La teoria della fine della guerra

Da un punto di vista ideologico, il mondo vive ancora all’ombra della controversia degli anni ’90 tra Francis Fukuyama e Samuel Huntington. Qualunque siano le critiche che possono essere mosse alle tesi di entrambi gli autori, la loro importanza non è stata in alcun modo sminuita, visto che il conflitto ideologico permane e, inoltre, il contenuto principale della politica e dell’ideologia mondiale si ritrova ancora in quelle due posizioni.

Fu proprio all’indomani della fine del Patto di Varsavia e poi dell’URSS, che il filosofo della politica americano Francis Fukuyama formulò  la sua tesi sulla “fine della storia”. Essa si basava sulla considerazione che nel XX secolo – e soprattutto dopo la sconfitta del fascismo – la logica della storia si era meramente ridotta a un semplice confronto tra le due ideologie: liberalismo occidentale da una parte e comunismo sovietico dall’altra. Il futuro, e quindi il senso della storia, sarebbe dipeso esclusivamente dall’esito di questo confronto.

E ora, secondo Fukuyama, quel futuro è arrivato. Questo momento è stato il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 e l’ascesa al potere a Mosca dei liberali che hanno riconosciuto come propria la supremazia ideologica dell’Occidente. Secondo Fukuyama, la storia altro non  è che la storia delle guerre (calde e fredde che siano), dei conflitti e degli scontri. Nella seconda metà del XX secolo tutti gli scontri e le guerre si sono ridotti all’opposizione dell’Occidente capitalista liberale contro l’Oriente comunista. Quando l’Oriente alla fine è crollato, le contraddizioni sono scomparse. E insieme a ciò anche le guerre terminarono (proprio come pensava Fukuyama). E infine la storia non poteva che terminare anch’essa.

Rinvio della fine della storia, non sua negazione

Di fatto, è questa teoria che è alla base dell’intera ideologia e pratica del globalismo e della globalizzazione. I liberali occidentali sono ancora guidati da questa teoria fino ad oggi. È l’idea sostenuta da George Soros, Klaus Schwab, Bill Gates, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Barack Obama, Bernard Henri Levy, Hillary Clinton e… Joe Biden.

I liberali ammettono che non tutto è andato liscio dagli anni ’90. Il liberalismo e l’Occidente hanno affrontato vari problemi e nuove sfide (con l’Islam in forma politica, la nuova ascesa di Russia e Cina, ed il populismo, presente anche nella stessa America sotto forma di Trump e del movimento a lui associato che prende il nome di trumpismo, ecc.). I globalisti sono convinti che la fine della storia sia stata in qualche modo posticipata, ma resta comunque inevitabile e arriverà molto presto. Il convinto globalista Joe Biden ha vinto (probabilmente in maniera non molto onesta) le elezioni con lo slogan di un nuovo ed ultimo sforzo per rendere reale la teoria della fine della storia. Questo significa assicurare il trionfo definitivo del liberalismo su scala globale. — Bild Back Better è un po’ come dire   “Ritorno alla globalizzazione e questa volta con più successo“). La stessa linea è stata sostenuta dal fondatore del Davos World Economic Forum, tal  Klaus Schwab come programma planetario del “Great Reset”.

Fukuyama e la sua tesi non sono stati messi da parte, ma è stata semplicemente rinviata l’attuazione di questo piano, che rimane ideologicamente impeccabile dal punto di vista della visione liberale del mondo. Per 30 anni, il liberalismo ha continuato a permeare la società – nella tecnologia, nei processi sociali e culturali, nella diffusione delle politiche di genere (LGBTB+), nell’istruzione, nella scienza, nell’arte, nei social media, nella cultura dell’annullamento ecc. E questo è stato vero non solo per i paesi occidentali, ma anche per società semichiuse come i paesi islamici, la Cina o la Russia.

Il riemergere di civiltà

Già negli anni ’90 un altro autore americano, Samuel Huntington, contrapponeva a Fukuyama un’interpretazione alternativa del momento storico contemporaneo. Fukuyama era un convinto liberale, un sostenitore del governo mondiale e della denazionalizzazione e de-sovranizzazione degli Stati nazionali. Huntington, invece, aderiva alla tradizione del realismo nelle Relazioni Internazionali, cioè riconosceva la sovranità come principio supremo. Ma a differenza di altri realisti che interpretano la politica mondiale in termini di stati nazione, Huntington credeva che dopo la fine della Guerra Fredda e la scomparsa del blocco orientale e dell’URSS, non ci sarebbe stata la fine della storia, ma sarebbero emersi nuovi attori e che questi avrebbero iniziato poi a competere tra loro. Li definì “civiltà” e nel suo famoso articolo predisse lo scontro che sarebbe avvenuto tra queste.

