E se tutto (o quasi) quello che di moderno abbiamo sempre pensato di conoscere sull’Alzheimer fosse viziato da un errore di fondo che ha sviato la ricerca che il mondo scientifico ha condotto sulla malattia negli ultimi 20 anni? Sembra incredibile, ma potrebbe davvero essere questo il caso.

In particolare ad essere svianti sarebbero delle immagini relative allo studio della malattia inserite in uno dei papers più famosi sull’argomento, che sembrano essere state interamente create a tavolino e senza corrispondenza con la realtà.

Ad essersene accorto é stato Matthew Schrag, un neuroscienziato e medico alla Vanderbilt University, il quale mentre stava conducendo studi per testare un nuovo farmaco, si é reso conto che qualcosa proprio non quadrava.

E’ la prestigiosissima rivista Science a raccontare questa storia intricatissima che se non provenisse da fonte verificata quale la rivista stessa, sembrerebbe uno scherzo e di cattivissimo gusto.

Nell’agosto del 2021, il dottor Schrag fu coinvolto da un collega in un caso che non avremmo difficoltà a definire di frode medica. In pratica il collega voleva che Schrag mettesse a disposizione tutta la sua conoscenza sulla malattia a servizio di un team di legali per verificare la potenzialità e l’efficacia di un farmaco dal nome di Simufilam, che si basava la sua azione sugli oligomeri Alfa-Beta.

Il Simufilam era stato ideato da un’azienda chiamata Cassava Sciences, un’azienda che per sua dichiarazione ha come missione principale quella di “diagnosticare e trattare l’Alzheimer.“(…) , come ben si evince dal suo sito web.

Gli avvocati ed i loro clienti sostenevano che il farmaco fosse stato creato attraverso ricerche fraudolente, cosa che misero anche nero su bianco quando con le ricerche di Schrag (per le quali fu finanziato 18.000 $, firmarono una petizione in cui coinvolsero l’FDA, poiché non volevano che l’ente approvasse l’utilizzo del farmaco che non funzionava.

Schrag era la persona giusta da contattare perché già una volta aveva messo in dubbio l’efficacia di farmaci indicati per il trattamento dell’Alzheimer, e questo sia gli avvocati sia i clienti lo sapevano. Tuttavia, mai nessuno di loro si sarebbe aspettato di scoprire quello che poi invece Schrag tirò fuori dalla sua analisi.

Il medico prese uno degli articoli più importanti sull’argomento, quello di Sylvain Lesnétra l’altro proprio pubblicato sulla stessa rivista Nature, in cui si sosteneva che le cosiddette “placche” (oligomeri Alfa-Beta) nel cervello fossero la causa della malattia, dopo aver visto che placche simili nei ratti provocavano demenza.

Schrag esaminò attentamente il lavoro di Lesné e ne analizzò con cura anche le immagini allegate al lavoro.

Il medico coinvolse nel lavoro anche un insieme di specialisti che chiamò da tutto il paese proprio per ottenere riscontri precisi e scientifici che dimostrassero che i suoi sospetti non fossero il semplice frutto di sue idee o semplici opinioni, ma che avevano una base solida su cui poggiare.

Quello che il team fu in grado di provare fu a dir poco scioccante. Le oltre 70 immagini di cui si parlava nell’articolo di Lesné erano state ottenute ritagliando e mettendo insieme fotografie da esperimenti diversi creando degli imaging “sfacciatamente falsi“, come furono definiti dagli stessi medici.

In pratica Elizabeth Bik, una biologa nonché consulente forense del team, sostenne che le immagini furono adattate per dare un riscontro all’ipotesi e confermarne i risultati. In questo caso non era la teoria che si adeguava all’evidenza empirica, come dovrebbe essere, bensì esattamente l’opposto, ovvero si riadattavano le fotografie per confermare l’ipotesi, secondo un procedimento contrario a qualsiasi idea di scienza moderna.

Ma quel che é peggio é che l’articolo di Lesné é stato ritenuto uno dei più importanti nel suo campo e nel tempo é stato citato in circa 2300 lavori, il che ne fa una pietra miliare per tutti coloro che hanno trattato di Alzheimer, sia per la ricerca in senso stretto, sia per la sintesi di nuovi farmaci che potessero in qualche modo fermare o rallentare il processo degenerativo, un mercato da circa 287 milioni di Dollari erogati dall’NIH nel 2021.

Si pensi che appena prima che arrivasse Schrag a rompere le uova nel paniere, Lesné aveva ricevuto una somma di denaro così consistente che avrebbe coperto le sue ricerche per almeno i cinque anni seguenti, somma che nessuno ha poi ritirato in conseguenza delle nuove scoperte.

Schrag continuò quindi ad investigare e fu allora che si collegò  a PubPeer, un portale dove colleghi si possono confrontare tra loro sugli articoli pubblicati che si trovano in rete e chiarire l’un l’altro eventuali dubbi o chiedere direttamente all’autore, se c’é qualcosa che non li convince riguardo un’affermazione o un dato, oppure ad una conclusione.

Lì il medico scopre che l’articolo di Lesné é già stato segnalato e non é nemmeno l’unico, ve ne sono altri suoi su cui vengono sollevati dubbi dalla comunità scientifica, che tuttavia non sono stati corretti o rimossi. Si ha come l’impressione che da una parte gli scienziati più giovani non vogliano andare contro ai risultati di un senior scientist quale Lesné, dall’altra invece si percepisce che lo stesso medico sia in qualche modo schermato e protetto dall’establishment.

Da quando Schrag si é guadagnato la nomea di whistleblower, nemmeno a dirlo, molti altri si sono fatti avanti parlando dei lavori fallaci e manipolati di Lesné.

“Si può mentire su tutto, sul prendersi una laurea, sullo scrivere un articolo, ma alla biologia non importa, presenta sempre il conto. Come in questo caso. Molte compagnie hanno investito molti milioni di dollari, anzi miliardi per seguire la teoria di Lesné sugli oligomeri solubili Alfa-beta, ma nessun farmaco ha mai funzionato.” dice Daniel Alkon, presidente della compagnia Synaptogenix, il quale una volta dirigeva il dipartimento di ricerca neurologica presso l’NIH.

Dennis Selkoe, dell’Università di Harvard, inizialmente un sostenitore del lavoro di Lesné, ha dovuto concludere suo malgrado che vi sono almeno 15 immagini che non hanno spiegazione nell’economia dell’articolo se non che sono state artefatte. Una cosa molto molto preoccupante.

Eh sì, davvero preoccupante. Esistono forse altri studi manipolati su altre patologie che indirizzano le industrie farmaceutiche verso la produzione di principi attivi che nella migliore delle ipotesi sono semplicemente inutili e che comunque non portano alcun beneficio?

E se questo avviene, siamo sicuri che sia un caso, oppure possiamo avanzare sospetti che vi sia una macchina di denaro così grande che il confine tra buona scienza, e ideologie malthusiane di selezione naturale é sempre più complesso da trovare?

Sconvolgente ambo i casi.

MARTINA GIUNTOLI

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