Dopo il lungo blocco a causa del Covid, il Museo che celebrava le vittime dell’11 settembre 2001, il cosiddetto Tribute Museum di New York City, si è trovato senza i fondi necessari per continuare le proprie attività. Il 31 agosto è stato quindi costretto a chiudere. Due terzi circa del suo sostentamento provenivano dalle entrate dovute ai circa 300 mila biglietti emessi mediamente ogni anno prima della pandemia. La chiusura per ben sei mesi consecutivi, nel 2020, non ha aiutato.
La struttura è stata dunque costretta alla chiusura, nonostante una petizione online, peraltro ben accolta dai visitatori, invocasse il contrario. Si tratta di una immensa perdita in un momento che ha sete di storia e di verità. L’11 settembre rappresenta per molti la precisa data di inizio di quella che potremmo definire come la gestione emergenziale degli eventi. Una sorta di prova generale all’insegna della quale si è poi ispirata e, per molti, anche pianificata, ogni risposta a eventi di natura non ordinaria, non ultimo il Covid. Permettere che questo Museo chiudesse è stato come dare una mano di bianco su un evento che ha cambiato il corso della storia. Ecco di seguito la traduzione di un articolo, pubblicato sul Washington Examiner, che tratta in dettaglio la chiusura del Museo.
MARTINA GIUNTOLI
Le migliaia di persone che hanno onorato per anni i loro parenti e amici caduti l’11 settembre 2001 trascorreranno il loro primo anno senza poter accedere al Museo dedicato alla tragedia dopo oltre 16 anni dalla sua apertura. Il museo che aprì nel 2006 infatti ha chiuso in maniera definitiva il giorno 31 agosto a soli 11 giorni dall’annuale celebrazione dedicata alle vittime dell’attacco, come ha riportato la co-fondatrice del museo Jennifer Adams.
Questa è considerata dai cittadini coinvolti a più titoli nell’avvenimento come una delle perdite più grandi poiché molti di loro continuano a vivere un trauma fisico ed emotivo relativo a ciò che hanno vissuto. Prendiamo ad esempio il pronto intervento che in quelle ore è stato in prima linea e i residenti che si sono mossi in prima persona per ricostruire le aree distrutte.
Per tutta questa gente il museo che è stato chiuso era una seconda casa, una casa dove trascorrere del tempo con volti amici e una casa dove i visitatori potevano ascoltare storie da voci in prima linea. Una volontaria del museo quale Joan Mastropaolo, la quale da ben 12 anni trascorreva gran parte del suo tempo libero ad accogliere gente nella struttura, ha confessato che per lei avere la struttura chiusa ha significato chiudere una parte della sua vita e della vita di molti altri che hanno continuato a tenere in piedi un’area a tutti gli effetti distrutta.
“(…)La mia storia si perderà tra i muri di questo museo e questo mi fa male. Ho ancora molto altro da dire.(…)”. (…) “Era così bello incontrare gente da tutto il mondo che aveva seguito gli eventi in TV ma che non sapeva nulla di quello che era avvenuto davvero quel giorno.(…)”. Lei ed altri testimoni che erano presenti quel giorno potevano descrivere gli odori e l’atmosfera meglio di chiunque altro.
Sia la Adams che Mastropaolo hanno confermato che mancheranno loro i bambini che corrono qua e là mentre i genitori visitano il museo, guardano le opere d’arte e parlano con i volontari.
“(…) Sono così orgogliosa del numero di bambini che riuscivamo a portare qui dentro sia che sapevano qualcosa dell’11 settembre, sia che non ne sapevano nulla perché nessuno ne voleva parlare con loro. Se ne andavano con una motivazione così profonda che faceva loro capire di aver fatto qualcosa di davvero buono per l’intera comunità dell’11 settembre(…)”.
Ciò che ha reso il Museo Tributo di NYC diverso dal memorial 9/11 a Ground Zero era non solo che che si insegnava alla gente di uno dei momenti più oscuri della storia americana, ma che si spingevano le persone ad andare avanti,
“La gente non solo imparava gli eventi accaduti il giorno 11 settembre ma apprendeva anche come avessimo ricostruito le nostre vite come tutto fosse andato inesorabilmente avanti. E poi di quante piccole fondazioni, magari portate avanti anche a livello familiare, fossero nate dall’11 settembre e ancora tenessero viva la memoria nel mondo con grande impegno.”
La maggior parte di ciò che è in mostra rimarrà al Museo dello stato di New York. Tuttavia, la stanza contenente 2.000 foto rimarrà chiusa perché la loro licenza é scaduta.
“(…)L’Organizzazione continuerà a fornire risorse on line e strumenti educatici per le scuole per fare in modo che i bambini vi abbiano accesso in qualche modo. Raccomandavano sempre agli insegnanti che l’istruzione su cosa fosse avvenuto l’11 settembre iniziasse in quarta elementare per facilitare il livello di comprensione dello studente, dato che a quell’età é anche più facile comprendere un concetto come la morte(…)”, ha detto la Adams.
“Lì dentro vi sono tutte le cose che non vorresti toccare in classe, come religione, politica, guerra, tragedia e trauma”.
Tuttavia, la chiusura del museo non impedirà all’organizzazione di continuare a educare la comunità sugli accadimenti dell’11 settembre. Si potrà comunque sempre continuare ad aggiungere testimonianze, video e storie di famiglie dell’11 settembre, dei sopravvissuti, dei soccorritori e degli operatori del pronto intervento.
“(…) Abbiamo scoperto che la storia di una persona é molto potente nei confronti degli studenti. Se la ascoltano sono in grado di elaborarla e fare domande(…)”, ha aggiunto.
Brett Eagleson, il presidente di 9/11 Advocacy Justice, ha affermato che la chiusura del museo ci dice di come in realtà il Paese si stia dimenticando dell’11 settembre.
“(…)Ricordo che questo Paese ed il mondo intero hanno giurato di non dimenticare mai(…)”, ha detto Eagleson, “(…) ma quello c he stiamo vedendo con il passare degli anni é che, lentamente, l’11 settembre sta diventando più un evento storico che non qualcosa di vissuto direttamente sulla nostra pelle e ancora fresco nelle nostre menti(…)”.
Eagleson ha affermato che l’organizzazione per la giustizia in merito all’11 settembre, proprio come altre organizzazioni più piccole e delle comunità circostanti, stanno tuttora lavorando incessantemente per garantire accuratezza e trasparenza quando si tratta di parlare di cosa avvenne il giorno 11 settembre. La chiusura del museo con all’interno storia e altre prove é una perdita tremenda, ha detto.
“Si tratta di storia, giusto? E c’è molto da imparare su come la nostra intelligence sia stata fallace in quel momento per non fermare gli avvenimenti che poi sarebbero avvenuti.”, ha continuato Eagleson, “Penso che non avere più questo museo vivo e aperto sia un danno incalcolabile per tenere viva la memoria di ciò che quel giorno é avvenuto”.
Di RACHEL SCHLIKE, via Washington Examiner, traduzione MARTINA GIUNTOLI