Tratteremo di quella sana arte del sapersi opporre, che solo fino a pochi anni fa era acclamata come patrimonio irrinunciabile di ogni uomo libero, ed ora è vigilata come attività eversiva.
La professoressa Ida Magli, scomparsa nel 2016, è stata uno dei maggiori antropologi del secolo scorso. Ma è stata soprattutto una grande identitaria le cui opere scientifiche, dato il suo prestigio accademico, hanno potuto rivelare anzitempo quelle verità di cui oggi noi stiamo vivendo i più nefasti effluvi.

Il mondialismo, anzitutto: l’azzeramento (oggi chiamato “reset”) di civiltà millenarie a favore di una riorganizzazione antropologica artificiale, indifferenziata, senza storia né radici; ma soprattutto totalmente prona e controllabile dal mercato apolide. Le sinistre “liberal” europee sono le forze politiche connaturatamente conniventi con questo progetto, avendo esse rinnegato ogni matrice socialista e identitaria che pure era presente nei vari partiti comunisti nazionali come quello sovietico.

Imporre il multiculturalismo come dogma ideologico e il multietnicismo di matrice statunitense come esperimento sociologico del progetto finale, è la base di partenza su cui far poggiare l’impalcatura del forsennato programma.
Tale sceneggiatura, tuttavia, pur complessa e articolata, non basta a giustificare quello che la Magli definisce “il suicidio assistito di un’intera civiltà”, dal momento che, in un suicidio, il movente mercantile non copre il costo dell’inevitabile fine dello stesso somministratore di veleno. Dilemma, questo, che continua a presentare interrogativi inquietanti per la stessa studiosa impegnata a dipanare la matassa argomentativa, oltre che ad ipotizzare soluzioni plausibili a cui richiamare ogni italiano che ancora ami sentirsi tale.

Ma perché la Magli ha una marcia in più rispetto agli altri detrattori dell’assetto mondialista, fra sociologi, economisti, e politici?
Il fatto è che Ida Magli è un’antropologa e, in quanto tale, non si perde in ideologismi, in fideismi e in supposizioni teoriche per affrancare dalle contestazioni il proprio pensiero: le basta ricordarci che cosa sia l’Uomo e perché la sua natura mai potrà tradire una millenaria evoluzione improvvisamente corto-circuitata da pura insensatezza mercenaria piovuta dall’alto in pochi anni.
Delle tante sue pubblicazioni, scegliamo di parafrasare “Dopo L’Occidente”, a nostro avviso l’ opera più pregna di speranza e di ricette pratiche preziose per poter vincere questa guerra.

Iniziamo da pag.11 dove la Magli, osservatrice più unica che rara, denuncia il “politicamente corretto” come castrazione ideologica di quella libertà di pensiero scaturita dall’Umanesimo che è sempre meno invocata, soprattutto a sinistra:
<<il politicamente corretto costituisce la forma più radicale di lavaggio del cervello che i governanti abbiano mai imposto ai propri sudditi>>.
Signori, è una scienziata che parla.
<<La corrispondenza pensiero-linguaggio è infatti praticamente automatica; inserire una distorsione concettuale in questa corrispondenza significa impadronirsi dello strumento naturale di vita a cui è affidata la specie umana: l’adeguamento del sistema logico cerebrale alla percezione della realtà nella formulazione linguistica dei concetti, impedendone così anche qualsiasi cambiamento e trasformazione>>.
Insomma, interagendo a distanza col nostro pensiero, attraverso l’imposizione di blocchi etici divenuti automatici, ci obbligano a non dire quello che pensiamo pur noi verificando che è vero: quella persona puzza? Sì, ma non si può dire, quindi la frase deve spegnersi sul suo nascere cerebrale, sebbene al nostro cervello il messaggio olfattivo sia arrivato chiarissimo. Il risultato sarà che noi vivremo come colpa una percezione in realtà esatta, che rimarremo frustrati dal restar soli con tale consapevolezza silenziata a forza, e che quella persona continuerà a non lavarsi, finendo con l’appestare un’intera società rassegnata.

