
Green pass per treni e aerei: e alla fine anche la Russia si adegua
I Paesi dell’Est europeo, Federazione Russa compresa, sono apparsi sin dall’inizio tra i meno sensibili alla narrazione pandemica. In particolare in Russia si sono susseguiti momenti di forti restrizioni a momenti di libertà impensabili rispetto all’Europa, in particolare a Italia, Francia e Austria. Ed ecco che però anche in Russia arriva l’idea del green pass per treni e aerei in tutto il Paese. Il governo russo ha presentato alla Duma ben due disegni di legge riguardo vaccinazioni e trasporti. Il vicepremier russo Tatiana Golikova ha affermato che dopo un periodo di transizione queste misure, che dovrebbero valere per tutti i cittadini di età superiore ai diciotto anni, scatteranno dal 1 febbraio 2022 e resteranno in vigore come minimo sino al 22 giugno dello stesso anno. I disegni di legge ricordano molto da vicino quelli italiani: sarà necessario esibire il green pass in ogni luogo pubblico e sui trasporti. Sono esentati i luoghi dove si vendono cibo e beni di prima necessità oltre alle farmacie. E lo stesso varrà per i trasporti nazionali e internazionali: bisognerà esibire il green pass. Una fotocopia della situazione italiana tranne che su un punto: i luoghi di lavoro non sono apertamente menzionati nei due disegni di legge.
Non è la prima volta che il governo russo tenta di imporre il green pass. In realtà Putin, per non perdere popolarità delegò la questione del green pass solo agli organi locali e il sindaco di Mosca Sergej Sobjanin tentò di imporre il green pass nella Capitale, ritirandolo dopo solo un mese a causa delle proteste. Ora Putin, probabilmente rassicurato dai comunque buoni risultati ottenuti alle elezioni della Duma da parte di Russia Unita, ha deciso di tornare alla carica.
“Stanno comunque già cominciando le proteste – ci racconta Lilia, traduttrice dall’italiano – non esattamente contro il vaccino, ma contro il green pass. E anche i giuristi si stanno muovendo in quanto sostengono che la questione del vaccino rientra nell’ambito del segreto medico”. Le proteste sono una cosa che terrorizza il presidente, che vuole essere popolare a tutti i costi: anche le restrizioni legate a mascherine e distanziamento caddero lo stesso giorno in cui a Mosca si protestò a favore di Navalny, e non a caso.
I russi, che sono uno dei popoli più scettici riguardo l’esperimento Covid, si stanno già muovendo con proteste, ricorsi e anche maniere per aggirare i divieti governativi. Addestrati da settant’anni di dittatura, i russi sono molto reattivi nelle maniere per aggirare i veti del governo, e non sono nuovi a cose simili, come quando in età sovietica, incidevano i dischi dei proibitissimi Beatles su lastre radiografiche per poterli far passare.
Molti occidentali filorussi resteranno delusi da questa uscita di Putin, visto in Occidente da alcuni come il diavolo, da altri come il messia. Putin non è né l’uno né l’altro, è un normalissimo uomo di potere, meno peggio di quelli occidentali perché quantomeno ama sinceramente il suo Paese, ma sempre uomo di potere resta: ha aspettato le elezioni della Duma per introdurre il green pass.
La popolarità di Putin, pur ancora molto alta, è in costante declino dal dopo Obama: la tensione tra Usa e Russia aveva molto giovato alla popolarità del presidente. Dopo l’arrivo di Trump i russi hanno cominciato a guardare più a cose interne, come la corruzione di diversi uomini di Russia Unita (proprio il sindaco Sobjanin, che ogni sei mesi fa ripiastrellare Mosca per dare soldi alla ditta di piastrelle della moglie, è visto come una barzelletta) o altre magagne interne. Anche Russia Unita in fondo sfrutta il Covid per cementare un’egemonia non più così indiscussa, con la crescita sia dei comunisti sia della popolarità dell’un tempo impopolare Navalny. La cosa preoccupante è che i recenti rinnovati venti di guerra tra Russia e Occidente paiono servire ad entrambe le parti per cementare classi politiche in crisi di credibilità: se Putin ha ancora un credito molto alto specie tra i meno giovani che hanno vissuto la Perestrojka e gli anni di Eltsin, il partito Russia Unita è invece in profonda crisi per via dei personaggi non eccelsi che ne fanno parte.
I russi comunque non si fidano dello Stato: ne hanno viste troppe, dagli Zar ai comunisti ai disastrosi leader post-sovietici. Censure, confinamenti in Siberia, Stato oppressivo, burocrazia magari non come la nostra ma comunque elefantiaca (basti rileggere qualche classico, da Gogol’ a Bulgakov, per rendersene conto). Putin aveva acquisito un credito perché era “diverso” e ha effettivamente aiutato molto la popolazione a risollevarsi, i russi però non ci mettono molto a revocargli la fiducia.
ANDREA SARTORI