Dopo vent’anni si ritorna a parlare dei talebani in Afghanistan. Analizziamo sociologicamente chi sono i talebani di oggi, rispetto ai loro predecessori degli anni ‘90.

I talebani sono un movimento politico-militare nazional-religioso integralista. Nazionalisti perché i membri sono afghani di etnia pashtun e rifiutano individui stranieri nel loro gruppo. Difatti sono sempre stati antagonisti dell’Isis cosmopolita operante in Siria e attualmente non hanno più legami con i gruppi sotto l’egida di Al-Qaeda.

Vogliono la formazione di uno Stato islamico retto dalla sharia su fondamenti etnocentrici e identitarie. Quindi, il terrorismo globale è fuori dai loro interessi geopolitici. Credono nell’interpretazione rigida e austera del Corano ma dalle dichiarazioni rilasciate in conferenza stampa, i talebani sembrano che si vogliano differenziare dai loro predecessori mostrandosi meno rigidi nell’applicazione dei precetti islamici concedendo addirittura certi diritti alle donne.

Quando caleranno i riflettori sull’Afghanistan capiremo se le promesse annunciate fanno parte di una strategia comunicativa per rendere Kabul la vetrina tranquilla e sicura del Paese agli occhi del mondo mentre nelle zone remote si consumeranno le peggiori violazioni dei diritti umani.

I talebani sono molto più forti politicamente rispetto a vent’anni fa. Nel Paese non è presente nessuna opposizione politica. Negli anni ’90 c’era l’Alleanza del Nord con i tagiki e gli uzbeki, c’era Ahmed Shah Massud, l’unico leader democratico che avrebbe potuto ricostruire lo sviluppo del paese, ucciso in un attentato di Al-Qaeda nel 2001.

In questi vent’anni i talebani hanno costruito il consenso sociale attraverso le contraddizioni e le false promesse del governo afghano filo-Usa. I combattenti sono reclutati nelle zone marginali del Paese, le più povere e dimenticate da un potere centrale che non ha mai usato i dollari americani per ricostruire uno Stato sociale e lo sviluppo economico.

In vent’anni il divario socio-economico tra le classi povere e i signori della guerra arricchiti dagli americani per la tutela dei campi di oppio, è aumentato in maniera esponenziale.

Questo è stato l’esportazione della democrazia americana: corruzione, esclusione sociale, povertà, traffico di droga. Basta vedere le immagini che la TV ha mostrato di alcuni miliziani talebani dentro a un palazzo di un capoclan con ori e stoffe pregiate. Molti di questi signori della guerra arricchiti dagli americani sono passati subito dalla parte dei talebani.

I talebani odierni non sono più gli studenti delle scuole coraniche degli anni ‘90, ma giovani senza lavoro, emarginati sociali che sfruttano le solidarietà tra clan su cui è strutturata la società afghana. Questo è bastato per sgretolare in breve tempo il ventennale potere statunitense.

I nuovi talebani dialogano con le potenze regionali. La Cina si sfrega le mani. Kabul entrerà nella Via della seta e arriveranno fiumi di soldi da Pechino tramite il vicino Pakistan (ex-alleato Usa). Il nuovo secolo cinese comincia da qui mentre finisce quello americano con la fuga disorganizzata e mal gestita da Kabul.

Agli Usa rimarrà il traffico di oppio per la produzione di eroina da mandare nel centro di smistamento in Kosovo, Paese artificiale fondato dalla Nato e sottratto con la forza dalla Serbia nel 1999, per il controllo del traffico di droga. Probabile che i talebani abbiano garantito agli Usa la continuazione del business della droga dividendosi i guadagni.

Cambierà la geopolitica statunitense. Con il Medio Oriente devastato, l’Africa abbandonata a se stessa e preda di guerre etniche, lo scenario si sposterà verso l’unico residuo dell’imperialismo americano, l’aera indo-pacifico e l’America Latina. Si rafforzeranno i legami con l’India, il Taiwan, la Corea del Sud per contenere la potenza cinese e la partita si giocherà nel Mar Cinese Meridionale.

Cambierà la geopolitica statunitense. Con il Medio Oriente devastato, l’Africa abbandonata a sé stessa e preda di guerre etniche, lo scenario si sposterà verso l’unico residuo dell’imperialismo americano, l’aera indo-pacifico e l’America Latina. Si rafforzeranno i legami con l’India, il Taiwan, la Corea del Sud per contenere la potenza cinese e la partita si giocherà nel Mar Cinese Meridionale.

