Sono in arrivo le regole per l’economia di guerra nell’Unione Europea. Nella versione attuale, ancora provvisoria, attribuiscono alla Commissione Europea il compito di pianificare a livello centrale molti aspetti dell’economia. Arriverebbe ad avere i pieni poteri, o quasi. La Commissione Europea non è un organo elettivo e il suo operato non è soggetto al giudizio degli elettori.

La bozza delle regole per l’economia di guerra, teoricamente segreta, è stata rivelata dalla testata economica Bloomberg. Deve ancora affrontare il complesso iter legislativo verso l’approvazione, che di solito comporta cambiamenti anche sostanziali del testo.

Le regole che la bozza prevede  andrebbero applicate durante qualsiasi emergenza, comprese instabilità geopolitica, cambiamenti climatici e disastri naturali. Con un minimo di buona volontà, si potrebbero far ricadere entro questa ampia definizione tutte le possibili circostanze: le regole rimarrebbero in vigore praticamente sempre.

In caso di emergenza, la Commissione Europea avrebbe il potere di ordinare alle aziende di dare la precedenza ai beni e ai prodotti “pertinenti alla crisi” e destinati a rimanere nell’Unione Europea. Casomai le aziende non eseguissero prontamente, verrebbero multarle di un importo pari all’1,5% del fatturato medio giornaliero per ogni giorno di ritardo.

Sia la Commissione Europea sia gli Stati membri, sempre secondo la bozza, durante le emergenze avrebbero il compito di tenere sotto controllo la catena degli approvvigionamenti per impedire carenze. Multe fino a 300.000 euro alle aziende che, a questo proposito, fornissero informazioni false.

Su richiesta di almeno 14 dei 27 Stati membri, la Commissione Europea potrebbe ordinare a tutti gli Stati di accumulare scorte di determinati prodotti. Su richiesta di due soli Stati membri, potrebbe negoziare forniture di prodotti  destinati all’intera Unione Europea. In questo caso, agli Stati non verrebbe concesso di approvvigionarsi in altro modo.

Nella bozza si legge che la Commissione Europea negozierebbe queste forniture sulla base del ruolo che ha svolto per l’approvvigionamento dei vaccini Covid. Per la cronaca, i contratti dei vaccini Covid sono segreti; il pagamento è a carico degli Stati; la Commissione Europea ha acquistato 4,2 miliardi di dosi per i 447 milioni di abitanti dell’UE: cosa che non ha mancato di suscitare ribellioni perfino nelle ovattate stanze di Bruxelles.

Non solo. La Commissione Europea in caso di emergenza avrebbe anche un altro potere. Potrebbe cioè vietare agli Stati membri di impedire l’esportazione verso altri Stati UE dei beni che si rivelassero di importanza cruciale.

Se questa proposta diventasse rapidamente legge, si rivelerebbe una solenne fregatura per il gas dell’Italia. Ora gli stoccaggi italiani sono pieni all’84% circa. In caso di crisi del gas e di approvvigionamenti interrotti, gli stoccaggi non basterebbero per superare l’inverno ma almeno consentirebbero di tirare avanti per quattro settimane.

Gli stoccaggi degli Stati UE non sono tutti pieni allo stesso modo. Quelli lettoni, ad esempio, in questo momento sono a quota 49,9%. Senza contare la Germania, che ha sì gli stoccaggi pieni ma che già ora subisce l’interruzione pressoché totale delle forniture in seguito al blocco a tempo indeterminato del gasdotto Nord Stream.

Le attuali regole UE per la solidarietà fra Stati in caso di crisi del gas non sono rigide e vincolanti. Ma se la Commissione Europea assumesse i pieni poteri, o quasi, in caso di emergenza gas avrebbe la facoltà concreta di imporre all’Italia l’esportazione del gas contenuto negli stoccaggi italiani.

GIULIA BURGAZZI

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