Il TgCom24 sbraita contro le “scuole clandestine no vax” in Alto Adige, descrivendole come operazioni carbonare nascoste per i boschi alpini. Come prevedibile, comincia la criminalizzazione della scuola parentale, che sta conoscendo un vero e proprio boom in tutta Italia. Per restare nel caso in questione, solo in Alto Adige sono già stati ritirati dalle scuole pubbliche più di 600 bambini.

In realtà non è solo la questione vaccini o green pass. Il fenomeno è in crescita almeno a partire dal 2016 come testimonia questo articolo del Fatto Quotidiano. Sicuramente gli obblighi serpeggianti e la discriminazione dei non conformi hanno spinto ancora di più i genitori al ritiro dei figli dalla scuola, ma vi sono moltissime altre ragioni: la sempre minor preparazione degli insegnanti, la pressante ideologia oramai divenuta materia d’insegnamento nella scuola italiana, la scarsa qualità dell’istruzione. Molti genitori, prima della pandemia, hanno semplicemente ritirato i figli da scuola dopo aver preso in mano i libri di testo ed essersi messi le mani nei capelli a causa sia della qualità infima dei testi sia dell’ideologia immigrazionista o LGTB o ecologista presente ovunque a scapito dell’insegnamento della storia, della letteratura o della matematica. Anche solo l’ultima trovata del liceo Cavour di scrivere student*  col famigerato asterisco genderfluid può portare ad una giustificatissima fuga di alunni. Il fenomeno è comunque ben diffuso nel mondo: nel 2012 negli Stati Uniti si contavano circa 2 milioni di ragazzi educati a casa, in Inghilterra 70mila, 60mila in Canada, 3mila in Francia (prima che Macron mettesse fuorilegge l’homeschooling) e 2mila in Spagna.

Qui, a differenza della Francia, è più difficile mettere fuorilegge la scuola parentale: l’istruzione parentale è infatti garantita dall’articolo 34 della Costituzione e quindi i giornaloni possono strepitare fin che vogliono contro le “scuole clandestine” che clandestine non sono, possono dipingerli come protocristiani nella catacombe (come se poi fosse un male), ma non possono fare altro. Primo consiglio ai genitori che decidono di ritirare i bambini dalla disastrosa scuola di Stato: non fatevi intimidire dall’informazione.

E nemmeno dalle procedure burocratiche: sono molto meno farraginose di quanto uno possa pensare. Il genitore deve semplicemente rilasciare al dirigente scolastico più vicino una dichiarazione da rinnovare anno per anno. Alla fine dell’anno il bambino dovrà semplicemente sostenere un esame di idoneità. Nulla di particolarmente difficile. Si può partire anche da una singola famiglia, ma è meglio, anche per la socialità del bambino, che un gruppo di famiglie vicine si riunisca per poi mettere a punto la scuola parentale. Più genitori possono anche prestare competenze tecniche, comunque richieste dal Ministero (che poi farebbe bene anche a richiedere competenze ai suoi disastrosi ministri, ma è un altro discorso).

Esistono comunque chat di Telegram assolutamente trasparenti che hanno la finalità di collegare tra loro varie famiglie con l’intenzione di mettere su una parentale. Altra risorsa interessante è edupar.it la community rivolta specificatamente a chi vuole portare avanti il discorso dell’educazione parentale, fondata da Erika Di Martino scrittrice, social community manager, organizzatrice di eventi e soprattutto madre di cinque figli che sta promuovendo lo stile dell’insegnamento genitoriale nel Bel Paese.

Quindi gli strumenti ci sono, sta a noi genitori usarli. Ed è tutto perfettamente legale e costituzionale, checché ne sbraitino i “professionisti dell’informazione” con le loro fantasiose storie di comunità simil-Amish.

Non fatevi intimidire dalla demonizzazione. Forse lo Stato, nel vedere questa emorragia di alunni, si renderà conto che non può pensare di continuare a puntare su una scuola che sforna solo robottini ignoranti e ideologizzati. E magari anche additati e discriminati.

ANDREA SARTORI

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