E adesso prendete nota, dice la voce: d’ora in poi, non avrete altra preoccupazione che questa. Era l’alba del 2020, la notizia era targata Wuhan. Che grazioso nome esotico: di quelli destinati a essere dimenticati? No, bambini. Faceva parte dell’agenda, fin dall’inizio. L’agenda ha un’impronta superiore, quasi sublime, concepita da menti raffinate. Sembra qualcosa di addirittura metafisico, di cui noi comuni mortali vedremo solo i lampi della fenomenologia, una volta che – platonicamente – avrà lasciato il Mondo delle Idee per incarnarsi quaggiù.

L’agenda, capite? Tremare a comando. Bene. E quanto potrà durare, la storia di Wuhan? Un paio d’anni? Ok. E dopo? Dunque, vediamo. Suggerimenti? Vedi alla lettera G: guerra. Sì, la guerra va sempre fortissimo: odiare a comando. Tutto sta nel rimescolare le carte, nel baule disonesto della paura, in modo che non si scopra mai che gli sceneggiatori sono sempre gli stessi. Guai se il pubblico smettesse di farsela dettare, l’agenda. Sarebbe come sfrattare il guitto che si agita sul palco, calamitando l’attenzione. Metterlo alla porta e dirgli: adesso vai, sparisci. Non fai più nemmeno ridere.

DAL COVID ALLA GUERRA, STESSI SCENEGGIATORI

C’era un tizio che le avvistava da lontano, le agende: si chiamava Leonardo Sciascia. La sua era una delle voci che conferivano imprevedibilità e autorevolezza a un’Italia oggi impensabile e introvabile, nella discarica occidentale degli ultimi decenni. Sempre disallineato, Sciascia. Allergico a qualsiasi coro. Capace di scandagliare tempestivamente anche il buio più fitto: dalla fine di Moro alla misteriosa sparizione di Majorana. Nel romanzo-capolavoro “Il Consiglio d’Egitto”, mette in scena una spettacolare impostura: ordita da un oscuro scrivano di corte, per far credere che fosse illegittima la proprietà dei latifondi siciliani.

Tutto nasce da una geniale falsificazione. La pergamena araba tradotta dallo scrivano non parla affatto dell’eredità dinastica terriera: è solo una delle tante Vite del Profeta circolanti all’epoca. Dettaglio: lo scrivano è maltese. Come dire: mai fidarsi troppo di chi proviene da quell’isola di antichi cavalieri, oggi emblema della longa manus straniera (inglese) sulle tormentate vicende del Belpaese. Ma soprattutto, spicca il suo nome: il falsario è l’Abate Vella. Gioco di specchi: sembra il clone – capovolto, però – dell’umanista Lorenzo Valla, che in pieno Rinascimento smascherò gli autori di un’impostura, storica, di ben altra portata.

FALSIFICARE IL PASSATO: LA LEZIONE DI SCIASCIA

Sarebbe stato proprio quel documento, scritto a posteriori in un latinorum approssimativo, a permettere alla curia romana di legittimare il proprio formidabile potere temporale. Era bastato “fabbricarlo”, l’inesistente Lascito di Costantino, per far credere che fosse stato l’imperatore stesso, per sua volontà, a cedere alla nascente Chiesa la potestà sui territori? Sottile perfidia dell’ultra-laico Sciascia: l’allusione alla manipolazione religiosa sembra rafforzata dalla comparsa, sullo sfondo del romanzo, di uno dei grandi fondatori di religioni (Maometto).

Di quante agende è figlia, la nostra storia? Domanda oziosa, probabilmente. Per gli ebrei ortodossi, non siamo affatto nel 2023: secondo loro, viviamo nell’anno 5783. Uno studioso italiano, Riccardo Magnani, autore di spiazzanti ricerche su Leonardo da Vinci, sostiene – in modo ben argomentato – che non solo Cristoforo Colombo non avrebbe mai “scoperto l’America”, ma addirittura non sarebbe neppure esistito. Sarebbe stato, anch’esso, una brillante creazione della medesima “agenzia” romana che aveva inventato il Lascito di Costantino.

LA VERA STORIA DI CRISTOFORO COLOMBO

Il movente della presunta “invenzione” di Colombo? Ufficializzare l’esistenza del Nuovo Mondo, per poterlo conquistare e depredare. Soprattutto: era urgente spezzare l’alleanza sotterranea tra gli amerindi e le signorie italiane, che sulle coste americane approdavano da decenni. Lo dimostrerebbero tanti dipinti rinascimentali, tra cui quelli che a Firenze – come comprovato dagli astronomi – illustrano la mappa del cielo visibile solo dall’America il 4 luglio. La festa nazionale degli Usa sarebbe quindi anche la ricorrenza del primo sbarco fiorentino sulla East Coast, mezzo secolo prima della spedizione convenzionale di Colombo.

Favole? Il problema, semmai, è la ridondanza di esternazioni convergenti. Tutte emerse in questi ultimi anni, anche grazie alla nuova editoria indipendente. Come se si fosse rotto un Vaso di Pandora, pieno di segreti. Lo scozzese Graham Hancock, autore di bestseller internazionali, è solo il caposcuola di una corrente ormai vasta. La tesi: la nostra stessa storia è interamente da riscrivere. Indizi? A tonnellate. Scaffali pieni. Di libri e anche di faldoni giudiziari: come quelli che, negli Usa, motivano la condanna della Smithsonian Institution, cui fanno capo decine di musei importanti. L’accusa: aver occultato e distrutto migliaia di reperti archeologici. Erano così scomodi, per la verità ufficiale?

ARCHEOLOGIA E UFO, LA FABBRICA DELLE FRODI

Parallelismi obbligatori: quella che abbiamo sotto gli occhi, oggi, è una narrazione che frana. La versione del mainstream fa acqua da tutte le parti. Reticenze e volgari menzogne: il cocktail quotidiano dei grandi media suscita indignazione. Passo indietro: chi conduce studi sul nostro passato sta forse cercando di avvertirci che le cose, probabilmente, sono sempre andate così? Qualcuno ha puntualmente inventato il suo immaginario Consiglio d’Egitto? Tocca ammetterlo: non s’era mai vista una tale messe di rivelazioni, tutte insieme, su ogni ambito del nostro vivere (di oggi e di ieri). Quello che pare emergere è il prevalere dell’agenda: una mano invisibile stabilisce immancabilmente che cosa dovremmo credere vero.

Per contro, se vogliamo, è piena di riflessi condizionati la stessa contro-agenda dell’informazione indipendente, costretta a rincorrere la narrazione dominante per rilevarne le frodi. Il minimo che possa capitare, un bel giorno, è che il cielo all’improvviso si popoli di dischi volanti: presenza ieri negata e oggi evocata. Dall’alto continuano a piovere certezze a orologeria (positive o negative, non importa), quando invece gli studiosi si interrogano tuttora sulla reale entità dell’universo e sull’origine dell’uomo. Grondano simboli, figli di archetipi: siamo sempre nella caverna di Platone, magari truccata da Festival di Sanremo o da guerra in Ucraina? Chissà cosa ne penserebbe, il grande Sciascia. Lui sì, un alieno vero.

GIORGIO CATTANEO

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