Huntington faceva questo ragionamento: l’idea capitalista e l’idea socialista non sono state create su vuote ed astratte ideologie, ma su basi culturali e di civiltà ben definite di popoli e territori diversi. Questa base si è formata molto prima dell’inizio della Modernità occidentale e delle sue ideologie riduzionistiche semplicistiche (liberalismo, comunismo, nazionalismo). E quando la disputa sulle ideologie moderne giunge al termine (come è successo con la scomparsa del comunismo), i contorni profondi di culture, religioni e civiltà antiche emergeranno da sotto la formattazione superficiale.

Veri e falsi nemici del liberalismo globale

Il fatto che Huntington avesse ragione divenne particolarmente evidente all’inizio del XXI secolo, quando l’Occidente si confrontò con  l’Islam radicale. A quel punto lo stesso Huntington morì prima di poter godere della sua vittoria teorica, mentre Fukuyama ammise di essersi affrettato a fare una dichiarazione e conclusioni finali e persino avanzato la tesi dell'”islamo-fascismo”, la sconfitta del quale avrebbe portato alla vera “fine della storia” , ma non prima. Con questa previsione però si era nuovamente sbagliato.

E non solo per quanto riguarda l’Islam politico. L’Islam ha dimostrato di essere così diversificato nella pratica che non si è fuso in un’unica forza contro l’Occidente. È stato utile per gli strateghi occidentali manipolare in una certa misura la minaccia islamica e il fattore del fondamentalismo islamico per giustificare la loro ingerenza nella vita politica delle società islamiche in Medio Oriente o in Asia centrale, ma questo non poteva rappresentare una seria sfida ideologica.

Ben più grave è stata la ricerca di una reale sovranità da parte di Russia e Cina. Ma ancora una volta, né Mosca né Pechino hanno contrastato liberali e globalisti con una particolare ideologia (soprattutto da quando il comunismo cinese ha riconosciuto il liberalismo economico in seguito alle riforme di Deng Xiaoping). Queste, quella russa e quella cinese,  erano due civiltà che si erano sviluppate molto prima della Modernità. Lo stesso Huntington le chiamò civiltà ortodossa (cristiana orientale) nel caso della Russia e civiltà confuciana nel caso della Cina, riconoscendo giustamente sia in Russia che in  Cina un legame forte con profonde culture spirituali. Queste culture profonde si sono fatte conoscere proprio quando il confronto ideologico tra liberalismo e comunismo si è concluso con una vittoria apparente, non reale,  in favore  dei globalisti. Il comunismo è scomparso, ma l’Oriente, l’Eurasia no.

La vittoria nel mondo virtuale

I fautori della fine della storia non accettarono troppo facilmente il loro fallimento. Erano così presi dai loro modelli fanatici – ideologici – di globalizzazione e liberalismo che non potevano vedere nessun altro futuro se non la fine della storia. Così hanno iniziato a propagandare una versione virtuale della realtà. Se qualcosa non è reale, basta farlo sembrare reale e tutti ci crederanno. In sostanza, si scommette sulla politica del controllo mentale, attraverso risorse informatiche globali, tecnologia di rete, promozione di nuovi gadget e sviluppo del rapporto uomo-macchina. Questo è il Great Reset enunciato dal creatore del Forum di Davos, Klaus Schwab, e abbracciato in toto dal Partito Democratico degli Stati Uniti e Joe Biden.

L’essenza di questa politica è la seguente: se i globalisti non controllano la realtà, però dominano completamente il mondo virtuale. Possiedono tutte le tecnologie di rete di base, protocolli, server, ecc. Pertanto, facendo affidamento sull’allucinazione elettronica globale e sul controllo totale sulla coscienza, hanno iniziato a creare un’immagine del mondo in cui la storia era già finita. Era solo un’immagine, niente di più. Ma in questo caso il virtuale guidava e il reale seguiva.

