
La parodia di rivoluzione permanente cara ai globalisti
Il sesto volume del nostro mensile “Visione. Un altro sguardo sul mondo” si apre col consueto editoriale di Francesco Toscano che ripercorre in maniera puntuale cosa è divenuto il sogno della rivoluzione nella mani degli oligarchi.
Quando il sistema di potere dominante diventa indegno agli occhi di gran parte della popolazione, cresce nei meandri profondi della società il desiderio di “rivoluzione”. La rivoluzione, anche sul piano strettamente simbolico, è bisogno di palingenesi e di cambiamento; è ribaltamento di prassi, consuetudini, metodi e dinamiche che nessuno intende più riconoscere come valide e legittime. Spesso, erroneamente, si tende a credere che le rivoluzioni siano figlie del disagio materiale, della povertà imperante, della sclerotizzazione di una gerarchia sociale ingiusta. Può darsi che queste componenti aiutino o, in un certo senso, accelerino un latente desiderio rivoluzionario, ma certamente non bastano. La Storia ci dimostra che il sapere – non la fame – è padre di ogni tentativo di ribaltare i rapporti di forza.
Nell’immaginario collettivo la rivoluzione per eccellenza è quella francese, capace di abbattere il decadente Ancien Régime al grido di Liberté, Égalité, Fraternité, trinomio potentissimo di chiara e riconosciuta derivazione massonica. La Rivoluzione francese è soltanto l’agire pratico sui binari della Storia di un nuovo anelito culturale che, mettendo in discussione e demolendo sul piano concettuale tutte le vecchie convinzioni, finisce per innescare quasi automaticamente una naturale e dirompente dinamica oppositiva. Senza Voltaire, Rousseau, Diderot e l’Encyclopédie non ci sarebbe stata nessuna rivoluzione degna di questo nome. La rivoluzione è nobile proprio perché estroflessione nel mondo reale di una idea che ha già vinto sul piano strettamente spirituale. Si tratta di un processo che, in un certo senso, ricorda la “maieutica” di Socrate. Come una brava ostetrica, infatti, il “rivoluzionario” tira fuori dalle viscere della società un nuovo modello già vivo ed esistente. La “rivolta”, invece, è solo uno sterile e isterico flusso di coscienza che sfoga frustrazioni profonde senza puntare alla costruzione di alcunché. Per questo, come ben sapeva Lenin, non può esservi “rivoluzione” senza teoria rivoluzionaria.
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