Il Fondo monetario internazionale (Fmi) rivede al netto rialzo le stime per il Pil 2023 della Russia, per la quale già a gennaio aveva previsto una performance migliore della Germania. Ora invece secondo il Fmi le previsioni per tutta l’Europa (fa eccezione solo la Spagna) sono peggiori, molto peggiori di quelle per la Russia.
Quasi contemporaneamente il Wall Street Journal, un giornalone dell’establishment occidentale, si accorge che gli europei stanno diventando più poveri mentre gli Usa si arricchiscono.
La crescita economica della Russia e il netto peggioramento della situazione europea rispetto a quella statunitense sono tessere di un medesimo mosaico: quello di una guerra che non si combatte solo sui campi di battaglia dell’Ucraina.
IL RAPPORTO DEL FMI
Secondo il rapporto aggiornato che il Fmi ha pubblicato martedì 25 luglio 2023, quest’anno il Pil della Russia aumenterà dell’1,5% rispetto al 2022. In gennaio l’aumento previsto era pari allo 0,3%. Parallelamente, peggiora la situazione – già prima descritta come cupa – di vari Paesi europei. Emblematico il caso della Germania. In gennaio il Fmi prevedeva il suo Pil in crescita dello 0,1%; ora si attende una riduzione dello 0,3%.
Le sfumature del confronto fra le precedenti e le attuali previsioni del Fmi, compreso il miglioramento tratteggiato per l’Italia, sono nelle due immagini qui sotto. Clic su ciascuna per vederla ingrandita. A sinistra, le previsioni Fmi di gennaio; a destra, quelle attuali. L’Europa nel complesso è ben più indietro della Russia (il Fmi “vede” un +0,9% per il Pil 2023 dell’area euro), mentre all’interno dell’Occidente il vero vincitore sono gli Stati Uniti, il cui Pil è atteso in aumento dell’1,8%.
È appena in caso di citare tutti quei soloni che, allo scoppio della guerra e all’adozione delle sanzioni, profetizzavano una fine orribile per l’economia della Russia. La fine orribile la stiamo facendo noi.
L’EUROPA SI IMPOVERISCE
L’Europa è la vera sconfitta di questa guerra. L’Europa si impoverisce, come scrive il Wall Street Journal. Pudicamente non cita le sanzioni, ma cita l’aumento dei prezzi dell’energia e del cibo, che ne sono diretta conseguenza. Constata che invece gli Stati Uniti non hanno subito il rincaro dell’energia.
Ma certo!, bella scoperta. Loro non compravano mica energia dalla Russia. E non solo. Costringendoci ad abbandonare il gas russo dei gasdotti, che costa(va) pochissimo, e a comprare quello liquefatto e stracaro trasportato via mare, gli Stati Uniti hanno reso sostenibile a spese degli europei il loro business del fracking. Anche su questo dettaglio però il Wall Street Journal cala un pietoso velo.
Il Wall Street Journal constata anche che, in seguito al rincaro dell’energia, le manifatture europee hanno perso competitività. Il potere d’acquisto aggiustato all’inflazione diminuisce in Europa mentre cresce negli Stati Uniti. Gli Stati Ue, in media, sono diventati più poveri di ogni Stato degli Usa, ad eccezione di Idaho e Mississippi. Entro il 2035, il divario tra la produzione economica pro capite negli Stati Uniti e nell’Ue sarà pari a quella tra il Giappone e l’Ecuador oggi.
IL RUOLO DELLA GUERRA
I tagli alla spesa pubblica dovuti alla crisi finanziaria hanno ridotto all’osso i servizi sanitari europei, scrive ancora il Wall Street Journal. Non cita i tagli alla spesa pubblica dovuti a tutti gli aiuti e a tutte le armi all’Ucraina. Annuncia che l’aumento delle spese per la difesa si tradurrà in nuove tasse. Non specifica che le maggiori spese europee per la difesa sono una richiesta della Nato, cioè degli Usa.
Eccetera. A parte qualche luogo comune, tipo la passione dei francesi per il foie gras e la moralistica condanna dell’inclinazione europea a preferire il tempo libero ai lunghissimi orari di lavoro, il Wall Street Journal scatta un’ottima fotografia dell’impoverimento europeo. Evita soltanto di dire che è la conseguenza dell’appiattimento sulle politiche e sulle richieste di Washington legate alla guerra.
GIULIA BURGAZZI