La Russia ha posto le basi formali per l’uso delle armi nucleari contro l’Occidente. Ha sempre affermato che avrebbe usato l’atomica solo per contrastare una minaccia esistenziale. E adesso ha stabilito che l’Occidente rappresenta una minaccia esistenziale. Lo ha spiegato il solitamente pacato ministro degli Esteri Lavrov commentando e riassumendo la nuova dottrina in politica estera adottata la scorsa settimana.

Basterebbe fare 2+2. Invece i grandi  media hanno dato ampio risalto solo alle affermazioni di Lavrov sull’Occidente come minaccia esistenziale per la Russia. Quasi nessuno ha notato cosa questo implica. In futuro tuttavia molti rischiano di doversene accorgere.

LA NUOVA DOTTRINA IN POLITICA ESTERA

I risvolti non atomici della nuova dottrina in politica estera – in sintesi brutale – riguardano l’apprezzamento per il mondo multipolare che va prendendo forma. Lo si presenta come più giusto di quello attuale: un frutto del corso naturale della storia che porta con sé rivoluzionari cambiamenti.

Accento principalmente sull’Eurasia e sui legami, nell’ordine, con Cina ed India. Un pochino di accento (ma poco) anche sui legami storici e culturali fra Russia ed Europa. Auspicio di coesistenza bilanciata con gli Stati Uniti e con l’Europa. E di qui in poi, a proposito dell’Occidente e dell’atomica, cominciano le dolenti note.

La nuova dottrina russa in politica estera descrive gli Stati Uniti come la fonte del più grave rischio per la Russia nonché per una pacifica e giusta coesistenza mondiale. Bolla gli Usa come ispiratori, organizzatori ed esecutori della politica anti russa seguita dall’Occidente collettivo. Stabilisce la necessità prioritaria di spazzare via le vestigia della dominazione statunitense e delle altre nazioni ostili. Che sarebbero poi – non è scritto ma è ovvio – gli alleati degli Usa, fra i quali spicca l’Unione europea.

Lo sviluppo della coesistenza con gli Stati Uniti e con l’Europa dipende dalla volontà di questi ultimi, sostiene la nuova dottrina in politica estera. Ancora: in risposta alle azioni ostili dell’Occidente, la Russia intende difendere il suo diritto all’esistenza usando tutti i mezzi disponibili.

Il significato dell’ultimo concetto è appunto che l’Occidente costituisce una minaccia esistenziale per la Russia, come ha detto Lavrov.

I POSSIBILI SCENARI ATOMICI

Cosa accadrebbe, se la Russia si comportasse come ha sempre detto che si sarebbe comportata di fronte ad una minaccia esistenziale? Cosa accadrebbe se reagisse con le armi nucleari?

Rivolti l’indice e il mignolo verso terra nel tipico gesto scaramantico, si può cercare di tratteggiare uno scenario verosimile. Difficilmente la Russia colpirebbe gli Stati Uniti. Una mossa del genere sarebbe un’autostrada verso l’escalation e non risolverebbe il conflitto.

Infatti, in un caso del genere, gli Stati Uniti risponderebbero in modo micidiale perfino se la Russia riuscisse ad azzerare in un amen radioattivo la loro intera catena di comando. La rappresaglia partirebbe ugualmente e in modo praticamente automatico. Del resto, il simmetrico – la micidiale risposta praticamente automatica – vale anche nel caso in cui la Russia subisse il primo colpo. Le due grandi potenze nucleari sono perfettamente attrezzate per il “Muoia Sansone con tutti i filistei”. Una situazione del genere rappresenta il peggiore degli incubi, ma sembra anche la meno probabile.

Parrebbe più verosimile un’escalation moderata. Uno o più colpi nucleari russi in Europa – Kiev, Bruxelles, Parigi, Roma… – permetterebbero alle due parti di avere davanti a sé una lunga strada da percorrere prima di arrivare alla distruzione reciproca. Sia la Russia sia gli Stati Uniti avrebbero ancora tempo per fermarsi.

Dopodiché, si può immaginare la metaforica cartolina che Washington spedirebbe alle rovine radioattive. Addio Kiev, Bruxelles, Parigi, Roma o chi per essa. È stato bello essere amici, e grazie di tutto.

GIULIA BURGAZZI

 

 

 

 

 

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