Il quinto volume del nostro mensile “Visione. Un altro sguardo sul mondo” è dedicato allo scottante tema della censura e a come essa viene esercitata su chi cerca di tracciare strade differenti da quelle della narrazione ufficiale. Anche stavolta è l’editoriale del nostro Direttore Francesco Toscano a tracciare la rotta del significato operativo di questo numero del mensile.
Un tempo, le cosiddette “democrazie occidentali” si presentavano agli occhi del mondo come uniche dispensatrici di libertà altrove negate, luoghi dove l’espressione del pensiero veniva difesa ed esaltata a ogni costo.
Non ricordo quante volte ho sentito citare, spesso a sproposito, un famoso aforisma attribuito impropriamente a Voltaire: «Non condivido il tuo ragionamento ma darei la vita affinché tu possa manifestarlo». L’età dei Lumi prometteva la liberazione dell’Uomo, non più imprigionato dentro schemi assoluti da altri, elaborati nel nome del dogma e della fede. L’oscurantismo cadeva sotto i colpi dei liberi pensatori che stracciavano con impeto la camicia di forza della costrizione che conduce giocoforza al “sacrificium intellectus”. La libera espressione del pensiero non è uno degli elementi che contraddistinguono la modernità figlia delle Rivoluzioni illuministiche del Settecento, ne rappresenta, semmai, l’essenza stessa e la sublimazione.
Fino a pochi anni fa, il controllo preventivo delle opinioni, perfino in danno delle idee politiche più bislacche, suscitava corali reazioni di sdegno. Pensare di impedire a qualcuno di professare un punto di vista sapeva di abominio, riportando alla mente gli anni bui della dittatura e della violenza di Stato organizzata. Spazi di censura rimanevano presenti in settori riguardanti la morale pubblica, fortemente condizionati dalla presenza mitigatrice di una Chiesa che intendeva interpretare il suo ruolo “catecontico” all’interno di una società non ancora completamente secolarizzata.
Oggi, il paradigma è completamente invertito.
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