La Tunisia manda a quel paese il “salvataggio” da parte del Fondo monetario internazionale (Fmi) e pianifica di unirsi ai Brics. Lo Stato nordafricano sta attraversando una grave crisi economica e avrebbe ricevuto 1,9 miliardi di dollari, da parte del Fmi, in cambio delle solite riforme neoliberistiche che impoveriscono ulteriormente chi già è povero.
Ma il presidente Kais Saied il 6 aprile 2023 ha espresso il rifiuto con parole decisamente nette: la Tunisia non è in vendita, no alle ingerenze straniere, eccetera. Reuters scrive che, secondo le agenzie di rating, senza i soldi del Fmi la Tunisia rischia il default, cioè l’insolvenza. Reuters non spiega in quale modo la Tunisia pensa ora di cavarsela: come se non ci fosse alternativa al Fmi e alle sue regole.
LA TUNISIA VUOLE UNIRSI AI BRICS
Si può però provare ad indovinarlo. Il principale indizio consiste nel fatto che la Tunisia intende unirsi ai Brics, l’organizzazione intergovernativa formata da Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa: negli ultimi mesi c’è la coda per entrare. I Brics sono impermeabili alle sanzioni che l’Occidente ha istituito contro la Russia. Costituiscono di fatto l’alternativa multipolare al G7 (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Giappone, Italia, Canada; più l’Unione Europea) e al dollaro, ovvero ad una globalizzazione sulla quale regnano gli Stati Uniti.
Di conseguenza, verosimilmente la Tunisia pensa di risolvere i suoi problemi facendo affidamento sulla cosiddetta banca dei Brics – in realtà la New development bank – di cui è appena diventata presidente Dilma Rousseff. È stata per due volte presidente del Brasile e in questa veste, dice la nota con cui la banca annuncia la sua nomina, ha lottato contro la povertà e a favore del multilateralismo.
In sostanza, il no della Tunisia al Fmi è un no all’Occidente. Chi mai, solo un paio di anni fa, avrebbe immaginato che un Paese così piccolo e povero avrebbe potuto pronunciarlo? Il punto però è che l’Occidente sembra incamminato verso il viale del tramonto economico, mentre i Brics sono complessivamente in crescita. A parità di potere d’acquisto, nel 1982 i G7 esprimevano il 50,42% del Pil mondiale; nel 2022, il 30,39%. Simmetricamente, nel 1982 i Brics rappresentavano il 10,66% del Pil mondiale; nel 2022, il 31,59%.
IL NO AL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
La Tunisia aveva raggiunto nell’autunno 2022 l’accordo di massima con il Fondo monetario internazionale che ora il presidente Kais Saied ha rifiutato. Prevedeva un prestito di 1,9 miliardi di dollari. E in cambio? Aumento delle tasse, diminuzione dei salari, eliminazione dei sussidi pubblici, riforme strutturali per favorire la competizione economica ed attirare investitori stranieri. Il solito bacio della morte, insomma.
Ora può darsi che il Fondo monetario internazionale abbassi un po’ le sue richieste: magari non per salvare la Tunisia, ma per salvare almeno chi le ha prestato dei soldi. Ha infatti fatto sapere che la faccenda del prestito non è chiusa.
Anche uno “sconto” sulle pretese del Fmi sarebbe una sconfitta ed un segnale di debolezza dello stesso Fmi. Al momento però non ci sono segnali di apprezzamento della Tunisia in proposito.
GIULIA BURGAZZI