Polonia, Ungheria e Slovacchia dicono stop al grano dall’Ucraina per difendere l’agricoltura nazionale: l’ira di Bruxelles.

Il grano dell’Ucraina è insomma la metaforica polpetta avvelenata di cui tre Stati Ue hanno vietato l’importazione, insieme a quella di varie altre derrate alimentari. Giustificano la decisione con la necessità di difendere i contadini dal ribasso dei prezzi dovuto al massiccio afflusso di prodotti ucraini. In realtà c’è anche il problema di pesticidi, tossine ed Ogm fuori norma.

IL GRANO UCRAINO COSTA MENO E CIRCOLA LIBERAMENTE

Si potrebbe definirlo un caso di dumping: arrivo nell’Ue di merci con prezzi più bassi e prodotte con procedure – diciamo – più rilassate. L’Italia è un grande acquirente dei cereali ucraini teoricamente esportati per sfamare i Paesi poveri.

Al momento, la Polonia, l’Ungheria e la Slovacchia hanno detto no alle importazioni agricole dall’Ucraina. La Bulgaria potrebbe unirsi. Se lo farà anche la Romania – che al momento esita per timore di incorrere nelle ire di Bruxelles – per l’Ucraina sarà impossibile esportare prodotti agricoli via terra. Le resteranno le navi e i residui porti sul Mar Nero, dai quali è partita una grande quantità di cereali importati dall’Italia. Tuttavia pare che nel giro di un mese possa chiudersi anche quella strada.

Sullo sfondo di questa situazione c’è ovviamente la guerra, ma c’è anche l’accordo di associazione che dal 2014 lega l’Unione europea e l’Ucraina. Equivale ad un accordo di libero scambio: le merci ucraine possono entrare liberamente nell’Ue, e non devono pagare tariffe doganali.

LA REAZIONE INFURIATA DI BRUXELLES

La Commissione europea è infuriata e sostiene che la decisione di Polonia, Ungheria e Slovacchia è illegale. Nonostante questo la Polonia, che pure si schiera senza se e senza ma a fianco dell’Ucraina nella guerra contro la Russia,  proibisce addirittura il transito dei prodotti agricoli ucraini sul territorio nazionale: non importa se sono dirette altrove. In corso trattative fra Polonia ed Ucraina per ripristinare almeno il passaggio.

Formalmente, la Commissione europea non ha torto ad infuriarsi. Dal punto di vista del diritto europeo, i singoli Stati non possono prendere iniziative autonome in contrasto con l’accordo di associazione. Però Polonia, Slovacchia ed Ungheria l’hanno fatto ugualmente per proteggere l’agricoltura nazionale. Notare che, prima di agire, hanno sollevato per mesi con Bruxelles il problema del dumping ucraino. Ma invano.

La spiegazione dell’inerzia di Bruxelles non consiste certo nella volontà di aiutare i contadini ucraini che campano grazie a tre campi e quattro galline. Pochi Paperoni stranieri sono proprietari di gran parte del terreno agricolo ucraino. La possibilità di esportare nonostante la guerra va a vantaggio di Big Business, non dei piccoli produttori.

GLI STANDARD ALIMENTARI DEL GRANO UCRAINO

Il problema delle esportazioni agricole ucraine tuttavia non consiste solamente nel ribasso dei prezzi che esse causano e nelle conseguenti difficoltà degli agricoltori europei. Ci sono anche le contaminazioni di pesticidi ed Ogm. Gli Stati Ue hanno il diritto ispezionare le merci che entrano nel territorio della stessa Ue attraverso la loro frontiera.

Negli ultimi giorni, controlli di questo genere hanno scoperto episodi davvero poco edificanti. Prodotti ucraini che, pur potendo entrare liberamente nell’Ue, non rispettano gli standard alimentari della stessa Ue.

La Slovacchia ha scoperto un carico di grano ucraino contaminato dal Clorpirifos, un pesticida il cui uso è vietato nell’Ue. I residui erano quasi tre volte più alti rispetto alla soglia massima tollerata per l’importazione. La Polonia si è accorta che il grano ucraino adatto esclusivamente ad usi industriali veniva venduto come idoneo al consumo umano. L’Ungheria si è imbattuta in numerosi casi di mais ucraino contaminato da Ogm e tossine.

Nell’ultimo anno, le importazioni in Italia di grano ucraino sono triplicate, dice Coldiretti. Non dice però quanti controlli sono stati effettuati.

GIULIA BURGAZZI

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