la voce e, da vip, li avrebbero fatti passare”.
La paranoia dei pass (e di essere scoperti) avrebbe raggiunto vette altissime tra le celebrità. Il mondo di Hollywood, tuttavia, non sarebbe stato l’unico a contattare l’interlocutore di Simon. Anche medici e infermieri avrebbero spesso chiesto una mano, facilitati dal conoscere i problemi dei database.
NON A CASO HOLLYWOOD È IN CALIFORNIA
Tutto ciò sarebbe avvenuto in California, uno degli Stati dove le restrizioni sono state massimamente applicate. Il governatore Newsom durante la campagna vaccinale Covid aveva reso impossibile frequentare qualsiasi posto di lavoro e gli studios non facevano eccezione.
Ma prima ancora di tutto ciò, la California era già stata in qualche modo precursore di quanto sarebbe poi avvenuto: nel 2014 ha eliminato praticamente tutte le esenzioni vaccinali con l’arrivo del senatore democratico Richard Pan e della sua legge SB277. Pan, che è un medico, è stato così tra i primi a portare avanti l’agenda del “Fidati della scienza”. In seguito all’introduzione della legge SB77 a molti medici “dissidenti” è stata tolta la licenza.
FALSI PASS E VACCINI NEL RESTO DEL MONDO
Se il caso dei falsi pass vaccinali a Hollywood fosse confermato, non ci sarebbe di che stupirsi. Anche il nostro mondo vip ha conosciuto scandali simili a questo. Nella prima metà del 2022 è emersa la notizia di un’indagine avviata dalla Procura di Roma già nell’autunno precedente riguardo falsi green pass. Un’inchiesta analoga della Procura di Vicenza ha coinvolto tra gli altri anche la cantante Madame. Il caso fece discutere e se ne trovano di simili sulle cronache locali.
Anche in Spagna non sono certo mancati gli scandali legati a finti vaccini o pass. Come riporta il quotidiano El Pais, ben 2.200 persone risultano indagate, tra cui celebrità del mondo dello spettacolo, dello sport e dell’economia. L’ipotesi è che avrebbero pagato un infermiere compiacente dell’Università di La Paz per un totale di circa 200 mila euro. L’infermiere in cambio delle mazzette avrebbe poi registrato il nome dei pazienti nel database nazionale.
Ma lo schema si ripete similmente anche in Francia, Irlanda, Gran Bretagna, solo per fare qualche esempio. Si pagava per la somministrazione di un falso vaccino o direttamente per un passaporto sanitario alimentando un business che ha coinvolto migliaia di persone e davvero molto denaro.
MARTINA GIUNTOLI