Storicamente l’epoca detta del “riflusso” giunse in Italia tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, a seguito di un decennio infiammato dalla lotta politica e ideologica, segnando un ritorno al privato dopo che tutto era divenuto dimensione pubblica.

Quaranta anni dopo, mentre scriviamo, tutto scorre in maniera più veloce e tutto si consuma in un attimo sfuggente, tanto è vero che siamo all’inizio di una nuova stagione del riflusso, stavolta arrivata dopo un periodo di impegno sociale durato circa due anni.

Su queste basi possiamo pensare che anche questa fase sarà di breve durata…

Ad ogni modo, ciò che qui interessa è comprendere perché dopo l’esito, certo non felicissimo, delle elezioni politiche dello scorso 25 settembre, si sia assistito ad un subitaneo svuotamento delle piazze e ad una disintegrazione di gran parte degli ambienti che hanno caratterizzato la cosiddetta “area del dissenso”.

Questa smaterializzazione è certamente frutto, in prima istanza, di un approccio principalmente emotivo alla politica: l’entusiasmo che ha fatto popolare le piazze per molti mesi derivava infatti da una necessità di stare insieme in un periodo di massima separazione fisica e sociale, e affondava le sue radici anche nelle aspettative smodate che molti nutrivano (cambi di paradigma epocali, risultati elettorali straordinari, etc…). Il problema è che quando ci si affida alla sola emotività il passaggio dall’entusiasmo alla depressione è molto fugace.

Si sarebbe dovuta utilizzare tutta la fase “preparatoria” alla sfida elettorale anche per generare una consapevolezza reale, anche da questo punto di vista, ma si è preferito cedere alla comunicazione esclusivamente motivazionale tanto in auge nelle aziende multinazionali.

Non meno importante il fatto che molti, con la vittoria della Meloni, provino la sensazione di un “pericolo scampato”. Anche qui, al di là del fatto che ritengo tale percezione altamente ingenua, occorrerebbe una maggiore maturità per cogliere il fatto che, quand’anche la stagione del capitalismo della sorveglianza fosse alle spalle, l’agenda messa in campo da forze come Italia Sovrana e Popolare alle scorse elezioni è pienamente attuale e necessaria. E se non si ha la voglia e la motivazione di proseguire la lotta significa che, al netto di una comprensibile stanchezza, forse anche tanti bei discorsi sulla “unità” erano alibi per non sporcarsi le mani dopo le delusioni patite col Movimento 5 Stelle negli anni appena trascorsi.

Ad ogni modo si sappia che il momento di fare politica, di organizzare una resistenza è proprio ORA, ossia quando l’onda del riflusso sembra cambiare le carte in tavola.

Qui ed ora occorre mettere in campo una proposta seria, fare selezione di una militanza ed una classe dirigente che non sia soltanto numerica.

È inoltre il momento di ripartire da una battaglia ideale, fatta soprattutto di formazione, di proposizione di contenuti culturali differenti. Con pazienza, lucidità e lungimiranza. Qualità che – forse – sono mancate sino a questo momento.

Il compito di chi è rimasto in piedi dopo questi due anni durissimi è questo. Se non defletteremo, tra alcuni mesi parleremo di un quadro politico – di nuovo – profondamente diverso.

ANTONELLO CRESTI

AIUTACI A FARE LUCE DOVE REGNA L'OMBRA

2259 SOSTENITORI MENSILI ATTIVI
OBIETTIVO 3000