Il 22 aprile 2023 partirà la campagna referendaria contro l’invio di armi in Ucraina. Una iniziativa coraggiosa e meritoria, ardua come tutte le grandi imprese, ma necessaria per far passare un messaggio: l’Italia ripudia la guerra. Una convinzione che unisce la maggioranza dei cittadini italiani, anche affidandosi ai farlocchi sondaggi del regime.

Quanto utile sia questa campagna referendaria per dare forza e liceità aduna battaglia tanto centrale e determinante per gli equilibri futuri del pianeta che popoliamo, è materia facilmente intuibile, dunque vorremmo in questa sede porre l’accento su altri tre fattori magari meno appariscenti, ma di simile importanza.

UN REFERENDUM PER RIPARTIRE

Il primo è quello che definirei della “unità sostanziale”. Troppo spesso un concetto pur nobile e perseguibile come quello di “unità” è stato utilizzato nei mesi passati come puro artificio retorico, parola vuota che nasconde l’assenza di una strategia: l’unità, infatti, è il punto di arrivo di un processo lungo e complesso, attraverso il quale si vagliano a) le affinità effettive tra collaboratori ed alleati b) la assoluta convergenza su questo o quel tema. È evidente che di fronte ad un tema così chiaro come quello del referendum non possono esservi furbizie o tatticismi: o di qua o di là. Per questo l’alleanza referendaria è destinata ad avere un senso strategico molto più forte di altre accozzaglie improvvisate i cui punti unificanti sono difficilmente individuabili.

Il secondo ha a che fare con la natura della nostra battaglia. Chi afferma che concorrere alle elezioni “non serva a niente”, o è in malafede o vive in una qualche dimensione parallela, ma sarebbe ugualmente censurabile l’idea secondo cui la azione politica si riduca esclusivamente al partecipare a questa o quella elezione. Vi sono passaggi che stanno al di fuori di questi snodi e che possono essere addirittura più redditizi anche in un’ottica di crescita di consenso dell’area a cui ci rivolgiamo. Per questo è essenziale che in operazioni come quelle referendarie i partiti, le forze politiche facciano un passo indietro. Ma non per antipolitica, bensì in nome di una consapevolezza più alta.

 I GIORNI DELLA CAMPAGNA REFERENDARIA

Il terzo motivo ci interpella individualmente: i 90 giorni di campagna referendaria, da vivere intensamente, gettando il proverbiale “cuore contro l’ostacolo”, rappresentano la grande occasione per uscire dalla apatia e dalla delusione che hanno appesantito questi ultimi mesi. Dobbiamo comprendere che questa visione emotiva e poco lucida del fare politica è uno dei maggiori ostacoli alla nostra affermazione: le battaglie si possono vincere o perdere, nel nostro caso la sfida è anche oggettivamente proibitiva, ma se la sconfitta serve a crescere, a creare consapevolezza, essa tornerà utile. Se invece, come è accaduto dopo il 25 settembre 2022, migliaia e migliaia di persone “dalla parte giusta” decidono di tirare i remi in barca, anche in nome di dubbi più legittimi, allora avremo davvero perso.

Il nostro ruolo è di popolare la battaglia politica continuativamente, senza interruzioni e senza lasciare sul campo niente.

L’avventura referendaria sarà una grande avventura, una grande epopea che ci renderà tutti più forti e attrezzati. E se la approcciamo con questo spirito, sono certo che sarà anche foriera di sorprese inattese.

ANTONELLO CRESTI
Vicesegretario nazionale Aisp

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