Tra le date del world tour di Zelensky, quella del 15 marzo scorso è stata particolarmente importante, perchè il presidente ucraino ha incontrato  i leader di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia. Dell’incontro di Kiev (sempre che sia davvero avvenuto a Kiev, come vedremo) vi sono elementi che ragionevolmente ci spingono a pensare che potrebbero esistere accordi e dinamiche in essere non proprio pubblici o per lo meno non chiari tra il leader ucraino ed i politici più influenti dell’Europa orientale, ma che di fatto potrebbero coinvolgere l’intera Europa.

Zelensky, in questo suo gioco delle parti e delle alleanze, doveva a questo punto del suo copione assolutamente giocare la carta dell’Europa dell’Est. E così ha fatto.  Ha incontrato i premier di Polonia & Co e ne ha fatto bella mostra al mondo. Questo era fondamentale per supportare, complici i media,  la narrativa ufficiale russofobica che alla data del 15 marzo doveva ancora rappresentare la capitale ucraina completamente nelle mani sicure di Zelensky. Ed è infatti quello che i politici hanno dichiarato subito dopo aver concluso i lavori.

“La maggioranza della terra Ucraina è ancora nelle forti mani degli Ucraini“, hanno gongolato in coro tutti soddisfatti davanti ai microfoni e ai fotografi.

Tuttavia l’incontro non si è esattamente svolto all’insegna  di comuni e dichiarati  intenti volti al raggiungimento e al mantenimento della  pace nel mondo, come invece i titoli del mainstream hanno passato sui loro canali. Anzi, non solo gli stessi politici  hanno lasciato loro malgrado trasparire che l’Ucraina non si trovi davvero più nelle mani di Zelensky, ma anche il proprio desiderio di divenire parte attiva nel conflitto.  E anche questa volta sono gli stessi partecipanti a darcene conto.

Non vi abbandoneremo mai poichè sappiamo che non combattete solo per voi ma anche per noi (…), il mondo è in bilico, qui si lotta contro la tirannia ed il futuro di tutti noi dipende da questa guerra”, ha aggiunto Morawiecki,  l’altro polacco della delegazione.

Parliamoci onestamente, nessuno  dei partecipanti si sarebbe mai mosso dal suo paese sapendo di poter rischiare concretamente  la vita per favorire un qualsivoglia colloquio di tregua tra la Russia e l’Ucraina, senza che l’incontro prendesse la piega desiderata. A sostegno di questa chiave di lettura, vi sono diversi canali polacchi che ventilano un’ipotesi ancora più estrema, ovvero che l’incontro non si sarebbe mai davvero svolto a Kiev.

Si vocifera che le immagini, i filmati, le location, la stazione e tutti gli altri elementi del copione  altro non siano che set preparati ad hoc per tenere in piedi la propaganda e la strategia voluta dai leader polacchi, ovvero quella di rischiare il meno possibile per ottenere il più possibile. Lo stesso fatto che le uniche foto disponibili siano arrivate dalla fonte governativa di Kiev e non da giornalisti presenti sul posto getta ombre sulla genuinità dei luoghi. Ecco che sempre in quest’ottica prende significato anche la presenza nella capitale ucraina volutamente esposta e venduta come segno di forza da parte di Zelensky.

L’incontro, sempre secondo le stesse fonti,  si sarebbe invece svolto a Przemysl, una cittadina comodamente raggiungibile per tutti, vicina al confine con l’Ucraina, e nei pressi di una rassicurante base NATO di supporto.

Questa teoria pare prendere ancora più corpo vista la presenza nella delegazione del polacco Kaczynski, di fatto uno degli uomini più influenti del suo paese , che  si evidenzia per essere una delle figure politiche più orgogliosamente russofobe dell’est Europa, nonchè colui che più degli altri ha voluto e organizzato l’incontro.  Ed è infatti proprio in questo convoglio di politici a trazione polacca che dobbiamo cercare la chiave di lettura dell’evento.

Sembra proprio che i paesi dell’Est, in testa la Polonia, abbiano voluto garantire con la propria presenza l’apporto della longa manu della Nato al conflitto.  Gli stessi, membri del Patto Atlantico ma anche della Comunità Europea, appoggiando quindi senza ombra di dubbio il conflitto contro la Russia, potrebbero concretamente agire da piede di porco per rovesciare il tavolo di qualsiasi trattativa, e convogliare tutto il continente in una guerra di cui l’Europa in questo momento davvero non ha bisogno.

E se questo è lo scenario, chiediamocelo:  importa davvero dove la riunione ha avuto luogo?

MARTINA GIUNTOLI

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