Fukuyama ha quindi mantenuto la sua importanza, ma non più come analista, piuttosto come PR-manager globale cercando di imporre nozioni ostinatamente rifiutate da gran parte dell’umanità.
In questo modo il liberalismo si trasforma in qualcosa di veramente aggressivo e abbandona il totalitarismo.

“La guerra di Putin all’ordine liberale”

La valutazione di Fukuyama dell’operazione militare speciale in Ucraina è quindi di un certo interesse. A prima vista, potrebbe sembrare che in questo caso la sua analisi diventi del tutto irrilevante, poiché si limita a ripetere i cliché comuni della propaganda antirussa occidentale, che non contengono nulla di nuovo o di convincente di per sé: il semplice giornalismo russofobo. Ma a un esame più attento, il quadro cambia un po’ se si riesce a non considerare ciò che colpisce di più – l’odio rabbioso della Russia, Putin e tutte quelle forze che si oppongono alla fine della storia e identificano l’algoritmo del suo pensiero – riflettendo il più comune modo di pensare dell’élite globalista.

In un articolo pubblicato sul Financial Times,  Fukuyama fa il punto della situazione proprio nel titolo “La guerra di Putin all’ordine liberale”. E questa tesi di per sé è assolutamente corretta.
L’operazione militare speciale in Ucraina è l’occasione decisiva per affermare la Russia come civiltà, come polo sovrano di un mondo multipolare. Questo si adatta perfettamente alla teoria di Huntington, ma è completamente in contrasto con la “fine della storia” di Fukuyama (o la “società aperta” di Popper/Soros – ecco perché il vecchio Soros è così furioso ora).
Sì, questa rappresenta esattamente la “guerra all’ordine liberale”.

Importanza chiave dell’Ucraina

L’importanza dell’Ucraina per la rinascita della Russia come potenza mondiale completamente indipendente è stata chiaramente stabilita da generazioni di geopolitici anglosassoni dal fondatore di questa scienza, Mackinder  fino a Brzezinski. In precedenza il concetto era formulato come segue: senza l’Ucraina la Russia non è un impero, invece con l’Ucraina lo è. Se sostituissimo il termine “civiltà” o “polo del mondo multipolare” con “Impero”, il significato sarebbe ancora più chiaro.

L’Occidente globale ha supportato l’Ucraina come nazione Anti-Russia, e per questo ha dato strumentalmente il via libera al nazismo ucraino e all’estremismo russofobo. Qualsiasi mezzo è stato buono per combattere la civiltà ortodossa e il mondo multipolare. Putin, però, non ha digerito benissimo questo status quo ed è entrato in conflitto, ma non contro l’Ucraina, quanto piuttosto contro il globalismo, contro  l’oligarchia mondiale, contro il Grande Reset, contro il liberalismo, contro la fine della storia.

Proprio qui è venuta fuori la cosa più importante. L’operazione militare speciale è diretta non solo contro il nazismo russofobo ucraino (la denazificazione – insieme alla smilitarizzazione – è infatti l’ obiettivo principale di Putin) ma ancor di più contro il liberalismo e il globalismo. Dopotutto, sono stati i liberali occidentali a rendere possibile il nazismo ucraino, a sostenerlo, ad armarlo e a dirigerlo contro la  Russia, come  nuovo polo di un mondo multipolare. Anche Mackinder definì le terre della Russia “l’asse geografico della storia” (così come nel titolo del suo famoso articolo).

Perché la storia finisca ( questa è la tesi globalista, l’obiettivo del “Grande Reset”), l’asse della storia deve essere spezzato, distrutto. La Russia come polo, come attore sovrano, come civiltà semplicemente deve cessare di esistere. Il piano diabolico dei globalisti era quello di indebolire la Russia nel modo più doloroso, mettere gli stessi slavi orientali (che sono essenzialmente russi) l’uno contro l’altro e persino dividere la Chiesa ortodossa russa che li riuniva nella cornice della stessa civiltà .

A tal fine, gli ucraini dovevano essere inseriti nella matrice globalista. I globalisti si sono sforzati di ottenere il controllo sulle coscienze e sulla società con l’aiuto della propaganda informativa, dei social network, nel quadro di una gigantesca operazione atta a manipolare la psiche su ampia scala. Molti milioni di ucraini ne sono caduti vittime negli ultimi decenni e in modo più drastico dopo Maiden nel 2014 e l’aperta ascesa del nazismo ucraino. Gli ucraini sono stati persuasi di far parte del mondo occidentale (globale) e che “i russi non sono fratelli, ma acerrimi nemici”. E il nazismo ucraino in una tale strategia coesisteva perfettamente con il liberalismo, che in sostanza serviva come suo strumento.

