“Una volta Menzogna e Verità andavano insieme in giro e Menzogna era estremamente invidiosa di Verità che era bellissima ed indossava un abito stupendo. Menzogna allora propose a Verità di fare il bagno e le due si immersero nell’acqua. Ma Menzogna, che voleva solo ingannare Verità, rubò l’abito di Verità, la quale provò a cercare altri abiti con cui coprirsi, ma ricevette soltanto grasse risate da coloro che la vedevano correre in giro nuda. Verità che si vergognava tantissimo non resistette e si nascose in fondo ad un pozzo. Da quel momento Menzogna va in giro a coprirsi con gli abiti di Verità, ingannando gli uomini, mentre Verità é rimasta in fondo ad un pozzo e di lei non si sa più niente.”    

                                                                                                                                                                                     Democrito

Tutti bravi e ligi nel commemorare Capaci e le altre stragi di mafia in giro per i social, finché poi arriva qualcuno che fa sul serio e fa quello che i giornalisti d’inchiesta dovrebbero fare, ovvero squarciare il velo di ipocrisia, investigare e servire il mondo dell’informazione con il loro contributo di verità. E allora tutto si ferma. Sembra incredibile, ma a distanza di 30 anni chi ancora si fa domande sulla morte di magistrati come Giuseppe Falcone o Paolo Borsellino e non accetta passivamente le ombre che lo Stato e il tempo hanno depositato sulle carte, deve essere zittito o indagato.

Questa volta la perquisizione su decretazione della magistratura di Caltanissetta arriva a casa di Paolo Mondani e della redazione di Report, dopo che la stessa trasmissione era già stata oggetto di violenti attacchi in seguito alla puntata dedicata ai vaccini dello scorso novembre 2021.  Andiamo con ordine. Tutto comincia questa volta il 23 maggio, con una puntata speciale, durante la quale si fanno prepotentemente strada nuovi spunti investigativi che probabilmente possono far luce, se confermati, su colpevoli e mandanti della strage di Capaci e di via D’Amelio. Dalle interviste condotte da Mondani, in realtà poi si vedrà come questi elementi fossero ben chiari anche prima, ma che rimasero negligentemente lettera morta.

Fu lo stesso Giovanni Falcone a dichiarare in commissione antimafia (come si legge in verbali da poco desecretati) appena qualche anno prima che fosse ucciso,  “forse sarebbe il caso di rileggere la storia italiana e degli omicidi eccellenti come quello di Mattarella, poiché non credo che sia stata solo opera della mafia”. Ed infatti, Falcone, poco prima di quel 23 maggio 1992 era proprio questo che stava indagando e che lasciò in sospeso nei suoi verbali colpevolmente dimenticati, ovvero il ruolo della P2, di Gladio, dei servizi segreti, della destra eversiva e della massoneria deviata all’interno anche degli omicidi di mafia.

Paolo Mondani, il giornalista di Ranucci, quindi punta la sua attenzione sui personaggi della destra eversiva e sulla possibile correlazione tra questi, in particolare di Stefano delle Chiaie, e la strage di Capaci.  Stefano delle Chiaie, é bene ricordarlo, invischiato nel golpe Borghese, indagato e poi prosciolto tra le altre cose anche per la strage di Bologna, non era solo il capo di Avanguardia Nazionale, ma, come appare dal servizio di Report, era anche molto vicino a personaggi chiaramente legati all’ambito mafioso.

Vinciguerra, amico di Stefano delle Chiaie e anch’egli esponente di Avanguardia Nazionale, oggi in galera per essere stato ritenuto colpevole di strage, al microfono di Mondani fa un’affermazione bomba. Il Vinciguerra dichiara “La destra eversiva non é mai stata di opposizione allo Stato, quanto di appoggio allo stato, poiché faceva quello che lo Stato direttamente non poteva fare. (…) Inoltre, il rapporto tra destra eversiva e organizzazioni criminali é stato costante e capillare, ma era cosa risaputa.(…) Avanguardia Nazionale era in possesso di una mole enorme di informazioni, e le informazioni di cui avevamo bisogno ce le passavano direttamente i servizi segreti“. 

E Mondani continua, spostando l’obiettivo sui rapporti tra mafia e Delle Chiaie.

A questo punto viene fuori anche Maria Romeo, l’ex compagna di Lo Cicero, autista e guardia del corpo del boss Mariano Tullio Troia, la quale dichiara: “Alberto (Lo Cicero) fece un sopralluogo con Stefano delle Chiaie proprio nei pressi di un tunnel a Capaci, tunnel dove poi hanno messo la bomba. Alberto riteneva che Stefano fosse l’aggancio tra stato e mafia.” Poco tempo dopo anche Paolo Borsellino, il quale stava indagando sulla morte del collega e amico Giovanni Falcone, fu messo al corrente dallo stesso Lo Cicero della presenza di Stefano delle Chiaie sulla scena di Capaci, e sarebbe nuovamente la Romeo a confermarlo ai microfoni di Paolo Mondani, con una sicurezza disarmante. “C’ero anche io seduta fuori mentre i due parlavano, lo so con certezza“, dichiara la donna.

La puntata di Report va avanti ancora a lungo individuando altri possibili collegamenti tra vari elementi e ponendo altre domande sia alla magistratura e al pubblico, per la visione della quale vi rimandiamo alla versione intera.

Ma c’é da chiedersi quale tipo di messaggio le istituzioni e la magistratura abbiano voluto mandare nel mettere sotto sequestro i locali di chi questi servizi li ha fatti, ovvero Paolo Mondani e l’intera redazione di Report, e di chi ha messo in dubbio la versione ufficiale. Andare alla ricerca di informazioni che sono coperte dal segreto giornalistico é stato letto da molti come l’ennesimo atto intimidatorio volto alla copertura della verità seppur dopo così tanti anni, come si legge in numerosissimi commenti anche di personaggi illustri sui social.

Il Sindacato dei Giornalisti della Rai, l’USIGrai, ha denunciato profondo sdegno in seguito alle perquisizioni subite, anche in virtù del fatto che ricorda nel comunicato come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo abbia in più occasioni chiarito come atti uguali a quelli subiti da Report, fosse anche il caso di pubblicazione di notizie su inchieste giudiziarie in corso, rappresentano una chiara violazione della libertà di espressione.

E’ di oggi tuttavia la notizia che il decreto di perquisizione é stato infine ritirato dalla DDA di Caltanissetta, riconoscendo l’inviolabilità del materiale e delle fonti giornalistiche, nonché il diritto alla libertà di espressione quale cardine di un paese libero, quale l’Italia si definisce.

Dopo 30 anni quindi é la verità o il silenzio che si cerca sulle stragi italiane? Perché se é la verità che si vuole, non se n’è mai andata. E’ rimasta in fondo al pozzo, ad attendere paziente che qualcuno le restituisse i suoi abiti per uscire allo scoperto.

MARTINA GIUNTOLI

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