Mentre in Italia si continua a parlare di mascherine obbligatorie o fortemente raccomandate, rimandando all’infinito la loro definitiva abolizione, e lasciando comunque nella popolazione l’idea che indossare i dispositivi H24 protegga per sempre e meglio dal Covid, ritorna il Far West all’italiana in attesa di una decisione ufficiale sull’argomento.

Era previsto per ieri da Roma un nuovo eventuale provvedimento che interrompesse definitivamente oppure prolungasse ancora la lenta agonia del dispositivo di protezione personale divenuto a ragion vedura il più odiato dagli italiani.

Tuttavia, ad oggi non conosciamo se il Consiglio dei Ministri si sia riunito (o almeno vi é divergenza sulla questione) e con quale esito, e quindi sono i quotidiani, in assenza dei titolari a supplire alla cattedra. “Tutti liberi”, dicono alcuni, “Tutto prorogato”, affermano altri. E con 35° C all’ombra del doman della mascherina non v’é certezza, avrebbe apostrofato oggi Giacomo Leopardi.

E lo scenario riporta a galla diverse questioni, tutte di estrema importanza.

Prima di tutto, come già detto, il fatto che in Italia, in assenza di direttive dai ministeri, siano i titoli dei giornali a far da gazzetta ufficiale é cosa quanto meno singolare.

Secondo: siamo ormai davvero gli unici al mondo a dover fare ancora i conti con questa restrizione, non importa se con temperature sahariane, l’Italia é capofila anche in questo. Vi sono benefici o solo seccature?

E cosa ancora più importante, quanto scandalosa, ad oggi non solo vi sono studi che mostrano l’insensatezza della misura restrittiva della mascherina, ma adesso ve ne sono alcuni che invece dimostrano come le mascherine addirittura aumentino la mortalità.

E il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ironia della sorte risultato anche positivo al Sars-Cov2 nei giorni scorsi, non dovrebbe non tenerne conto. Anzi sarebbe suo preciso compito, o del suo staff, conoscere gli studi ed aggiornare le direttive di conseguenza.

Uno degli studi di cui abbiamo anticipato é quello del dottor Zacharias Foegen, un medico tedesco che ha indagato l’effetto del dispositivo non tanto sul contagio, quindi della diffusione della malattia, quanto sulla mortalità in coloro che lo indossavano in maniera continuativa, poco importa se per imposizione o per scelta.

Per far questo ha ristretto il suo campione d’analisi al Kansas, dividendo la popolazione in due gruppi: coloro che abitavano in contee dove la mascherina era obbligatoria e coloro che invece abitavano in contee dove non vi era obbligo di sorta.

Ha poi comparato i due gruppi analizzando il CFR (Case Fatality Rate), ovvero ha verificato  se l’obbligo di dispositivo influenzasse in qualche modo il tasso di mortalità da malattia Covid 19, e non, come avevano invece fatto gran parte degli studi precedenti, se l’uso della mascherina impedisse o limitasse il contagio.

Il motivo per cui la ricerca del dottor Foegen percorre una strada diversa rispetto a quella dei suoi colleghi é lui stesso a spiegarlo in maniera molto dettagliata:

“(…)Gli studi effettuati sull’efficacia delle mascherine nel fermare o limitare la diffusione dell’infezione da Sars-Cov2 sono inconcludenti: mentre ad esempio uno studio condotto in Kansas, USA, ha mostrato un rallentamento nel numero dei contagi, uno studio condotto in Danimarca ha mostrato esattamente l’opposto, ovvero che non vi era alcuna differenza tra indossare o meno i dispositivi di protezione. Ma siccome la domanda da chiedersi non é –quante infezioni possiamo prevenire?– bensì –quante vite possiamo salvare?– ho scelto un approccio diverso(…)”.

Il medico spiega anche il motivo della scelta del suo campione, ovvero il Kansas. Foegen stesso racconta che :

“(…)Lo stato del Kansas nell’estate del 2020 ha emanato un decreto che obbligava i suoi oltre 2.8 milioni di residenti ad indossare la mascherina, ma cosa davvero rara, ha permesso alle 105 contee facenti parte lo stato di scegliere se adeguarsi all’obbligo oppure no(…)”.

La raccolta dei dati e quindi il range temporale da analizzare era tra l’altro circoscritto ed andava dal 1° agosto 2020 al 15 ottobre 2020 e in qualche modo anche questo era abbastanza lungo ma non troppo per avere risultati apprezzabili senza dover farsi strada in una enorme mole di numeri.

Quello che Foegen scopre é sconvolgente. Nelle contee in cui si é osservato l’obbligo di mascherina, il tasso di mortalità era sensibilmente più alto rispetto all’altro gruppo di contee prese in esame, ovvero il 50% in più secondo le sue stime.

Il medico formula un’ipotesi assolutamente verosimile per giustificare questi dati.

Le goccioline contenenti virioni ed emesse dai soggetti con un colpo di tosse o con la normale respirazione di fatto rimanevano intrappolate nella mascherina che fungeva da “purificatore” separando i virioni dalla componente umida.

I virioni puri quindi  venivano poi inalati nuovamente alla successiva inspirazione del soggetto e, data la loro grandezza infinitesimale, finivano non nei bronchi bensì nei polmoni, e negli alveoli, causando le forme più gravi della malattia.

Il medico aggiunge inoltre a conclusione dello studio che all’aumentare della categoria della mascherina, tipo FFP2, oppure addirittura FFP3, gli effetti erano ancora più conclamati.

Ci domandiamo a questo punto e alla luce di queste chiare conclusioni, che senso abbia ad oggi continuare la tarantella italiana della mascherina, ma non solo.

Quante vite avremmo potuto salvare se invece di certe direttive “rieducative” avessimo seguito la scienza, la scienza sperimentale, quella che come ultimamente sempre più scienziati ci raccontano, si interfaccia con la realtà e conta la gente vera invece di stare ad un computer.

MARTINA GIUNTOLI

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