La guerra per il multipolarismo

Questo è esattamente ciò per cui Putin si è impegnato strenuamente nella sua lotta. Non contro l’Ucraina, ma per l’Ucraina. Fukuyama ha perfettamente ragione in questo caso. Quello che sta accadendo oggi in Ucraina è “la guerra di Putin all’ordine liberale”. È una guerra paradossalmente contro lo stesso Fukuyama, contro Soros e Schwab, contro la “fine della storia” e contro il globalismo, contro l’egemonia reale e virtuale e contro il Great Reset.

Gli eventi drammatici di oggi in Ucraina rappresentano il più grande dilemma dell’umanità. In loro si decide il destino di quello che sarà il futuro ordine mondiale. Il mondo diventerà veramente multipolare, cioè democratico e policentrico, dove le diverse civiltà avranno il diritto di scegliere liberamente i propri destini (e speriamo che sia proprio ciò che accadrà ), oppure (Dio non voglia) sprofonderà nell’abisso del globalismo?  In questo caso però, il liberalismo non si opporrà più al nazismo e al razzismo, ma vi si legherà indissolubilmente (come nel caso dell’Ucraina). Il liberalismo moderno, pronto a sfruttare e/o trascurare il nazismo a seconda dei suoi interessi, è il vero male, un male assoluto. Ed è contro questo sistema che si sta combattendo la guerra in questo momento.

Le 12 tesi di Gauleiter Fukuyama basate su false premesse

Un altro testo di Fukuyama, pubblicato su American Purpose, una rivista dei neoconservatori americani, merita di interesse. In esso Fukuyama propone 12 tesi su come si svolgerà il conflitto in Ucraina. Le presenteremo nella loro interezza. Va notato che si tratta di completa disinformazione e propaganda nemica, ed è proprio in questa veste e come esempio di fake news che presentiamo questo testo.

1. La Russia si sta dirigendo verso una sconfitta totale in Ucraina. La pianificazione russa del conflitto è stata incompetente, basata su un presupposto errato che gli ucraini fossero favorevoli alla Russia e che il loro esercito sarebbe crollato immediatamente dopo un’eventuale loro invasione. Evidentemente i soldati russi indossavano uniformi buone giusto per la loro parata della vittoria a Kiev, ma erano piuttosto scarsi a munizioni e razioni extra. Putin a questo punto ha impegnato la maggior parte del suo esercito in questa operazione: non ci sono molte riserve che può chiamare in aiuto. Le truppe russe sono bloccate alle porte di varie città ucraine dove devono affrontare enormi problemi di approvvigionamento e continui attacchi dei locali.

La prima frase è la più importante. “La Russia si avvia alla sconfitta definitiva in Ucraina”. Tutto il resto si basa sul fatto che questa frase rappresenti la “l’unica verità possibile” che non può essere messa in discussione in alcun modo. Se avessimo a che fare con un’analisi reale, la disamina inizierebbe con un dilemma: se i russi vincono, allora… , oppure, se i russi perdono, allora… Ma qui non c’è niente del genere. “I russi perderanno perché i russi non possono fare a meno di perdere, il che significa che i russi hanno già perso. E non devono essere prese in considerazione altre opzioni, poiché sarebbero propaganda russa”. Cos’è questo? Questo è palese nazismo liberale. Pura propaganda ideologica globalista, che colloca istantaneamente il lettore fin dall’inizio in un mondo virtuale in cui “la storia è già finita”.
Allora tutto diventa prevedibile nel contesto dell’allucinazione strumentalizzata. Abbiamo a che fare con un esemplare costruzione di quella che si chiama psy-op.

2. Il crollo della loro posizione potrebbe essere improvviso e catastrofico, piuttosto che avvenire lentamente attraverso una guerra di logoramento. L’esercito sul campo raggiungerà un punto in cui non potrà né essere rifornito né potrà ritirarsi, e il morale delle truppe crollerà. Questo è almeno vero nel nord; i russi stanno meglio al sud, ma queste posizioni sarebbero difficili da mantenere se il nord crollasse.
Nessuna prova, solo forte desiderio che accada. “I russi devono essere dei perdenti perché sono dei perdenti”. E questo lo sentiamo dalla bocca del perdente esemplare Fukuyama, le cui predizioni sono state tutte smentite come epici fallimenti.

