“Mister spending review” si candida nelle fila del centrosinistra. Enrico Letta ed Emma Bonino, leader rispettivamente del Pd e di +Europa, hanno annunciato la presenza dell’economista Carlo Cottarelli nel carrozzone imbastito in vista delle elezioni politiche del 25 settembre.

Cottarelli è stato a lungo un uomo del Fondo monetario internazionale. Alcuni lo accusano di essere stato uno dei sicari dell’economia greca. Per quanto riguarda l’Italia, si era guadagnato i suoi soprannomi (“mister spending review, appunto, ma anche “mister forbici”) nel 2013, quando fu nominato commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica dal governo Letta. All’epoca pure Repubblica dipingeva quella ricetta come un “programma lacrime e sangue. Poco dopo, premier Renzi, Cottarelli fu sostituito e se ne tornò al Fondo monetario internazionale. Nel frattempo la spending review andò avanti, ma non benissimo, vista a posteriori.

Cottarelli è di nuovo sulla scena politica nel 2018, corteggiato dai partiti e salutato dai media come un esperto al di sopra delle parti, un tecnico dall’algida razionalità, disposto a mettere le sue competenze cartesiane sull’altare patria. Era l’epoca del doloroso parto del governo Conte I. L’attuale capo del M5s aveva appena rassegnato le dimissioni dall’incarico di presidente del Consiglio, durato solo pochi giorni, a causa del subentrato niet di Sergio Mattarella su Paolo Savona al Ministero dell’Economia. Il Presidente della Repubblica affidò quindi a Cottarelli l’onere di formare un governo appunto tecnico, neutrale, per traghettare il Paese verso nuove elezioni. Che non ci furono, perché alla fine si trovò la quadra e Conte tornò premier, stavolta senza riserve.

Dopo un esecutivo Conte II e uno Draghi (durante i quali Cottarelli, privo di ruoli di governo, fa comunque arrabbiare qualche insegnante precario), adesso un nuovo psicodramma va in scena sul palco della politica italiana. E il castigatore dei conti pubblici lo calca senza più maschere. Nelle liste dem è in buona compagnia: ci sono l’ex segretaria nazionale della Cgil, Susanna Camusso, nonché un Luigi Di Maio ormai redento da ogni tentazione ribellistica. Chi resta a bocca asciutta, dopo il suo strappo con Letta, è Carlo Calenda, cui Cottarelli aveva promesso di scrivere un programma centrista e liberale. Per fortuna Calenda l’ha presa bene.

LILLI GORIUP

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