Dopo i successi dei giorni scorsi, in molti stanno provando a fermare il Convoglio della Libertà, a partire dal sindaco di Ottawa che ha dichiarato lo stato di emergenza , alle forze di polizia, al primo ministro Trudeau, fino ad arrivare al solito Facebook. Ma non solo.
Nella lista di coloro che stanno tentando di tagliare le gomme al convoglio si annovera anche e soprattutto GoFundMe, con una la sua sgradevolissima operazione di “sequestro” di ben 9 milioni di dollari di donazioni.
GoFundMe ha raccontato questa poco credibile storia “Avevamo accettato di raccogliere fondi per una protesta pacifica, tuttavia, visto come le cose si sono evolute, abbiamo deciso di tenere i restanti 9 milioni di dollari e di consegnare quei soldi ad altre associazioni benefiche più credibili“. E quali sarebbero le evoluzioni violente di cui si parla nel comunicato? Se c’è una caratteristica che è propria del movimento è quella della protesta decisa ma pacifica.
Non una bella mossa. Non una mossa intelligente. I truckers, che ormai sono conosciutissimi e appoggiati anche da nomi di un certo calibro, come l’ex presidente Donald Trump, Ron De Santis, Ken Paxton, e persino Elon Musk e Monsignor Viganò, hanno immediatamente trovato un altro modo per raccogliere i fondi necessari per continuare le proteste attraverso un tam tam sui social, soprattutto sui canali telegram che sono stati aperti ad hoc, come ad esempio TruckersForFreedom.
Sul fatto che GoFundMe sia addirittura da ritenersi penalmente responsabile per questa azione sono in molti a crederlo, compreso un discreto numero di procuratori generali in diversi stati degli Stati Uniti, i quali stanno investigando con i loro studi legali sulla questione, perchè di fatto i 9 milioni di cui il sito disponeva sarebbero stati spesi in modo diverso da come espressamente richiesto dagli utenti.
In seguito a questi sviluppi , GoFundMe si è affrettato a cambiare versione dichiarando prima che avrebbe messo a disposizione moduli per la gestione del rimborso della donazione, poi invece che avrebbe in automatico restituito i fondi.
Tuttavia la francamente ridicola scelta di GoFundMe non è di fatto molto diversa dal tentativo altrettanto ridicolo effettuato da Justin Trudeau, il quale ha fatto sapere che multerà chiunque oserà suonare il clacson del suo camion per i prossimi dieci giorni, affermando anche che i Truckers “sono un insulto alla verità e che alle loro proteste piene di odio razziale e di saccheggi si debba dare un chiaro segnale di stop“.
Il fatto che Trudeau menzioni l’odio razziale ed i saccheggi, quando GoFundMe parla di protesta non pacifica, ci dà un considerevole indizio su come BigTech, proprio come Trudeau e gli altri accoliti, abbiano tutti seguito alla perfezione quanto impartito dall’alto e abbiano risposto esclusivamente agli ordini di coloro che hanno in mano il termometro di quello che accade nel mondo.
Ora che la truffa di GoFundMe è stata scoperta e che ci si è resi conto che se si desidera si possono trovare mille modi per poter finanziare la causa che si vuole senza finire nelle mani di Big Tech, le èlite cos’altro temono? Che le persone abbiano capito che non bisogna passare per forza da strumenti delle élite per combattere le élite. E questo le rende impotenti ed estremamente vulnerabili.
Non solo i canadesi l’hanno capito. Le proteste a Canberra sono arrivate ad un punto tale da far tremare le autorità che temono possa riprodursi lo schema del convoglio anche in terra australiana. Anche perchè i primi successi si vedono. In Alberta ed in Satschachewan, ad esempio, le restrizioni Covid termineranno, così come la richiesta del passaporto vaccinale.
E quindi verrebbe da chiedersi: ma noi, due camion in fila non li sappiamo proprio mettere?
MARTINA GIUNTOLI