Il tutto si basa sul presupposto che Mosca si sia preparata ad un’operazione che sarebbe durata due o tre giorni, con parata della vittoria finale. Come se i russi fossero così idioti da non essere a conoscenza dei trent’anni di propaganda russofoba, l’addestramento occidentale di formazioni neonaziste e un esercito su scala europea, pesantemente armato (dallo stesso Occidente) e addestrato (in epoca sovietica, e allora l’addestramento era serio), che per suo conto avrebbe iniziato una guerra nel Donbass e poi in Crimea. Se le manovre belliche non si sono completate in quindici giorni, è stato un “fallimento” russo. Ecco un’altra allucinazione.

L’Occidente ha sacrificato gli ucraini

E poi Fukuyama prosegue dicendo una cosa piuttosto importante:

3. Non esiste una soluzione diplomatica possibile alla guerra prima che questa accada. Non c’è alcun compromesso concepibile che sia accettabile sia per la Russia che per l’Ucraina date le perdite che hanno subito a questo punto.
Ciò significa che l’Occidente continua a credere alla propria propaganda virtuale e non scende a compromessi con la Russia e ricorre in maniera massiccia al controllo della realtà. Se l’Occidente attende la sconfitta della Russia per avviare i negoziati, allora i negoziati non inizieranno mai.

4. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è dimostrato ancora una volta inutile. L’unica cosa utile è stato il voto dell’Assemblea Generale, che aiuta a identificare gli attori cattivi o prevaricanti del mondo.
In questa tesi, Fukuyama si riferisce alla necessità di sciogliere l’ONU e creare al suo posto la Lega delle Democrazie, ovvero degli Stati pienamente subordinati a Washington, disposti a vivere nell’illusione della “fine della storia”. Questo progetto è stato formulato da un altro nazista russofobo liberale McCain e ha iniziato ad essere implementato da Joe Biden. Tutto procede secondo il piano del “Great Reset”.

5. Le decisioni dell’amministrazione Biden di non dichiarare una no-fly zone o di aiutare a trasferire i MiG polacchi sono state entrambe buone. È molto meglio che gli ucraini sconfiggano i russi da soli, togliendo a Mosca la scusa che la NATO li ha attaccati, oltre a evitare tutte le ovvie possibilità di escalation. I MiG polacchi poi non aggiungerebbero molto alle capacità ucraine. Molto più importante è una fornitura continua di Javelins, Stinger, TB2, forniture mediche, apparecchiature di comunicazione e condivisione di informazioni. Presumo che le forze ucraine siano già state guidate e istruite dai servizi segreti della NATO che operano al di fuori dell’Ucraina.

Sul primo punto, in ogni modo, possiamo essere d’accordo con Fukuyama. Biden non è pronto per un duello nucleare, cosa che seguirebbe immediatamente l’annuncio di una no-fly zone e altri passi diretti verso l’intervento della Nato nel conflitto. La frase “gli ucraini sconfiggono i russi da soli” suona cinica e crudele, ma l’autore non capisce cosa sta dicendo: l’Occidente ha prima contrapposto gli ucraini ai russi e poi ha negato loro la promessa assistenza. Gli ucraini stanno vincendo virtualmente parlando, in un mondo dove la storia è finita. E dovrebbero, nella mente di Fukuyama, esserne felici. È solo questione di tempo prima che i russi vengano sconfitti, sempre nel mondo virtuale. La realtà è ben diversa, ma chi se ne frega.

6. Il costo che l’Ucraina sta pagando è enorme, ovviamente. Ma il danno maggiore viene fatto dai razzi e dall’artiglieria, per i quali né i MiG né una no-fly zone possono fare molto. L’unica cosa che fermerà il massacro è la sconfitta dell’esercito russo sul campo.
Quando Fukuyama pronuncia la parola “enorme”, si capisce dalla sua espressione facciale disinvolta che non sa neppure di cosa sta parlando.

