C’è qualcuno lassù che ci difende? Sembra di sì: e come spesso accade, è il Tar. “Faccio ricorso al Tar” è praticamente un mantra consolidato per i cittadini italiani impastoiati in diatribe burocratiche, e anche oggi, nel “Giorno della Vergogna” che obbliga i cittadini over 50 a vaccinarsi o morire di fame, dal Tribunale Amministrativo arrivano notizie consolatorie.

Il Tar del Lazio ha infatti appena annullato la sospensione dal servizio dei militari che non si sono vaccinati, anzi che non si sono sottoposti alla terza dose come da Direttiva dello Stato Maggiore dello scorso 15 dicembre. I ricorrenti sono 26 militari (su migliaia di non ottemperanti), e il Tar ha accolto il loro ricorso in attesa di una delibera definitiva che avverrà il prossimo 16 marzo.

Il nodo è importantissimo: il ricorso accolto infatti prospetta l’illegittimità costituzionale, e qualora la Camera di Consiglio del 16 marzo dovesse ritenere la questione rilevante, a quel punto la Corte Costituzionale sarebbe chiamata a decidere. Non solo: nel caso, la Consulta dovrebbe decidere sulla legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto legge n. 172 del 26.11.2021, convertito in legge n. 3 del 21.01.2022, ovvero su tutto il decreto obblighi che coinvolge militari, forze dell’ordine, e anche il personale della scuola. Si tratta di milioni di persone.

Parliamo di quella stessa Corte il cui Presidente è Giuliano Amato, nominato appena poche settimane fa. E ci chiediamo se la Corte Costituzionale italiana sarà pronta a seguire il solco di quella statunitense, di quella spagnola o di quella austriaca: sembra infatti che l’obbligo vaccinale sia una lesione talmente grave dei diritti umani da essere illegittimo praticamente in ogni Stato che abbia la pretesa di definirsi democratico.

C’è da augurarsi quindi che il 16 marzo il Tar passi la patata bollente alla Consulta: almeno sapremo, una volta per tutte, se l’Italia può ancora annoverarsi tra i “paesi democratici” oppure se verrà ufficializzato il passaggio a Stato totalitario. Il pronunciamento della Consulta farà metaforicamente giurisprudenza anche in questo.

DEBORA BILLI

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