Sta addensandosi la minaccia di un’escalation nel Mar Nero, con un qualche tipo di intervento della Nato presentato come derivante dalla necessità di difendere le navi mercantili dell’Ucraina. Potrebbe essere questa l’evoluzione del ritiro della Russia dal cosiddetto accordo sul grano. Consentiva all’Ucraina di esportare prodotti agricoli, nonostante la guerra, attraverso i suoi porti sul Mar Nero.

L’ACCORDO DEL MAR NERO

L’accordo è scaduto il 17 luglio 2023. In teoria, prevedeva l’esportazione sicura anche di prodotti agricoli e fertilizzanti russi. Questo, dice la Russia, non è mai accaduto, perché le sanzioni occidentali causano ostacoli insormontabili relativi a logistica e pagamenti. Donde il mancato rinnovo.

Di conseguenza, la Russia ha fatto sapere che considera un suo obiettivo militare legittimo le navi mercantili diretti ai porti dell’Ucraina, in quanto potrebbero essere cariche di forniture belliche. A sua volta, l’Ucraina considera obiettivo militare legittimo le navi dirette verso i porti russi.

Ora davanti alle coste dell’Ucraina non c’è il benché minimo traffico perché le società di assicurazione rifiutano di coprire i rischi. Si può controllare la situazione attraverso il sito Marine Traffic. Ma la situazione potrebbe cambiare presto. Infatti le pedine della potenziale battaglia navale sul Mar Nero stanno già disponendosi sulla scacchiera geopolitica.

GLI SCENARI SUL MAR NERO

L’Ucraina ha cominciato a lavorare alla possibilità di tracciare la rotta delle sue navi mercantili attraverso le acque di Romania e Bulgaria, due Paesi aderenti alla Nato. Si parla anche dell’intervento di un fondo statale per coprire i rischi abitualmente demandati alle polizze assicurative. Inoltre il presidente Zelensky ha chiesto ed ottenuto dal segretario della Nato, Stoltenberg, di discutere la situazione. L’incontro si svolgerà mercoledì 26 luglio 2023.

E ora, immaginiamo gli sviluppi potenziali. Ucraina, Nato, Romania, Bulgaria si accordano per far passare le navi ucraine nelle acque degli ultimi due Paesi. Qualche armatore decide di fidarsi del fondo statale ucraino per la copertura dei rischi e manda navi a caricare prodotti agricoli ucraini. Magari non nel porto di Odessa, il più importante, in questi giorni ripetutamente colpito dai bombardamenti russi: ce ne sono anche altri, compreso quello di Kilija, un porto fluviale sul delta del Danubio e vicinissimo alla Romania, il cui territorio comincia sulla sponda opposta del fiume.

IL RUOLO DI RUSSIA E NATO

Cosa farà la Russia se una nave navigherà verso un porto dell’Ucraina attraversando acque bulgare o rumene? Aveva detto che l’avrebbe considerata un bersaglio legittimo. Si rimangerà tutto? Cercherà di bloccarla?

In questo secondo caso, un’azione in qualche modo ostile – non necessariamente un bombardamento – avrebbe luogo all’interno dell’area Nato. Quest’ultima, verosimilmente, adotterebbe contromisure. Probabilmente non invocherebbe il famoso articolo 5, quello in base al quale l’attacco ad un Paese Nato equivale ad un attacco contro tutti i Paesi Nato. Finora infatti l’Occidente è stato ben attendo ad evitare il confronto diretto con la Russia e a gestire il conflitto solo per interposta Ucraina. Però si produrrebbe una situazione rischiosa e foriera di escalation: il blocco di Bosforo e Dardanelli alle navi russe?

Del resto, l’offensiva ucraina è impantanata e l’Occidente deve scegliere se allargare o congelare la guerra in Ucraina. Al recente vertice Nato di Vilnius si è visto di tutto: ma non si sono visti indizi di congelamento.

GIULIA BURGAZZI

 

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