Pane e sale, tradizionale benvenuto russo. L’omaggio glielo porse una donna, alle sette di sera, tra la folla della Piazza Rossa che circondava festosamente il suo piccolo Cessna. Monomotore noleggiato in Svezia e atterrato (in modo più che avventuroso) a due passi dal Cremlino. Era il 28 maggio del 1987. L’impero sovietico stava per franare, sotto i colpi della Glasnost e della Perestrojka. Il giovane aviatore tedesco – di soli 19 anni – aveva appena compiuto il volo più pazzo della storia. Missione dichiarata: un clamoroso gesto di pace.
Dell’impresa spericolata di Mathias Rust si riparla oggi, dopo lo strano abbattimento di due droni-kamikaze, forse ucraini, a pochi metri dalla residenza ufficiale di Putin (o meglio, dal suo ufficio). L’evento risale alla notte fra il 2 e il 3 maggio. Qualcuno fa notare una sinistra analogia con l’11 Settembre: la prima delle due incursioni notturne nel cuore del potere moscovita ha reso plausibile la spettacolarizzazione della seconda, un quarto d’ora dopo, ripresa da diverse telecamere ormai sul posto.
FALSE FLAG: L’11 SETTEMBRE
Stessa dinamica, rispetto al caso americano: il secondo velivolo si schiantò in mondovisione contro la torre gemella di Manhattan, accanto all’altra che già bruciava. Una scandalosa farsa, l’inchiesta governativa: il comitato Verità per l’11 Settembre – composto da tremila architetti e ingegneri – ha dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che le Twin Towers erano state minate con esplosivi speciali. Obiettivo della “false flag”: scatenare il clima di terrore, come casus belli per poi aggredire Afghanistan e Iraq, terremotando il pianeta per decenni.
Nel libro “Massoni”, uscito nel 2014, Gioele Magaldi racconta che l’attentato del secolo – o meglio, il battesimo terroristico del neonato millennio, firmato da un preciso settore del Deep State – avrebbe visto la regia di una particolare superloggia, la Hathor Pentalpha, creata dal clan Bush. Ne avrebbero fatto parte personalità di primo livello anche in Europa, come il francese Nicolas Sarkozy, principale mandante dell’omicidio di Muhammar Gheddafi in Libia.
HATHOR, ISIS E MASSONI
La “loggia del sangue e della vendetta”, dunque. Vera e propria Spectre dell’élite “contro-iniziatica”, che avrebbe reclutato lo stesso Bin Laden e poi il “califfo” Al-Baghdadi. Deve il suo nome alla dea egizia Hathor, cioè Iside: Isis, in inglese. Puntualmente massonica la matrice simbologica delle stragi attribuite all’Isis in Europa: dal “come in cielo così in terra” dell’attentato a Bruxelles (aeroporto e metropolitana) al bagno di sangue del Bataclan a Parigi, venerdì 13 novembre 2015.
In un altro celebre “venerdì 13”, infatti (ottobre 1307), il sovrano francese Filippo il Bello emanò l’ordine di arresto dei Templari. Una volta eletto Macron, le mattanze cessarono di colpo. In compenso, iniziarono a bruciare le cattedrali: prima Notre-Dame, poi Nantes. Le cattedrali francesi: realizzate dai massoni medievali, finanziati dai Cavalieri del Tempio. Furono colpiti essenzialmente i tetti, cioè le coperture (tradotto: la protezione). E anche stavolta nel mirino è finito un tetto: quello del Cremlino.
UN COLPO D’IMMAGINE
Come se – analogamente – fosse venuta meno la tutela protettiva di quel potere? Non in questo caso: le sofisticate difese elettroniche del quartier generale di Putin avrebbero fatto esplodere in volo i droni-killer, a pochi metri dall’impatto. Un colpo, comunque, all’inviolabilità dello Zar? Un danno d’immagine, inferto alla Federazione Russa? Una minaccia, alla vigilia della parata patriottica del 9 maggio? O addirittura una rocambolesca “false flag” russa, come alibi per iniziare a usare la mano pesante in Ucraina, con bombardamenti a tappeto?