A pag 17 l’antropologa integra il ragionamento spiegando come si collettivizza l’errore di valutazione indotto dal potere mediatico:
<<L’ipse dixit è normativo prima di tutto a livello concettuale. Per questo il delirio di gruppo non è diagnosticabile: se tutti delirano, nessuno delira. Ma laddove delira il “rappresentante” di tutti, è sufficiente che sia lui a delirare>>.
Agghiacciante, no? Eppure è esattamente quello che sta avvenendo.

A pag 20-21 siamo già a destino dell’Occidente inoltrato, che, continuando di questo passo, la Magli non vede affatto roseo:
<<Conservo ancora la speranza che il mondo che amo, che amiamo, possa salvarsi dall’estinzione? La speranza che parlarne, renderne consapevoli i maggiori responsabili, i politici, gli intellettuali, faccia scattare il desiderio di vivere, di non consegnarsi al disfacimento della morte senza provare almeno a combattere?>>.
Domande troppo azzardate, infauste, drammatiche, forse? Leggiamo ciò che segue:
<<Il dubbio che, di fatto, nessuno raccoglierà le tracce della nostra esistenza è diventato col passare del tempo quasi una certezza. L’Europa, specialmente la parte più attraente, più ricca, più facile da aggredire (Italia, Spagna, Grecia, Francia e Germania) sarà abitata in maggioranza da africani musulmani i quali avranno il piacere e il dovere di eliminare tutto ciò che ci appartiene.>>
Parole pesantissime, va ammesso: ma è una scienziata che parla, non dimentichiamolo.

Pag.23: <<Una volta padroni dell’Europa, quindi, i musulmani “giustamente” ne distruggeranno “l’europeità”, come è sempre successo quando una cultura è subentrata ad un’altra>>.
E conclude citando l’esempio dei cristiani che hanno epurato l’impero romano di ogni residuo esteriore pagano non appena sono stati maggioranza, affermando che lo stesso Colosseo sarebbe rimasto in piedi soltanto perché all’epoca non esisteva ancora la dinamite, altrimenti avrebbero demolito anche quello. Ebbene, la stessa cosa, secondo la Magli, faranno i musulmani con noi, (pag.37):
<<per prime saranno eliminate le chiese insieme a ciò che contengono. Dipinti, sculture, statue, affreschi, proibiti dall’Antico Testamento come qualsiasi “rappresentazione” o “immagine”, spariranno con loro. Anche i musei, naturalmente. Giotto, Luca della Robbia, Raffaello…>>.
Una prospettiva angosciosa della quale la Magli parla con la didascalica ragionevolezza dell’antropologa:
<<Il modo di vivere musulmano, regolato dai precetti dettati nell’antichità da Mosè al suo popolo e che Maometto ha confermato nel Corano, essendo “sacro” deve essere osservato alla lettera e impregnerà di sé l’ambiente europeo, cancellando qualsiasi traccia del nostro>>.

A questo punto sarebbe interessante ascoltare le obiezioni sollevabili da chi non fosse d’accordo con l’autrice del libro, così come non lo era con la povera Oriana Fallaci sino al punto di deriderla per il cancro che poi l’avrebbe uccisa; ma ci aspettiamo argomenti, non pareri o cinismi.
E, in attesa di tali obiezioni, ci inoltriamo verso il punto cruciale, concreto, ma al tempo stesso più originale del libro: “Il Pentolone”.
Stabilito che l’imminente futuro ci si apparecchia tutt’altro che placido, mentre si riflette e si attua una resistenza ragionata attivabile anche dalla politica, ma soprattutto dal singolo, per non saper leggere né scrivere, la Magli che fa? Prepara una sorta di “Arca di Noè” in acciaio da nascondere metri e metri sotto terra e in cui celare il meglio della cultura d’Occidente nel presupposto che un giorno il terreno sovrastante tale insediamento sarà calpestato da coloro che l’Occidente lo avranno nel frattempo devastato.
Pag. 42: <<In vista di ciò, ci siamo messi a preparare, tre naufraghi derelitti su una spiaggia deserta, una bottiglia-contenitore di acciaio, familiarmente detto “il Pentolone”, dove saranno rinchiusi alcuni dei libri e dvd che ci stanno più a cuore; l’elenco nel maggior numero di lingue che ci sarà possibile, degli edifici più significativi dell’arte italiana; i dischi e gli spartiti delle opere di Monteverdi, Scarlatti, Bellini, Verdi e Puccini. Lo seppelliremo in profondità, con un grande masso sopra, in un antico, piccolo uliveto della Sabina di proprietà di uno di noi, nella speranza che un giorno, attratto dalla lunga vita degli ulivi, qualcuno possa ritrovarlo e avere voglia di studiarlo come noi abbiamo fatto per i resti preistorici di popoli sconosciuti.>>.
Sembra un racconto a metà fra Robinson Crusoe e Doctor Who, e invece sta parlando una donna di scienza che, indomita a dispetto della solitudine in cui si trova ad operare per tutelare una memoria comune, ha deciso di fare da sé, senza però rinunciare a lanciare il suo grido di battaglia a qualsiasi sodale voglia raccoglierlo, magari imitandone le gesta.

