Nell’era Trump, due sono stati i grandi temi degli oppositori contro il presidente statunitense. Uno costituito dalla Russia, su cui si è detto e scritto ormai qualsiasi cosa, ma che, prima con l’assoluzione del Presidente dopo il primo impeachment, e poi con il report Durham che in questo momento si sta rendendo pubblico, non ha davvero mai costituito un reale problema per la nazione, l’altro era la Cina, paese con cui Trump ha sin da subito stabilito precise regolamentazioni commerciali per riequilibrare i rapporti economici e anche, ma soprattutto , per riportare il lavoro negli Stati Uniti, secondo la politica dell’America First, uno dei punti fermi del suo programma elettorale.
Non ci sono mai stati elementi concreti che in qualche maniera rendessero né la Russia , né la Cina di interesse bellico da parte di Trump. Tuttavia occorre definire bene il senso del termine bellico. Se per bellico si intende la classica invasione con un esercito e una offensiva fatta di armi e bombe , sicuramente non era questo il caso . Se invece per bellico si intende infiltrazione e lavoro di spionaggio, allora la cosa è diversa. Molti esponenti del partito comunista cinese avevano infiltrato nei decenni precedenti all’insediamento di Trump il mondo americano nella sua globalità, dalle università, alla finanza, dall’imprenditoria, alla sanità, nonché ai governi locali e federali, questo per attivare una vera e propria rete di spionaggio interno al sistema a costo zero che potenzialmente e fattivamente fosse assai più pericoloso di una qualsiasi invasione con mezzi militari convenzionali .
Il partito comunista cinese ha avuto sempre informazioni di prima mano, cosa che gli ha permesso per lungo tempi di essere sempre e comunque avanti anni agli altri nelle mosse da compiere sullo scacchiere geo politico internazionale per lungo tempo. Un gran guaio questo, poiché è molto più difficile riuscire a stanare le spie che ormai hanno casa e famiglia in patria piuttosto che affrontare uno schieramento al confine, sia esso per terra , per aria o per mare.
Nei mesi post elettorali del 2020 e anche ad inizio 2021, l’analisi, e soprattutto la triste constatazione, della infiltrazione cinese nella società americana ha dominato gran parte dell’informazione indipendente negli Stati Uniti, insieme alla frode elettorale, e alcuni giornalisti hanno anche , a ragion veduta, messo in relazione le due cose, visto che, come è intuibile, è certamente più facile rubare qualcosa se a controllare l’oggetto del furto c’è qualcuno che sta dalla parte di chi ruba.
Ma questo non è ovviamente tutto. Ci sono stati poi coloro i quali hanno provato almeno a lavorare a beneficio dell’intelligence cinese pur essendo americani a tutti gli effetti e per giunta in posizioni governative molto importanti. Questo è il caso del generale Milley ad esempio. Egli si presenta il 28 settembre davanti al Congresso che lo interroga soprattutto su due grandi questioni: il ritiro dall’Afganistan, e il rapporto tra lui e la Cina. Ma a parte il ritiro disastroso delle truppe dall’Afganistan, perché il generale Milley avrebbe dovuto avere a che fare con la Cina?
Ebbene, nei giorni precedenti alla sua apparizione al Congresso, circa due settimane prima, il 15 settembre 2021 , si viene a conoscenza di telefonate private intercorse tra il generale e la sua controparte cinese avvenute sotto la presidenza Trump di cui una particolarmente “interessante “ datata 8 gennaio 2021. Come è possibile comprendere, è sicuramente nell’interesse di tutti mantenere una certa linea di supporto e comprensione reciproci tra governi al fine di chiarire incomprensioni e possibilmente mai arrivare a tensioni tali da non poter evitare il conflitto.
Peccato che quelle telefonate fossero sempre avvenute senza che Trump sapesse nulla di quanto Milley avesse in mente né di quanto uscisse dalla bocca dello stesso. La sua è sempre stata una iniziativa personale, legata a strategie personali e non condivise , e tra l’altro con una nazione come la Cina per la quale il presidente sicuramente avrebbe voluto essere informato visto i precedenti.
Le telefonate erano state descritte da due autori del Washington Post nel loro libro Peril, un certo Bob Woodward e Robert Costa. Cosa raccontano i due? Ebbene loro narrano e dettagliano una storia che assomiglia più ad una soap opera che ad una vicenda vera e propria di spionaggio professionale. “Milley fece quelle chiamate per rassicurare i cinesi che Trump, sebbene furioso per aver perso l’elezione, e incolpando la Cina del disastro, tuttavia non avrebbe reagito con l’attacco militare alla Cina.”
Queste sono le parole che Milley riporta anche davanti al congresso, dove il generale rivendica anni e anni di lealtà alla nazione e di aver fatto ,anche in relazione a quelle telefonate , soltanto l’ interesse degli Stati Uniti attraverso il mantenimento di equilibri internazionali fondamentali al fine di smorzare tensioni crescenti tra la sua nazione e la Cina , e quindi , in ultima analisi , evitare conflitti.
”Nell’ottobre del 2020 il generale Milley ed il suo equivalente cinese si sono sentiti poiché il governo cinese era seriamente preoccupato che Trump volesse attaccare la loro nazione. Il generale Milley confortò l’interlocutore dicendogli che se mai Trump avesse avuto in mente di attaccare la Cina, glielo avrebbe comunicato” . Viene dichiarato sempre dagli autori di Peril .
Lo stesso Milley dice di aver consultato la speaker della camera Nancy Pelosi in merito alla faccenda poiché nell’immediato periodo post elettorale sosteneva di aver avuto timore che il presidente avesse accesso alle armi nucleari e che avesse avuto intenzione di usarle.
Insomma, il generale aveva parlato con tutti della faccenda ma mai con il presidente Trump, che era davvero il primo e forse unico a dover essere informato di quanto stava avvenendo. Sebbene non fosse più presidente ai tempi della audizione di Milley al Congresso, Trump ha sempre sostenuto che fosse evidente che Milley non stesse affatto proteggendo gli interessi degli Stati Uniti con la sua azione di pseudo intelligence, bensì li avesse messi fattivamente in pericolo, andando a rivelare informazioni riservate ad un governo straniero, cosa che è ben diversa dal mantenere buoni rapporti di diplomazia. Trump non si è fermato qui. Egli ha sempre sostenuto che Milley fosse colpevole di alto tradimento e che la sua pena sarebbe dovuta arrivare per decisione di un tribunale militare.
In una dichiarazione pubblica del 26 novembre 2021, Donald Trump si è espresso sull’argomento ancora una volta e con estrema chiarezza. Egli ha definito il libro Peril, un libro di fantasia, descrivendo gli autori come pittoreschi giornalisti. Ha inoltre ribadito che il generale Milley non aveva motivo di telefonare “ai suoi amici in Cina “ , se non perché faceva la spia per loro. Quindi dovrebbe essere processato per alto tradimento .”
Si concorda inoltre facilmente con quanto si legge nel seguito del suo statement riportante la stessa data “la nostra nazione è stanca di essere menzionata per bufale, scandali e tradimenti. È ora di mettere fine a queste bassezze e ritrovare dignità per il grande paese che siamo.”
E si potrebbe aggiungere anche che, se qualcuno vuol esser spia, che almeno lo sappia fare davvero , e non si faccia cogliere con le mani nella marmellata, come avvenuto con Milley.
MARTINA GIUNTOLI