Svariati esperti militari concordano su un punto: difficile che quei due droni possano aver superato indenni le linee russe nel Donbass. Potrebbero infatti essere decollati nelle vicinanze di Mosca. Alcuni modelli sarebbero facilmente montabili e armabili sul posto, per essere poi diretti sull’obiettivo in pochi minuti. Un vero e proprio sciame di droni, nelle scorse settimane, ha attraversato i cieli russi. Unità coperte – evidentemente infiltrate – stanno conducendo attentati: contro treni, villaggi, depositi di carburanti.
LA VERA STORIA DI RUST
L’attacco al Cremlino – sventato in extremis – potrebbe essere l’ennesimo tentativo, molto mediatico ed essenzialmente dimostrativo (vista la sua scarsa pericolosità) di testimoniare la combattività di un’Ucraina ormai allo stremo. Nonostante la poderosa assistenza della Nato, in effetti, le forze di Kiev si sarebbero ridotte al lumicino, come dimostra il “tritacarne” di Bakhmut. Lo ha appena ammesso il nuovo comandante dell’Alleanza Atlantica, generale Christopher Cavoli: la capacità militare russa è praticamente inesauribile.
Resta il giallo di quei droni sul Cremlino. Violato lo spazio aereo moscovita? Beffata la sicurezza antiaerea? Se ne parlò già all’epoca del folle volo di Mathias Rust. Ma fu lo stesso pilota tedesco a precisare: il suo piccolo velivolo non era certo sfuggito ai radar. Due diversi intercettori Mig – prima uno, poi l’altro – lo avevano affiancato minacciosamente. Solo che il comando sovietico si era rifiutato di far abbattere il Cessna. Semplicemente, l’Urss non voleva uccidere il “visitatore”.
Poi, certo, lo spericolato atterraggio sulla Piazza Rossa non fu privo di conseguenze. Gorbaciov ne approfittò per silurare il ministro della difesa e 300 ufficiali dell’aeronautica, non allineati sulle sue posizioni politiche. Mathias Rust fu arrestato e condannato a quattro anni di lavori forzati. Ricorda: polizia e Kgb lo trattarono con rispetto. Anziché in Siberia, fu detenuto a Mosca. Nel carcere di Lefortovo, il direttore (Petrenko, cognome che suona ucraino) lo trattò umanamente. E gli affiancò in cella un certo Aleksander, che gli fornì supporto psicologico. Curioso: era ucraino lo stesso Aleksander.
STING: RUSSOFOBIA ETERNA
“Spero che anche i russi amino i loro bambini”, cantava Sting nel 1985. È proprio di vecchia data, l’inquietante pregiudizio russofobico. Particolarmente ingiusto, se si pensa alla storia dell’Unione Sovietica: senza che i bolscevichi avessero mai mosso un dito contro l’Occidente, le maggiori potenze europee sostennero dal primo minuto la feroce contro-rivoluzione dell’armata bianca, costata milioni di morti. Semplicemente, non tolleravano che i russi potessero scegliere come vivere. E appena l’Urss fu libera dal pericolo interno, venne travolta dall’invasione hitleriana. Così, il conto delle vittime salì a decine di milioni.
Pane e sale: l’onore dei russi sulla Piazza Rossa. Mathias Rust, l’intruso visionario, non scontò che in minima parte la sua condanna: dopo 432 giorni fu rilasciato con un’amnistia firmata da Andrej Gromyko, presidente del Presidium del Soviet Supremo. Il giovane tedesco sperava di gettare un ponte tra Mosca e l’Occidente: così almeno aveva dichiarato. Non poteva sapere, nel 1987, che non sarebbe stata la Russia a far crollare quel ponte. Non sarebbe stato il potere russo a precipitare il pianeta nella paura e nell’orrore, di guerra in guerra, spingendolo fin sull’orlo dell’abisso.
GIORGIO CATTANEO