In teoria, sarebbe pane per gli affamati del mondo. In pratica, la grandissima maggioranza del grano e delle derrate alimentari partite dai porti dell’Ucraina, in seguito all’accordo dal quale la Russia si è ora ritirata, è andata a Paesi che tutto sono, tranne che affamati. Hanno ricevuto i maggiori quantitativi, nell’ordine, Spagna, Turchia, Italia e Cina.

La Russia ha detto stop all’accordo in seguito ad un attacco effettuato dall’Ucraina contro il porto di Sebastopoli, in Crimea. E adesso per l’Italia sono guai gravi.

I dati sui destinatari delle navi ucraine cariche di prodotti agricoli sono ufficiali, ufficialissimi. Risultano dal database dell’Onu Black Sea Grain Initiative (Iniziativa per i cereali del Mar Nero). Ai Paesi poveri sono andate davvero le briciole. Ecco il grafico che riassume la situazione. Clic sull’immagine per vederla ingrandita.

destinazione delle esportazioni alimentari dall'ucraina in tempo di guerra

Riassunto delle puntate precedenti. L’Ucraina, come peraltro la Russia, è uno dei principali esportatori mondiali di grano e di altre derrate alimentari. Con la guerra, è diventato impossibile far partire dai porti del Mar Nero le navi ucraine cariche di tutto questo bendidio: e il grosso delle esportazioni ucraine è sempre avvenuto via nave. Donde le accuse alla Russia di aver causato una carestia e una crisi alimentare nei Paesi poveri.

Con la mediazione della Turchia e dell’Onu, in estate si è raggiunto un accordo per far partire le navi ucraine dai porti del Mar Nero e, contemporaneamente, per far sì che la Russia potesse di nuovo vendere il suo grano. La Russia è il primo esportatore mondiale di grano, ma le sanzioni occidentali rendevano molto difficoltosa la vendita del grano russo sui mercati internazionali.

L’accordo in questione è appunto il Black Sea Grain Initiative. Sul sito dell’Onu dedicato all’iniziativa si legge che il suo scopo è impedire carestia e crisi alimentare globale. Lo stesso sito tiene traccia delle spedizioni delle derrate alimentari ucraine: e si ricava appunto che sono andate soprattutto ai Paesi ricchi, come mostra il grafico poco sopra.

La Russia si è ritirata dal Black Sea Grain Initiative dopo l’attacco dell’Ucraina contro la flotta russa nel porto di Sebastopoli, in Crimea, avvenuto sabato 29 ottobre 2022. L’attacco è stato effettuato da droni. La Russia afferma di averli distrutti tutti, ma afferma soprattutto che i droni hanno seguito il corridoio creato per permettere l’esportazione dei cereali e che sono partiti da una nave da carico: non da una nave militare.

Al momento, Ucraina, Onu e Turchia dicono di voler proseguire la Black Sea Grain Initiative e che altre le navi cariche di derrate alimentari sono pronte a partire dai porti dell’Ucraina stessa. Se e come salperanno davvero, è tutto da vedere. Infatti i prezzi del grano si stanno impennando sui mercati internazionali.

Ma non solo il grano. Il database dell’Onu consente di scoprire anche cosa esattamente ciascun Paese ha ricevuto dall’Ucraina. L’Italia ha importato, sì, del grano e anche un po’ di olio di semi di girasole: ma ha ricevuto soprattutto grandi quantità di prodotti utilizzati per i mangimi zootecnici. Si tratta innanzitutto di mais e poi anche di soia, farina di colza, farina di girasole. L’Italia ha un disperato bisogno di importarli.

Ecco, innanzitutto, le righe del database Onu che riguardano le importazioni italiane grazie al Black Sea Grain Initiative. Il numero a destra esprime le tonnellate. Nella notazione anglosassone, la virgola è usata per separare i gruppi di tre cifre. Si tratta quindi di migliaia di tonnellate: non di centinaia.

Adesso, in seguito all’attacco effettuato dall’Ucraina contro la flotta russa, è appeso ad un filo l’arrivo in Italia di altre derrate ucraine di questo genere. Certo l’Italia – benché ultimamente assai impoverita –  non è un Paese povero. Però il consumo interno dei principali prodotti agricoli dipende in larga parte dalle esportazioni.

Secondo il database della Fao, l’organizzazione dell’Onu per l’agricoltura e l’alimentazione, la piccola Italia con appena 60 milioni di abitanti è il quinto importatore mondiale di grano e il decimo importatore mondiale di mais. Che non serve per fare la polenta, ma per nutrire mucche, maiali e pollame. Latte e derivati, carne, uova: ecco quello che ci giochiamo.

GIULIA BURGAZZI 

 

 

 

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