Si sta svolgendo proprio in questi giorni l’attesissimo processo che vede protagonisti da un lato il procuratore John Durham e dall’altro Michael Sussmann, avvocato ed ex partner della Perkins Coie lo studio legale che seguiva la campagna elettorale di Hillary Clinton nel 2016. Non é un mistero per nessuno però che questo procedimento legale sia così atteso dal pubblico perché i cittadini vorrebbero cominciare a vedere qualche nome famoso dietro le sbarre e in tutta onestà la Clinton é uno dei nomi più gettonati.
E nemmeno a dirlo, questa volta il nome dell’ex candidata alla Casa Bianca é stato fatto ed é incredibilmente il Wall Street Journal a metterlo in prima pagina con un titolo inequivocabile: “E’ stata lei”.
Ma facciamo un passo indietro e ricostruiamo gli eventi per come si sono venuti via via delineando in sede processuale. Hillary ed il suo team in campagna elettorale nel 2016 non stavano andando proprio benissimo, il consenso non decollava nemmeno tra i sostenitori storici del partito democratico. Fu allora che il team ebbe un’idea, quella che definirono strategicamente “October Surprise“, ovvero un qualcosa con cui colpire l’avversario ad appena un mese dalle elezioni per metterlo fuori gioco poiché impossibilitato a reagire e a trovare argomenti per ritornare in corsa. Le prove (false) di una collusione tra Donald Trump ed il Cremlino erano meravigliosamente adatte per lo scopo da perseguire, questo sarebbe stato il perfetto candidato per l’October Surprise che avrebbe poi ribaltato in maniera definitiva il risultato delle elezioni.
Il manager della campagna della Clinton, Robby Mook, ha testimoniato in un racconto dettagliato e ricco di date e di nomi che fu proprio la Clinton ad approvare e seguire la diffusione di quelle che vennero vendute a pubblico e giornalisti come vere e proprie prove di rapporti tra il tycoon newyorkese ed una banca russa. L’uomo nell’udienza di venerdì scorso ha dichiarato che fu lui in persona a proporre alla donna la diffusione dei dati relativi a ciò che si credeva un canale di comunicazione segreto tra Trump e la Alfa Bank, senza tuttavia che nessuno avesse mai effettuato alcuna verifica sulla genuinità dei dati, né la Clinton, né lo stesso Mook. D’altra parte, il manager sostiene che quei dati anche a lui erano stati venduti per autentici, dato che il partner di Sussmann allo studio legale, Marc Elias, che si confrontò con lui sull’argomento, gli disse che arrivavano da persone fidate e con enorme esperienza nel settore.
Alla Clinton in definitiva poco interessava: aveva trovato il suo October Surprise ed aveva la possibilità non solo di affossare Trump a pochi giorni dalle elezioni, ma anche di distrarre i cittadini americani dallo scandalo dei server delle email che la vedevano unica protagonista. Dati veri o falsi che fossero, mai come in questo caso l’intero team, con la benedizione della candidata in testa, agì senza scrupoli nel creare e nel portare avanti una narrativa che solo recentemente é stata dichiarata completamente falsa e costruita, dopo sei lunghi anni di tira e molla tra conferme e smentite.
Tuttavia l’idea di trovare una collusione tra Trump e la Russia risale a ben prima dell’ottobre 2016, perché come lo stesso Mook ha riferito “era una cosa credibile, qualcosa che la gente non avrebbe trovato strano dato che il tycoon parlava spesso del Cremlino e ne era visibilmente un estimatore“. Oggi si può finalmente dire di aver conferma di questo, in conseguenza alla declassificazione da parte del Department of National Intelligence di un memo recante data 28 luglio 2016. Già nel luglio dello stesso anno infatti la CIA ed il suo allora direttore John Brennan avevano riferito a Barack Obama che la Clinton aveva in mente di “diffamare Donald Trump mettendo in piedi uno scandalo in cui si parlava del suo legame con i servizi segreti russi”.
A questo punto si può dire davvero di aver tutto. Colpevoli, movente, strategia, armi e narrativa. Cosa manca allora?
Beh, manca soltanto che Durham affronti direttamente la Clinton in tribunale, dopo che il procuratore ha messo spalle al muro praticamente tutti i suoi collaboratori. Non é difficile pensare che ciò possa davvero accadere presto e, vista la mole di elementi contro la donna presumibilmente non le rimarranno molte scelte. Per uscirne senza condanne, probabilmente solo la fuga.
MARTINA GIUNTOLI
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