E a tal proposito ci permettiamo una piccola incursione personale, su questo punto specifico, aggiungendo che, anche senza terreni privati, ruspe e casseforti d’acciaio, si può consegnare l’intera enciclopedia di ciò che siamo ad una modesta “pen-drive” imbozzolata nel cemento o nello stagno fuso e ben celata in qualche anfratto naturale raggiungibile a forza delle nostre braccia e delle nostre gambe. In tal caso sarà dura per i “resettari” intavolare una caccia al tesoro che stani, uno ad uno, migliaia di “tesori” celati in grotte, laghi, cavità carsiche, campagne, e fondali marini, dai tanti volenterosi che, a titolo precauzionale, avessero voluto seguire l’esempio della Magli.

Chiusa questa piccola parentesi empirica che rende comunque onore ad una meravigliosa suggestione condivisa con l’autrice, ricomponiamo un po’ i pezzi del discorso: tutto parte dall’assunto in base al quale ci sarebbero in gioco due forze contrapposte: da una parte l’oblìo invocato dai fautori dell’indistinzione, e dall’altra i “resistenti” che amano a tal punto ciò che sono, da volerlo proteggere con tutte le loro forze; ma se son chiare le ragioni degli ultimi, sono ancora nebulose le motivazioni dei primi, elemento che li aiuta sommamente a rimanere insospettabili.

Poiché a chiunque di noi verrebbe spontaneo chiedere: “carissima professoressa Magli, ma perché dei nostri simili dovrebbero volere il proprio stesso male? Secondo quale logica sarebbe concepibile cotanta insensatezza?” A pag 44, l’autrice scrive:
<<L’ostinata opera di disprezzo, dell’odio e del tradimento da parte dei governanti è cominciata da lì, dallo sforzo per negare la grandezza e la bellezza di questi fattori eccezionali. Prima di tutto negando ostentatamente ogni valore ai fondatori di Roma e padri degli Italiani, malgrado l’evidente assurdità dell’impresa. Sì è cercato di calpestarne il genio giuridico..di passar sopra la grandezza della lingua latina..di far dimenticare la capacità ingegneristica dei Romani, rimasta tuttora ineguagliata, e si è parlato con disprezzo della saggezza di governo dell’Impero più grande che sia mai esistito, saggezza che uno dei maggiori storici della romanità, Pierre Grimal, ha definito come il primo Umanesimo che sia apparso nella storia del mondo>>.

E conclude spiegando perché gli Italiani sono il popolo più temuto dai progettisti mondialisti (pag 45):
<<Per questo gli Italiani sono i più temibili: fra loro la frequenza delle “eccezioni”, di grandissime intelligenze, di personalità superdotate, di geni in ogni campo, è praticamente una norma. Ed è di questo che i governanti hanno avuto ed hanno sempre paura: sanno bene di non essere in grado di dominare le intelligenze>>.
Poi, una tremenda staffilata alla complicità dei giornalisti col potere mondialista arriva a pag.51:
<<c’è da aggiungere che la complicità dei giornalisti in questo silenzio è stata impressionante. La falsificazione del bene ha trovato in loro, nella solerzia con la quale hanno riempito la mancanza d’informazione sulla perdita di sovranità dell’Italia con i più piccoli particolari sul via vai di belle donne nella residenza berlusconiana, gli adepti migliori>>.
La Magli, come ogni buon nipote di Carlo Magno, non è contro l’Animus europeo, ma contro l’unificazione europea, elementi ingannevolmente simili nel nome, ma diametralmente opposti nello spirito:
<<è stata progettata per questo, ed è diventata questo: il vasto mare dell’indistinto e dell’amorfo dove è annegato tutto, anche il bambino, l’anima dell’Europa>>.