E l’Europa? Cosa hanno imparato cristiani d’Europa dal capovolgimento politico in Afghanistan? In primis, che la democrazia liberale non è la miglior forma di governo esistente per una società complessa e andrebbe messa in totalmente in discussione. Secondo, le comunità islamiche hanno come punto di forza la tradizione: il ruolo tradizionale dei rapporti di genere (escludendo i casi di violenza che non hanno né giustificazioni né distinzioni culturali e religiose. Vedi i casi quotidiani di violenza sulle donne in Italia e le statistiche del Viminale non entusiasmanti), il ruolo centrale della famiglia e della prole, la solidarietà tra i membri della comunità, la fede spirituale come modello di vita quotidiana.

Nel processo di costruzione della società multi-etnica che avviene in Europa da circa cinquant’anni, le comunità islamiche ci orienteranno alla consapevolezza che solo la tradizione potrà salvare l’Europa dal declino causato dai valori della modernità, ovvero, le diseguaglianze economiche e sociali del libero mercato, le distorsioni dei diritti individuali della libertà, lo squilibrio socio-cognitivo nei rapporti tra l’uomo e la donna, il modello democratico inefficace e inefficiente nella soluzione dei problemi di un paese, il primato dello scientismo come dogma assoluto, la crisi delle belle arti, la svalorizzazione della famiglia, il netto calo demografico, il processo di secolarizzazione.

Essendo il mio habitus di formazione cristiano-cattolica, dovrei parlare di tradizione cristiana: la riaffermazione dei princìpi della fratellanza tra gli esseri umani e l’amore cristico verso il prossimo riguardanti il cristianesimo delle origini, della Chiesa Cattolica come forma politica ideale (come diceva il filosofo Carl Schmitt), della sua dottrina sociale verso gli umili e portatrice di valori assoluti. Ma non ci sono segnali di risveglio da parte delle comunità cristiane drogate dalla modernità. Molti hanno perso la via del Cristo. La Chiesa Cattolica è un moribondo arroccato nei suoi privilegi. I seminari sono vuoti e i cardinali pensano ai loro attici a Roma. Le parrocchie, i conventi, e le confraternite di monaci sono isolati e pensano a sbarcare il lunario. Nietzsche disse che Dio è morto, invece Dio è vivo mentre Gesù Cristo l’hanno ucciso due volte, prima sulla croce e poi con il modernismo.

Voglio azzardare due previsioni nonostante non sia corretto in un’analisi sociologica. L’ideale della grande nazione europea, dell’Europa dei popoli teorizzata da intellettuali come Mazzini, La Rochelle, Niekisch, Moeller van den Bruck, Thiriart, Evola, Spinelli, verrà realizzata proprio dalle nuove generazioni di musulmani. Si costituiranno dei partiti islamici in Europa, conquisteranno il potere attraverso le elezioni, verranno eletti dalle nuove generazioni, e costruiranno la grande nazione islamica dei popoli europei guidato dalla Sharia senza più divisioni e confini tra gli Stati. Questo sarà una doppia sconfitta morale di quell’Europa modernista che inseguiva le ipocrisie dei diritti liberali e democratici, quell’Europa che ha creduto nell’unione della moneta e delle banche e nel parlamento con il simbolo della torre di babele, simbolo di disunione.

Rimane il dubbio se l’Europa islamica sarà guidata da leaders spirituali moderati o prevarrà il becero integralismo. Questo è materia di indovini.

E i cristiani d’Europa? Saranno un manipolo di credenti e la Chiesa Cattolica si leccherà le ferite traslocando la sua sede in America Latina, l’unico baluardo di resistenza del cristianesimo.

Concludiamo con una domanda su cui riflettere così come ho iniziato con una domanda questo articolo. Chi crederà ancora a parole come progresso, civiltà, democrazia, pace, diritti umani, tolleranza, dopo il 15 agosto 2021?

DARIO ZUMKELLER

Cantautore e Poeta. Vincitore di Strafactor nel 2017 e autore dell’album di poesia cantata “La Calce di Ulkrum” nel 2020. Dottorante in Sociologia.

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