Dall’alto del suo incarico pubblico, ha fatto ripetute affermazioni che risultano non verificabili su atroci, metodici stupri di guerra effettuati di soldati russi. Perfino il Parlamento ucraino si è stufato del commissario per i diritti umani Liudmyla Denisova e l’ha cacciata l’altro ieri, martedì.
La Denisova costituiva una fonte ufficiale alla quale i grandi media occidentali hanno dato ampio credito. Fino all’altro giorno le sue parole trovavano eco sulle principali testate.
E adesso magari verrà a galla che erano non verificabili – balle, in sostanza – anche le affermazioni dell’Ucraina secondo le quali l’esercitò russo ha reso di fatto impraticabili i tanti corridoi umanitari invano aperti per consentire ai civili di uscire da città (Mariupol e non solo) al centro delle vicende belliche. Sta di fatto che la defenestrazione di Liudmyla Denisova ha a che fare anche con la mancata agevolazione, da parte sua, dei corridoi umanitari.
Dalle labbra di Liudmyla Denisova discendono numerosissime, orribili storie di atrocità sessuali commesse dai russi: sono state pedissequamente riportate da grandi media, italiani e non solo. Ora il Wall Street Journal inserisce le balle sugli stupri nel secondo paragrafo del suo articolo dedicato alla Denisova. Nel primo paragrafo si cita la mancata agevolazione dei corridoi umanitari. In Italia invece la vicenda è spesso contortamente riportata.
Un’antologia delle affermazioni non verificabili di Liudmyla Denisova sugli stupri di guerra effettuati dai soldati russi occuperebbe all’incirca lo spazio della Treccani. Ha parlato addirittura di soldati russi che violentano i neonati. L’edizione italiana di Huffington Post l’ha riferito senza neanche domandarsi – e tanto meno spiegare – come sia tecnicamente possibile violentare un neonato.
Varie atrocità sessuali riferite da Liudmyla Denisova fanno da contorno al massacro di Bucha: 25 ragazze stuprate, il cadavere di una donna violentata trovato in una cantina. Se questi fatti risultano non verificabili, sarebbe saggio porsi delle domande anche sull’intera vicenda di Bucha.
Il problema – ed è un problema serio – consiste nel fatto che questa guerra non è documentata da giornalisti indipendenti, con rare eccezioni tipo quella di Giorgio Bianchi che è andato in Ucraina per Visione TV.
L’Ucraina ha cacciato i giornalisti sgraditi al regime. I grandi media occidentali si abbeverano bovinamente alle fonti ufficiali dell’Ucraina, tipo quella rappresentata da Liudmyla Denisova. Soltanto di rado – a volte ad esempio lo fanno le più blasonate testate anglosassoni – aggiungono una frase, che pure sarebbe doverosa, del tipo “Non è stato possibile verificare autonomamente le affermazioni”. A tutto questo potrebbero fare da contraltare le fonti vicine al Governo russo: non che esse abbiano la verità in tasca, e quando mai!, ma rappresenterebbero un punto di vista complementare. Però sono inaccessibili: l’Unione Europea e l’Italia le vietano ritenendo che esse, ed esse soltanto, facciano propaganda.
La cacciata di Liudmyla Denisova costituisce una delle occasioni – finora scarse – in cui il velo opaco si squarcia. Ed è dunque giusto darle risalto. Adesso bisogna vedere se, quando e che cosa verrà fuori a proposito del mancato funzionamento dei corridoi umanitari per far uscire i civili dalle città teatro delle operazioni belliche. Non è una previsione, non è un’affermazione. E’ una domanda, che accompagna l’invito a coltivare lo spirito critico e la curiosità genuina.
GIULIA BURGAZZI
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