Il difetto sta nel manico: sta nei meccanismi di formazione dei prezzi benedetti dall’Unione Europea. Altro che le accise sulla benzina. Eppure si parla sempre e solo di accise, descrivendole come la principale causa dei salassi terrificanti cui si sottopongono gli automobilisti quando fanno il pieno. Assecondando questa narrativa, il Governo si accinge a tagliare di 15 centesimi al litro le accise sulla benzina nell’ambito del decreto per contrastare i folli rincari di gas e carburante.
Le accise esistono, certo, e pesano: così come gli oneri di sistema e i balzelli affini esistono e pesano sulle bollette del gas e della luce. Però in realtà è la turbofinanza a dettare i prezzi dei carburanti e dei gas. E ai prezzi del gas, come è noto, sono legati anche i prezzi dell’energia elettrica.
Accise e oneri si sommano alla turbofinanza: se non si interviene su quest’ultima, la riduzione dei balzelli governativi non può che portare a benefici limitati e soprattutto non strutturali.
Il prezzo della benzina, infatti, non discende direttamente da quello del petrolio. Si definisce sulla piattaforma dell’agenzia Platt, con sede a Londra. Su di essa operano i principali fondi speculativi. Scommettono sui prezzi dell’indomani. In tempo di guerra, ovvio che scommettano sul rialzo. E le scommesse dei fondi speculativi sono spesso auto avveranti.
Su questo, nessuno dice una parola. E’ il mercato, bellezza! Quel mercato che piace così tanto all’Unione Europea da impedire agli Stati di imbrigliarlo.
Ancor peggio per il gas. Qui anzi l’Unione Europea ha espressamente puntato sulla volatilità del mercato, ritenendo che in essa risieda la garanzia di ottenere il prezzo più basso possibile. E i risultati li vediamo…
Pur non avendoli vietati, la Commissione Europea avversa da lunghi anni i contratti di lungo periodo per il gas, che costituiscono un elemento di stabilità dei prezzi. Preferisce quelli brevi e basati sul prezzo del giorno. Il prezzo del giorno, a sua volta, in Europa si forma principalmente sul TTF di Amsterdam: non discende direttamente dal prezzo nudo e crudo del gas, così come il prezzo della benzina non discende direttamente da quello del petrolio.
Il TFF è un luogo di compravendita, e ogni vendita presuppone prezzi maggiorati per creare guadagno. Ma non solo. Anche qui incide la speculazione finanziaria: vari fondi scommettono sul prezzo del giorno dopo. Come nel caso del carburante: scommesse al rialzo in tempo di guerra; profezie auto avveranti.
Per inciso, in questo mese di marzo sono esposti sul TTF di Amsterdam 218 soggetti finanziari, di cui 164 apertamente speculativi, mentre i soggetti commerciali sono solo 134.
Peraltro, nell’UE esistono ancora contratti di lungo periodo per il gas. La Russia continua ad onorarli e, per ora, ci tengono a galla. Il contenuto di questi contratti, le clausole, i prezzi sono fra i segreti meglio custoditi. In ogni caso, ovviamente e logicamente i prezzi sono ben più bassi di quelli – mai visti prima – che si formano ora sul TFF. Ciò non di meno, i prezzi del TFF costituiscono il punto di riferimento anche per le cifre alle quali il gas dei contratti fissi passa successivamente di mano. Gli speculatori ringraziano e ingrassano. I cittadini pagano.
Se non si incide su questi meccanismo di formazione dei prezzi, qualsiasi intervento su accise della benzina o su oneri di sistema per gas e luce serve a poco. Semmai un momentaneo, piccolo sollievo: nulla più.
Comunque il governo ha avuto un’idea che verrà riversata, pare, nel nascituro decreto per contrastare i rincari. Si tratta di mettere un tetto massimo sul prezzo del gas importato in Italia. L’idea piace anche alla UE. Tuttavia c’è un piccolo, piccolissimo particolare.
Per via delle sanzioni alla Russia, il gas nell’UE è scarso. LaVon der Leyen, tenuta per mano da papà Biden, è già andata giro per il mondo a cercare gas col cappello in mano. Idem il ministro degli Esteri italiano. La scarsità si accentua ulteriormente nella prospettiva, abbracciata dalla UE, di fare velocemente a meno del gas russo che ancora arriva. Ovvero: l’UE, per sua scelta, ha l’acqua alla gola.
Visto che l’UE ha l’acqua alla gola, quale fornitore nell’orbe terracqueo intero sarà disposto ad accettare un prezzo massimo per per venderle gas all’ingrosso? E anche se mai questo fornitore esistesse, tanto poi il TFF di Amsterdam interverrebbe sul prezzo all’ingrosso con le sue speculazioni. Ma il coro unanime se la prende solo con oneri di sistema e accise.
GIULIA BURGAZZI
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