E poi nuovamente addosso ai giornalisti, che paragona a medici felici che i loro pazienti muoiano sino al punto da esortarli a far presto (pag. 77)
<<Il 1°gennaio 2012 tutti i giornalisti hanno gridato di esultanza perchè i primi nati in Italia durante la notte di Capodanno erano stranieri: un dato di fatto sufficiente a far capire quale sia il destino dell’Italia e dell’Europa: la scomparsa dell’italianità e la fine degli Europei è già in atto>>.
A questo punto l’antropologa fa un commosso appello alla natura: ogni madre, pur in extremis, arriva sempre a salvare i suoi figli in pericolo:
<<E’ contro natura, contro la natura dei sentimenti umani, ma è così: stiamo morendo, nel tripudio generale, con una specie di “suicidio felicemente assistito” dai nostri stessi leader, governanti e giornalisti>>.
Questa arrendevolezza indigna la donna e la cittadina ancor prima che l’antropologa: la complicità di italiani come lei nel progetto di assedio della loro stessa italianità è intollerabile. L’avallo del mondo della cultura al continuo imbastardimento della lingua, e all’impoverimento lessicale dei giovanissimi attratti dal modello culturale regressivo proprio dei giovani delle periferie americane, è sbalorditivo nella sua sfacciataggine (pag.79):
<<nulla è più significativo che questa collaborazione dei giovani al disprezzo della propria terra, dell’Italia, persino nelle cose in cui è storicamente la più ricca, la più ammirata nel mondo>>.

“L’Europa è diventata femmina”, scrive Ida Magli a pag 97: la sua incapacità a difendersi è dovuta alla totale perdita di quella “vis” che in passato la rendeva un’entità geografico-politico-culturale “penetrativa” del resto del mondo, e non “penetrata” dallo stesso:
<<L’Europa è diventata femmina. Tutte le caratteristiche sociali e culturali dei “bianchi”, quelle che erano implicite nella definizione stessa dei “bianchi” come conquistatori, ma anche come portatori della civiltà più ricca e sviluppata in ogni campo, sono sparite>>.
E il relativismo della Chiesa è l’ennesimo elemento di decadenza:
<<Leader, governanti, giornalisti e clero europei spingono ogni giorno il loro continente a perdere le proprie caratteristiche per unificarlo e omologarlo al resto del mondo>>.
La connivenza della Chiesa al progetto mondialista è totale, secondo la Magli, nonostante essa sia, come ogni creazione dell’Occidente, destinata a soccombere se posta fuori dai canoni occidentali (pag 143): <<Naturalmente questo significa che si vuole la fine non soltanto del cristianesimo, ma di tutta la civiltà e della società europea, la fine dei “bianchi”>>…<<non bisogna avere timore di pronunciare il termine “bianchi”: l’obiettività nella conoscenza è un valore positivo per tutti, quale che sia il colore della loro pelle. Sono gli uomini che creano le culture: quella europea è stata creata dai bianchi>>.

E qui l’antropologa dà il meglio di sé spiegando perché le differenze culturali e morfologiche fra popoli non solo non sono casuali, ma sono interconnesse e strumentali all’organicità o meno della convivenza di più persone all’interno di un medesimo gruppo sociale: anzitutto a livello comunicativo. Intonazioni, modulazione e alterazioni del tono vocale, presso gli occidentali coincidono con determinati canoni semantici e comportamentali a cui siamo abituati da sempre proprio inquanto occidentali; ed è proprio poiché altrove valgono regole differenti che il multiculturalismo è pura follia (pag.186): <<Passando a una cultura diversa, è evidente che se l’interlocutore più si arrabbia e più abbassa la voce, noi non ci accorgeremo del pericolo>>. <<Si tratta di comportamenti non consapevoli e obbligatori, che esistono presso tutti i popoli, diversi da popolo a popolo, e ai quali ogni individuo si attiene così naturalmente che non sappiamo fino a che punto non si tratti di un’eredità bioculturale. Sarebbe importantissimo scoprirlo…ma è proprio ciò che i governanti e i leader occidentali non vogliono: avere la conferma scientifica di qualcosa che tutti, più o meno, intuiscono: ossia che i tratti culturali di base possano essere, o per meglio dire, siano quasi certamente ereditari>>.
Più chiaro di così!

