
Decreti Covid: Lega e parte del M5s si smarcano dal draghismo emergenziale
Il muro del draghismo emergenziale sul Covid comincia a sgretolarsi, e non solo fra i virostar. Finora, una maggioranza molto ampia e granitica ha sostenuto in Parlamento sia il Governo Draghi sia la sua sovrabbondante produzione di severi decreti e DPCM con cervellotiche, stratificate ed inefficaci restrizioni. Ma solo finora.
Una parte del M5S si sta smarcando. La Lega introduce dei distinguo. Avviene proprio nel momento in cui il Governo stesso va verso cauti, cautissimi allentamenti: stop alle mascherine all’aperto, riapertura delle discoteche, fine – pare – dello stato di emergenza al 31 marzo. A quella data, l’emergenza Covid avrà raggiunto la veneranda età di 26 mesi. Fiutata l’aria di smarcamento, pare che Draghi abbia l’intenzione di usare un escamotage per far approvare in un colpo solo, senza tanto dibattere in Parlamento, i decreti di Capodanno e dell’Epifania. Contengono fra l’altro l’obbligo di green pass base (tampone negativo) per andare alle Poste e in banca, l’obbligo di vaccino per gli over 50 e la quarantena breve per i vaccinati.
Però il Governo potrà avere delle sorprese se non riuscirà a fare una cosa del genere anche col decreto del 5 febbraio. E’ quello che, fra l’altro, istituisce il green pass illimitato per i vaccinati e che, a proposito della didattica a distanza nelle scuole, prevede regole diverse per vaccinati e non.
Un’avvisaglia si ebbe a suo tempo anche in Consiglio dei Ministri. Due dei tre ministri della Lega – Garavaglia e Stefani – non votarono il provvedimento. Il terzo ministro, Giorgetti, era assente.
In previsione della conversione in legge del decreto, ora la Lega rimarca il suo malcontento per bocca del presidente dei suoi deputati, Riccardo Molinari. Non annuncia il voto contrario in Parlamento. Però parla della necessità di una riconciliazione nazionale che passi attraverso l’abolizione del green pass. Di quello stesso green pass del quale il decreto del 5 febbraio prevede durata illimitata.
Una riconciliazione nazionale può sembrare problematica se nella stanza dei bottoni rimangono le stesse persone che hanno appoggiato norme in grado di generare la frattura. Ma tant’è. Molinari pare non si ponga questo problema. Le sue parole sono comunque il primo segno di indebolimento del draghismo emergenziale.
Un altro segno di indebolimento del draghismo emergenziale viene dal M5S. O meglio, da una parte del movimento ormai percorso da una faida interna. Tredici parlamentari pentastellati hanno assunto una posizione che ha trovato poco risalto sui media. E’ pubblicata per intero su Facebook.
Criticano le decisioni del Governo a proposito di green pass e di norme anti Covid. Sostengono che non sono basate su una corretta valutazione del rapporto costi-benefici. Chiedono il ritiro del green pass, che penalizza l’economia e la vita sociale. Annunciano emendamenti al momento della conversione in legge del decreto del 5 febbraio.
Sono segnali importanti, ma non vanno ancora al cuore del problema. Manca la virata verso le cure domiciliari precoci e la medicina territoriale. Manca il ritiro dell’obbligo di vaccinazione anti Covid per over 50, sanitari, insegnanti eccetera. Comunque sono il segno che il vento sta cambiando. Ora bisogna solo più cambiare i politici che finora hanno soffiato per alimentarlo.
GIULIA BURGAZZI
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