Come l’Ucraina, anche la Moldova mette il bavaglio ai media. Giovedì 16 dicembre 2022 ha ritirato il permesso di operare a sei canali televisivi. Ovvero, li ha chiusi.
Il motivo? Secondo la Commissione per le situazioni eccezionali – in pratica, secondo il governo – essi diffondono propaganda russa, cioè informazioni non accurate e fuorvianti a proposito della guerra in Ucraina. Tentano inoltre di manipolare l’opinione pubblica.
Tocca alle autorità stabilire quale è l’informazione accurata, e quale no? Tutto questo significa che in Moldova è entrata in vigore la censura. Così come ha fatto a proposito del bavaglio ai media in Ucraina, tace l’Unione Europea, che ha preso la Moldova sotto le sue ali protettrici prospettandole un ingresso nel blocco. Tace anche se la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea contempla espressamente, all’articolo 2, la libertà di espressione e di informazione senza ingerenze da parte delle autorità pubbliche.
Dato che qui è in ballo il modo in cui i canali televisivi moldavi hanno trattato la guerra in Ucraina, il silenzio è un ulteriore indizio della trasformazione dell’Unione Europea nella testa di cuoio dell’atlantismo anti-russo. Ma non solo. C’entra anche il fatto che, con lo scoppio della guerra in Ucraina, la Moldova è sempre meno una repubblica parlamentare e sempre più un’autocrazia, come ha rilevato meno di un mese fa un’organizzazione svizzera per i diritti umani.
Infatti quattro dei sei canali televisivi chiusi sono legati ad un partito d’opposizione, il Partito socialista. Quest’ultimo è guidato di fatto dall’ex presidente filo-russo Dodon. I titolari di questi canali quattro hanno cittadinanza russa. Gli altri due canali chiusi, secondo le autorità moldave, sono legate ad un oligarca filo-russo espatriato. Egli, dicono sempre le autorità, paga la gente per protestare in Moldova contro il governo.
Può anche darsi che chi protesta in Moldova sia pagato per farlo. Sicuramente però esistono ottimi motivi per protestare e per opporsi assolutamente gratis al governo attualmente in carica.
La Moldova è un Paese poverissimo. Le statistiche 2020 le attribuiscono un reddito annuo pro capite inferiore ai 3.000 dollari. L’inflazione quest’anno supera il 30%. Il riscaldamento domestico – se lo si accende – assorbe il 65% dei magri introiti. Si tratta di un effetto collaterale delle sanzioni belliche contro la Russia istituite dall’UE e dall’Occidente.
E dunque chi in Europa non sostiene un governo atlantista anche a fronte di una situazione economica oggettivamente pessima va incontro al bavaglio. Se si gratta appena un po’ oltre la superficie, è questo il significato della chiusura di sei canali televisivi in Moldova.
GIULIA BURGAZZI