Chi parla qui è Giuliano Gambarelli, insegnante di tango, un professionista del ballo che che deciso di raccontare sul suo profilo Facebook una vicenda che ci offre una prospettiva privilegiata dalla quale guardare alla questione delle politiche aziendali su green pass e simili.
Il ballerino racconta che, contattato da Mediaset, ha deciso di non accettare una proposta di lavoro a causa della draconiana politica aziendale adottata che impone a tutti i lavoratori di essere in possesso di Super Green Pass. Senza eccezione alcuna, nemmeno di età.
Mentre nel gennaio scorso la corte suprema degli Stati Uniti si è espressa chiaramente stabilendo il primato della libertà personale di scelta sulle politiche vaccinali e di testing, invece evidentemente in Italia si viaggia esattamente nel verso opposto. Non solo si continua a legiferare a danno del lavoratore, ma ogni azienda si fa policy interne ad hoc che contrastano apertamente con le già discriminatorie normative dello stato, e che spesso sono ancora più restrittive di quelle già in vigore.
L’obbligo di super green pass che proprio da oggi si applica esclusivamente ai lavoratori over 50, per Mediaset invece vale sempre e da sempre. Sarebbe interessante sapere se altre emittenti televisive o altri organi di informazione richiedono gli stessi requisiti per l’assunzione.
Certamente quel che sappiamo è che la tendenza ad applicare libera policy in libera azienda (si fa per dire) è un po’ diffusa ovunque. Partendo dalle strutture ricreative , ci sono bar, ad esempio che richiedono il pass anche solo per accedere ai servizi igienici, per non parlare poi di quelli che già da mesi non consentono l’accesso ai locali impedendo quindi anche il servizio da asporto, fino ad arrivare alle agenzie interinali , per cui le aziende richiedono la tessera verde a prescindere dall’età del lavoratore.
Intrinsecamente legato al green pass come unico mezzo di accesso ai pubblici servizi, c’è poi il problema “Poste”. Chi non ha il pass non può accedere ad alcuna operazione, e la cosa è resa possibile attraverso lo sviluppo di apposito software gestionale. Senza scansione del QR code il terminale non parte, non ci sono vie di scampo. Questo avviene non solo con la finalità apertamente dichiarata di tagliare fuori il cittadino ribelle, ma con lo scopo ben più subdolo di impedire la discrezionalità del singolo operatore che potrebbe non richiedere il green pass all’utente per una personale obiezione di coscienza.
Ugo Mattei in diversi interventi recenti a riguardo ha sottolineato come si configuri nel caso del disservizio postale il possibile reato di appropriazione indebita, sia nel caso del non rilascio di posta certificata e in giacenza, ad esempio, sia di denaro che si scelga di voler prelevare da sportello, magari poiché non in possesso di carta bancomat. E si può liceamente pensare che la stessa problematica legale si riscontri in banca, altro luogo pubblico, dove però non si ha libero accesso, nemmeno a beni propri, quali contanti o altri oggetti ivi conservati.
Sarebbe oltre modo importante aprire un libero dibattito per presentare queste problematiche anche al grande pubblico. Ma come si può pretendere che questo avvenga quando sono proprio gli organi di informazione i primi ad applicare delle politiche aziendali che non lasciano libertà di azione? O di replica?
Fa bene a chiederselo Giuliano Gambarelli. Ce lo chiediamo anche noi.
MARTINA GIUNTOLI
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