Gli Stati Uniti si schierano con Pfizer nella causa intentata dall’ex dipendente di Big Pharma, Brook Jackson, su presunte irregolarità nella sperimentazione dei “vaccini” ad mRna.
“Ci vediamo in tribunale”, così Brook Jackson ha scritto su Twitter.
Il 1° marzo 2023 alle 14 (ora di Dallas), alla Corte federale di Beaumont in Texas, si terrà infatti l’udienza relativa alla causa intentata da Brook Jackson contro Ventavia Research Group e Pfizer. Tutte le parti si dovranno presentare fisicamente in tribunale.
Oggetto del contendere: presunte irregolarità appunto e negligenze durante la sperimentazione del vaccino ad mRna contro il Covid19 di Pfizer condotta da Ventavia per conto del colosso farmaceutico. Brook Jackson aveva fatto causa a Pfizer in data 8 gennaio 2021, attraverso il False claim act.
IL FALSE CLAIM ACT NEGLI STATI UNITI
Il False Claim Act è una legge federale che permette ai cittadini di fare causa, in nome del governo centrale, a individui o società che frodino o tentino di frodare lo Stato. La persona che persegue questa via legale viene ufficialmente chiamata relator (relatore) o più comunemente whistleblower.
Nelle cause di False claim act lo Stato può appoggiare il relator oppure decidere di chiedere l’archiviazione del procedimento. Poiché questo tipo di procedimenti spesso porta denaro nelle tasche federali, solitamente lo Stato appoggia il denunciante.
Nel caso in questione invece gli Stati Uniti hanno dichiarato, in uno statement of interest, che chiedono ufficialmente l’archiviazione della causa e si sono formalmente schierati a supporto degli accusati. Nel documento si legge che “gli Stati Uniti esortano la Corte a respingere la causa del relatore perché si ravvede informazione ‘falsa o fuorviante’. Inoltre le accuse sono ‘poco plausibili’ e gli Stati Uniti continuano ad avere ‘piena fiducia’ nel vaccino Covid19 di Pfizer”.
Pertanto la Jackson e i suoi avvocati il primo marzo si troveranno da soli, contro gli Stati Uniti d’America e contro Pfizer.
LA DENUNCIA DI BROOK JACKSON
L’8 settembre 2020 la donna aveva accettato una posizione di responsabilità nell’azienda Ventavia Research Group. Avrebbe dovuto supervisionare la terza fase della sperimentazione del vaccino ad mRna Pfizer in Texas.
La Jackson aveva diversi compiti: assicurare il rispetto dei diritti dei partecipanti alla sperimentazione, il loro benessere e far sì che i dati fossero raccolti in maniera precisa e imparziale.
Secondo la Jackson, le cose però non andarono come sperato. Il 25 settembre 2020 la donna cercò di mettersi in contatto con la Food and drug administration (Fda). La sua intenzione era rendere note le irregolarità che avvenivano all’interno del laboratorio dov’era impiegata. A poche ore dalla comunicazione la donna fu licenziata.
L’8 gennaio 2021 la Jackson insieme alla sua squadra legale ha quindi fatto causa a Ventavia Research Group e Pfizer per violazione del False claim act.
LE MOTIVAZIONI DI BROOK JACKSON
Ecco, attraverso le parole di Jackson, le motivazioni che l’hanno spinta a parlare: “In 20 anni di lavoro nella ricerca clinica non ho mai visto un studio condotto da un sito di ricerca o supervisionato da uno sponsor farmaceutico che mi abbia spaventata. Finora. Ciò che ho documentato e riportato al mio precedente datore di lavoro e alla Pfizer in un audit interno rappresentava un pericolo e violava la legge federale. Ho pensato che i partecipanti fossero protetti. Ho anche pensato che i dati raccolti in modo fraudolento non sarebbero stati poi utilizzati in alcuna analisi di sicurezza ed efficacia. E invece così non è stato”.
Ma esattamente cosa dice di aver visto la whistleblower in quei laboratori?
Per fare qualche esempio, la donna sostiene che non si rispettassero le tempistiche nelle somministrazioni delle dosi. A volte si iniettava il siero prima, a volte oltre il numero di giorni stabilito. Inoltre la Jackson dice che le dosi fossero molto diluite. Questo veniva fatto di proposito, per diminuire l’eventualità degli effetti avversi.
Altra cosa riportata dalla Jackson, Ventavia avrebbe omesso di riportare gli eventi avversi alla Pfizer, nonostante i dati fossero disponibili, perché riportati dai pazienti sul loro registro personale. Inoltre non sarebbero state rispettate le temperature di conservazione.
Infine, Ventavia avrebbe trattato i dati con poca cura, in maniera sciatta e talvolta li avrebbe persino falsificati. Pfizer, che avrebbe dovuto supervisionare, avrebbe fatto finta di nulla, rendendosi così complice.
Accuse davvero molto pesanti, che sia Pfizer che Ventavia rigettano in blocco, proprio come gli Stati Uniti.
COSA SAPPIAMO DELL’EFFICACIA DEI “VACCINI”
Incredibile, ma vero. Gli Stati Uniti d’America si schierano con Pfizer. Insieme chiedono l’archiviazione della causa intentata da Brook Jackson.
Eppure, ormai dovrebbe essere universalmente accettato il fatto che i vaccini anti-Covid19 non solo non hanno protetto dall’infezione, come inizialmente promesso, ma hanno anche provocato molti effetti avversi gravi.
In diversi studi, uno dei quali condotto proprio recentemente, si è addirittura mostrato come le persone vaccinate abbiano una possibilità maggiore di contrarre la malattia.
Ma non solo.
Adesso sappiamo, proprio grazie ai Twitter files, che il dibattito scientifico attorno ai vaccini e al virus è stato intenzionalmente censurato e manipolato dal social. A nessuno che abbia avversato o questionato le certezze del mainstream è stato mai concesso di condividere davvero le proprie opinioni e renderle visibili attraverso i canali tradizionali.
Persino l’inossidabile Bill Gates si è arreso. In uno studio pubblicato su The Lancet e sovvenzionato dalla Bill&Melinda Gates Foundation si legge che la protezione data dall’immunità naturale è almeno uguale a quella del vaccino.
Difficile anticipare cosa accadrà il primo marzo prossimo. A governo e Big Pharma non rimane che negare le evidenze. Vedremo se ancora una volta Davide avrà la meglio su Golia.
MARTINA GIUNTOLI