Putin sopravviverà. Nuovo inizio del populismo

Poi Fukuyama inizia a riflettere sul destino di Putin. Sempre nello stesso mondo dei sogni. E afferma con nonchalance:

7. Putin non sopravviverà alla sconfitta del suo esercito. Ora ottiene supporto perché è percepito come un uomo forte, ma cosa avrà da offrire una volta che dimostrerà incompetenza e verrà privato del suo potere coercitivo?
Un’altra tesi costruita interamente sulla prima premessa. La sconfitta dei russi è inevitabile, il che significa che Putin è finito. E se vincono i russi, Putin è solo l’inizio. Ora questo è importante, non più per il delirante Fukuyama, ma per noi.
Putin,  così come i populisti – i nemici interni dei globalisti occidentali – moriranno. Anzi sono già morti.

8. L’invasione ha già causato enormi danni ai populisti di tutto il mondo, che prima dell’attacco hanno espresso uniformemente simpatia per Putin. Ciò include Matteo Salvini, Jair Bolsonaro, Éric Zemmour, Marine Le Pen, Viktor Orbán e, naturalmente, Donald Trump. La politica della guerra ha messo in luce le loro tendenze apertamente autoritarie.
Piccola verifica della realtà: non tutti i populisti sono così direttamente influenzati dalla Russia. Matteo Salvini, ad esempio, sotto l’influenza dei nazisti liberali e degli Atlantisti nel suo entourage, ha cambiato il suo precedente atteggiamento amichevole nei confronti della Russia. Anche le simpatie filo-russe degli altri non dovrebbero essere esagerate.

Ma anche qui c’è un punto interessante. Anche se si accetta la posizione di Fukuyama secondo cui i populisti sono orientati verso Putin, questi perdono solo se “i russi vengono sconfitti”. E in caso di vittoria? Dopotutto, come abbiamo detto, questa è “la guerra di Putin all’ordine liberale”, e se la vince, vinceranno tutti i populisti insieme a Mosca. E allora a quel punto la fine dell’oligarchia globale e delle élite del “Grande Reset” sarà definitiva.

La lezione per la Cina e la fine dell’ordine mondiale unipolare

Infine Fukuyama affronta il destino della Cina, il secondo contendente dell’ordine mondiale multipolare.

9. La guerra fino a questo punto è stata una buona lezione per la Cina. Così come la Russia, la Cina ha costruito forze militari apparentemente high-tech negli ultimi dieci anni, ma non ha esperienza sul campo. La misera prestazione dell’aviazione russa sarebbe probabilmente replicata dall’aviazione dell’Esercito popolare di liberazione, che allo stesso modo non ha esperienza nella gestione di operazioni aeree più di tanto complesse. Si può solo sperare che la leadership cinese non si illuda delle proprie capacità come hanno fatto i russi quando hanno contemplato una mossa futura contro Taiwan.
D’altronde, tutto questo è vero se “i russi hanno già perso”. E se hanno vinto? Allora il significato di questa lezione per la Cina sarà esattamente l’opposto. Cioè, Taiwan tornerà alle origini più velocemente di quanto si possa pensare.

10. Si spera che la stessa Taiwan si svegli e si prepari a combattere come hanno fatto gli ucraini. Non siamo prematuramente disfattisti.
Sarebbe meglio essere realistici e vedere le cose come stanno, tenendo conto di tutti i fattori. Ma poi il fatto che l’Occidente abbia ideologi come Fukuyama, ipnotizzati dalle proprie delusioni, alla fine ci fa bene? Se cadono vittime delle loro stesse illusioni, e con queste poi cercano di imporsi sugli altri, non fanno altro che ingannarsi e ingannare, tramite  le finte profezie dell’Impero delle fake news.

11. I droni turchi diventeranno bestseller.
Ora frammenti di questi bestseller vengono raccolti da barboni e saccheggiatori nelle discariche ucraine.

12. Una sconfitta russa renderà possibile una “nuova  libertà” e ci tirerà fuori dallo stato in declino della democrazia globale. Lo spirito del 1989 sopravvivrà, grazie a un gruppo di coraggiosi ucraini.
Ecco un’ottima conclusione. Fukuyama sa già che “la Russia sarà sconfitta”, così come sapeva della “fine della storia”. E poi, il globalismo sarà salvato. E altrimenti? Alternative?

Allora non ci sarà più il globalismo.
E poi bentornati nel mondo reale, il mondo delle nazioni e delle civiltà, delle culture e delle religioni, il mondo della realtà e la libertà da un campo di concentramento liberale totalitario.

ALEXANDER DUGIN

traduzione di Martina Giuntoli

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