E mentre il Regno Unito tiene fede alla sua vocazione di Nazione libera, l’Europa si dibatte tra restrizioni e allentamenti. Ha fatto ovviamente notizia la decisione presa dall’Austria di procedere verso l’obbligo vaccinale per tutti i cittadini al di sopra dei diciotto anni. Il Corriere della Sera ha ovviamente esultato mettendo la notizia in prima pagina. Precedente inquietante. La “Felix Austria” dei valzer e di Sissi è pur sempre la nazione che ha dato i natali a Hitler e delle assurde censure imposte alle opere di Verdi alla Scala di Milano. Ma non solo: l’Austria completa l’opera inaugurando la “lotteria del vaccino”, che mette in palio 500 euro a dose per chi si sottopone alla puntura. Non solo gli italiani quindi, anche gli austriaci vengono trattati come poveri mentecatti da attrarre in trappola con specchietti e perline.
Più complesso il caso francese: anche qui ci troviamo di fronte ad una nazione sempre divisa tra l’assolutismo di marca europea e il liberalismo del “nemico” inglese. E la Francia ci dà una buona notizia e una cattiva e tutte e due per bocca del Primo Ministro Jean Castex che le ha messe nero su bianco durante la sua conferenza stampa.
Castex ha annunciato un calendario di allentamento delle restrizioni a partire da febbraio: il 2 febbraio in Francia termineranno gli obblighi di mascherine all’aperto e di obbligo di smart working (che i francesi chiamano “télétravail”). Il 16 febbraio riapriranno cinema, teatri, stadi e discoteche.
Purtroppo è però passato l’obbligo di “pass vaccinal” per tutti i cittadini francesi dai sedici anni in su. Obbligo che, ha comunque specificato Castex, verrà revocato nel caso in cui l’epidemia comincerà a “reculer”. E la cosa appare verosimile al Primo Ministro che ha comunque definito Omicron una “grippe” un’influenza. Quest’ultimo punto rappresenta la più grande delusione nella battaglia di Francia: il parlamento francese era quasi arrivato alle barricate su questo punto.
Il problema, quindi continua a confermarsi in certi Paesi europei dove la narrativa sta comunque cedendo, ma più lentamente che altrove.
ANDREA SARTORI
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