Ecco come Ida Magli, con un ragionamento di inoppugnabile logica, smantella dalle fondamenta l’artificiosa baraccopoli multiculturalista (pag187):
<<E’ evidente dunque che, se non conosciamo i significati di questi comportamenti, possiamo con facilità incorrere in gravi errori di “comunicazione”, cosa che sicuramente è successa durante la fase distruttiva degli Stati e dell’identità dell’Europa. La presenza sempre più massiccia di tanti popoli stranieri, portatori di “distanze” , di “toni di voce”, di mimiche molto differenti da quelle italiane e percepite da ognuno nei significati della rispettiva lingua come “aggressive”, “offensive”, “sprezzanti”, “pericolose”, “fredde”, “prive di rispetto” eccetera, ha contribuito, nella forma più silenziosa e nascosta, al dubbio, all’incertezza, allo sgretolarsi della fiducia in se stessi, e nella propria civiltà da parte dei cittadini europei>>.
Ed il clima di continua insicurezza, incertezza, distonia emotiva rispetto ad un ambiente che un tempo sentivamo amico, familiare e domestico, ed ora sentiamo alieno, è la dimostrazione alla portata di tutti di quello che ci stanno facendo.

L’epilogo del libro è un epilogo ameno, spiazzante, certo non positivo, ma nemmeno prevedibile. I libri di Ida Magli non propongono mai soluzioni celestiali, ma costringono il lettore a ragionare su problematiche sociali che pochi altri autori sollevano con tanta acutezza; e, come recita il proverbio, “uomo avvisato, mezzo salvato”.
Ebbene, il futuro dell’Occidente, caro all’autrice sin dal titolo, non potrà fare a meno della Russia: questo è il tema conclusivo. Russia intesa non come entità politica post-sovietica, ovviamente, ma come civiltà storicamente erede di quella romana; la dinastia imperiale zarista prese vita direttamente dagli imperatori bizantini, lo “Czar” è onomasticamente erede di Cesare, e l’aquila a due teste – tuttora nella bandiera nazionale – non è che una rivisitazione di quella romana capace di guardare sia ad oriente che ad occidente.

La Russia come maggior mole statuale depositaria della cristianità: essa fu nella Santa Alleanza contro il giacobinismo napoleonico, è sempre stata una roccaforte anti-islamica (si pensi alla guerra di Crimea), ed è il più grande paese cristiano del mondo.
La Russia come unica civiltà cultrice della cultura europea, senza essere essa stessa Europa.
pag.226: <<forse, dunque, la Russia potrà occupare il posto lasciato vuoto dall’Europa, diventando finalmente consapevole di se stessa, della propria originalità, né del tutto europea né del tutto asiatica. Potrà porsi in qualche modo come unico vero memoriale di quella che è stata la civiltà europea>>.
E si fa riferimento all’amore che i più grandi scrittori russi hanno da sempre nutrito per l’Italia, per i suoi poeti e per la sua bellezza.
<<Con il suo ancora forte serbatoio di cristiani…la Russia probabilmente diventerà, per gli spiriti religiosi orfani dell’Italia, della Francia, dell’Austria, luogo di pellegrinaggio spirituale e di ricordo di un passato comune>>.

Le ultime parole del libro, per rispetto al lavoro dell’autrice, non le riporteremo virgolettate, ma ne saluteremo la mera concettualità: l’Europa sta abdicando a se stessa, senza lasciarne l’Alto scranno agli Europei. E’ un progetto screanzato ed insensato, voluto da mercanti e nichilisti, gli stessi che Gesù cacciò in malomodo (se ne ricordino i “credenti”!) dal suo Tempio.
Ora tocca a noi tutti reincarnare il vigore di quell’evangelico esempio.
Grazie, professoressa Magli. E stia certa: l’Occidente sopravvivrà.

HELMUT LEFTBUSTER

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