Ma davvero bisogna preoccuparsi (di nuovo) per il Covid in Cina? Le autorità occidentali, quelle italiane comprese, sono agitatissime. È sempre difficile capire cosa accade in Cina. Ma la risposta breve, per quel che se ne sa ora, sembra racchiusa in un monosillabo: no. In base alle informazioni disponibili, non sembra proprio che la situazione in Cina sia motivo di allarme.
Infatti in Cina stanno circolando varianti e sub varianti di Omicron che – salvo conclamata sfiga – nelle persone sane non sono significativamente gravi. Hanno in comune una spiccatissima abilità a fare marameo ai vaccini occidentali, che peraltro sono già di loro un colabrodo.
Ciò non di meno, l’Italia ha ordinato tamponi a tappeto negli aeroporti per i viaggiatori in arrivo dalla Cina. Stessa cosa negli Stati Uniti. Oggi, giovedì 29 dicembre 2022, riunione a Bruxelles per coordinare le azioni degli Stati che fanno parte dell’Unione Europea.
Ma quale è davvero la situazione del Covid in Cina, dopo la rottamazione di una politica zero contagi così dura da causare addirittura proteste di piazza?
Le notizie su ospedali traboccanti e forni crematori costretti a fare gli straordinari sono di fonti occidentale. Ufficialmente, ieri – 28 dicembre – la Cina ha registrato un morto di Covid. Uno solo. Sempre secondo i dati ufficiali, per il Covid in Cina si sono verificati 13 decessi durante l’intero mese di dicembre che sta per finire. Tredici decessi in un Paese di 1,4 miliardi di abitanti: qualsiasi valore questa informazione possa avere.
Dall’India, molto attenta per motivi geografici alla situazione, vengono due informazioni interessanti. La prima: le autorità cinesi da due settimane non forniscono dati sui ricoveri ospedalieri per Covid e gli ospedali sembrano davvero riempirsi: ma i posti letto sono pochi rispetto alla popolazione. La seconda informazione: l’ondata di casi di Covid in Cina è causata da un insieme di varianti e sotto varianti di Omicron, la forma più lieve e molto contagiosa che è da tempo dominante nel mondo. Queste varianti e sotto varianti di Omicron hanno in comune, dicono in India, mutazioni che permettono di aggirare facilmente l’immunità indotta dai vaccini. Che già di loro, si potrebbe aggiungere, lasciano – diciamo – ampiamente a desiderare.
Le varianti e sotto varianti cinesi di Omicron non sono diventate “cattive”. Ancora dall’India rimbalza la notizia che secondo gli esperti occidentali esse non mostrano segni, per quanto finora si è visto, di causare sintomi più gravi.
C’è la concreta possibilità – e non lo dicono solo in India – che una sostenuta circolazione del Covid in Cina porti all’emergere di nuove varianti. Che finora non si sono viste.
Questa preoccupazione è sufficiente a spiegare l’agitazione di Italia, Unione Europea eccetera? Finora, il Covid ha seguito una strada già all’inizio annunciata come prevedibile: il virus è mutato diventando sempre più contagioso ma sempre meno letale.
Certo, in qualsiasi momento potrebbe deviare da questo percorso e diventare invece più “cattivo”. Potrebbe farlo, nello stesso modo in cui potrebbero verificarsi un terremoto o un’inondazione. Finché non accadrà, i titoloni sui giornali e le riunioni sul Covid in Cina a Bruxelles avranno, semmai, un solo scopo. Tenere viva la paura e spingere la gente ad accettare sempre nuove dosi di vaccini, la cui efficacia contro Omicron è smentita perfino da Nature.
Però, ad ogni ulteriore dose iniettata, gli scandalosi contratti per 4,6 miliardi di dosi e 71 miliardi di euro stipulati dall’Unione Europea potranno sembrare un pochettino meno esagerati.
GIULIA BURGAZZI