Non dimenticherò mai la lezione più preziosa che ho imparato durante il mio primo anno all’università, insegnatami da un professore di lettere che era fuggito dall’URSS: tutti i regimi totalitari nel corso della storia hanno condiviso un tratto chiave: controllano tutta la conoscenza. Questo è essenziale per il loro successo, perché se non puoi controllare a quali informazioni il pubblico può accedere, allora non puoi controllare davvero efficacemente una popolazione.

“Se mai rinuncerai al tuo diritto alla libertà di informazione”, mi ricordava spesso, “tutto il resto della tua libertà scomparirà. In quel momento avrai  perso tutto“. Questo mi è rimasto impresso e, nei quattro anni successivi, ho avuto la fortuna di avere alcuni grandi professori che hanno approfondito l’argomento insegnandomi come fare per mantenere viva quella libertà di cui parlavamo. Per essere libero, devi prima imparare a pensare.

Devi essere disposto a combattere per la libertà e per preservarla in   vari modi ma, se prima non sai  pensare, non riconoscerai nemmeno quando la tua libertà viene tolta. Come mi spiegò in dettaglio il mio professore, “Affinché un popolo sia libero e rimanga tale, ogni persona deve riconoscere di essere un individuo capace di pensiero indipendente e  critico in ogni circostanza e argomento“. Qualsiasi cosa che si allontani da questo porta al mero rigurgito di informazioni memorizzate che possono essere o meno vere.

Nei paesi liberi, le persone possono accedere alle informazioni pubbliche, condividere conoscenze, scambiare idee e dibattere apertamente. Tutto questo è fondamentale, dal momento che essere in grado di avere idee contrarie che vanno contro la narrativa mainstream è alla base della creatività, dell’invenzione e del progresso in ogni campo, dalla filosofia alla fisica. Ovunque le persone siano libere di mettere in discussione lo status quo e presentare nuove idee senza timore di persecuzioni, le società tendono a prosperare. Senza questa libertà, non ci sarebbero mai stati personal computer o start-up. Non avremmo mai avuto progressi in medicina o ingegneria. Non saremmo  altro che un capitale umano sottomesso a uno stato tirannico, proprio come la Corea del Nord, ad esempio, dove i media indipendenti sono banditi e i cittadini sono soggetti a un governo di un partito unico. Ecco quello è un esempio di paese in perenne stagnazione e oscurità, nel senso letterale del termine.

In America, da molto tempo diamo per scontata la nostra libertà di informazione e di parola, eppure non ci rendiamo conto che gradualmente è andata via un pezzo alla volta. E per questo non abbiamo nessuno da incolpare se non noi stessi. Per anni siamo stati nel sonnambulismo più profondo a un ritmo sempre più frenetico.

Tutto è iniziato affidandoci a Google per rispondere alle nostre domande, quindi abbiamo lasciato che il “le abbuffate” di Netflix diventassero il nostro passatempo preferito. Invece passare il tempo ad osservare le persone, le nostre teste sono piegate a fissare uno schermo, mentre facciamo clic senza pensare su una applicazione. Siamo diventati una nazione di consumatori passivi: il tipo di pubblico perfetto da manipolare con la propaganda e il controllo mentale. Quindi immagino che non dovrebbe sorprendere troppo quando, una volta presentatasi l’occasione, coloro che cercano il potere sulla gente hanno colto l’opportunità di controllarle.

La cieca sottomissione all’autorità durante il Covid è stata un grande campanello d’allarme per me – e spero per molti –  dato che perdere il nostro diritto di mettere in discussione la narrativa mainstream è un pericoloso e scivoloso pendio che conduce inesorabilmente verso la perdita di ogni libertà. Negli ultimi due anni ho assistito con orrore alla trasformazione di quelle  persone che un tempo erano considerate progressiste e che sostenevano la libertà di parola e un Internet aperto, che invece ora  chiedevano di operare censure, il deplatform e il controllo delle informazioni dall’alto verso il basso. Hanno iniziato a cantare mantra e slogan densi di propaganda che ci dettavano istruzioni su come  “seguire ciecamente la scienza!” Come se la scienza fosse una Bibbia, piuttosto che ciò che la scienza è in realtà, cioè è una continua ricerca di conoscenza.

Non esiste una cosa come “la scienza” e la scienza non è pensata per essere seguita, ma studiata. Ci sono conclusioni scientifiche a cui siamo giunti, ovviamente, come l’esistenza della gravità, ma nessun vero scienziato sosterrebbe mai di respingere l’approccio scettico, anche per quel che riguarda le teorie più ampiamente accettate. In effetti, se non si può mettere in discussione qualcosa, provare a cambiarlo e cercare alternative, allora quella che si sta facendo davvero non è scienza. Se non si può metterlo in discussione senza temere di essere “cancellati” o inseriti nella lista nera dal proprio governo, allora ovviamente non è scienza; è una branca dell’autoritarismo. Questo non significa necessariamente che ciò che diventa consenso sia sbagliato, ma è come ci si arriva che conta.

Per mettere in prospettiva gli obblighi legati al Covid-19, c’è stato un tempo in cui il nostro stesso governo ha spruzzato un veleno sui bambini chiamato DDT e, all’epoca, eri l’equivalente di un teorico della cospirazione di destra se pensavi anche lontanamente che fosse pericoloso. Ci sono voluti anni per mettere in discussione “la scienza” ufficiale e  per smettere di essere chiamati complottisti. Allo stesso modo, ora sappiamo che i lockdowns durante la pandemia hanno avuto scarso o nessun effetto sulla mortalità (secondo uno studio della Johns Hopkins University), ma hanno piuttosto causato molti danni sociali, sociali ed economici, soprattutto per i nostri giovani. Per porre fine ai lockdowns e finalmente poterne parlare male, ci sono voluti gli sforzi di coloro che sono stati disposti ad andare contro la narrativa. Ma  prima hanno dovuto pensare a ciò che stava accadendo, non certo  sedersi e accettare passivamente ciò che gli veniva detto.

Non dimenticherò mai un articolo di Forbes del 2020 che avvertiva che non dobbiamo mai “fare le nostre ricerche da soli“,  poichè questo invece dovrebbe essere lasciato agli esperti. Sai, quelle persone che sanno le cose meglio di te. Ora, parliamoci chiaro, non è che  la laurea in medicina e gli anni di ricerca scientifica non contino, o che chiunque possa essere un medico se si proclama tale da solo. Ma chiunque ha assolutamente il diritto di condurre ricerche, porre domande e prendere decisioni per se stesso, specialmente riguardo al proprio corpo. Il tuo corpo è la tua proprietà privata e il modo migliore per mantenerlo tale è liberare la tua mente per farsi domande.

In gran parte del mondo occidentale, siamo ancora per lo più liberi (sebbene dobbiamo lottare più duramente per preservare tale status). Dovremmo usare la nostra libertà per continuare ad evolverci come esseri umani pensando in modo critico, ponendo domande agli altri e a noi stessi e impegnandoci in un dibattito civile. Dovremmo tendere alla curiosità intellettuale, non all’adesione ai dogmi enunciati da sedicenti “esperti”.

Se consentiamo a poche aziende tecnologiche, amministratori delegati di aziende farmaceutiche e politici (di qualsiasi partito essi siano ) di pensare per noi, o di decidere chi può o chi non può  avere un’opinione pubblica, o che tipo di informazioni possiamo leggere , allora il mio professore universitario aveva ragione: in quel caso abbiamo perso tutto.

di Memoree Joelle, traduzione Martina Giuntoli

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