Le testate Politico e Welt hanno condotto un’inchiesta su BioTexCom, la clinica ucraina operante nel settore della maternità surrogata, e sulla pratica meglio nota come “utero in affitto”. Raccontano le loro dolorose esperienze soprattutto aspiranti genitori che, dopo aver usufruito dei “servizi” della clinica, hanno deciso di mettere a disposizione le proprie storie nella speranza di diffondere verità è consapevolezza.
BIOTEXCOM A KIEV
“Fate bambini, non fate la guerra”, si legge sul profilo Instagram di BioTexCom, la “fabbrica di bambini più famosa del globo”, come la definisce Politico. Quando Kiev è divenuta teatro di guerra, vendere il proprio utero per molte giovani donne del posto non è stata una scelta. Si è trattato di una triste necessità per continuare a provvedere a sé e alle proprie famiglie. E se da un lato l’economia locale ha comprensibilmente subito una battuta d’arresto, il business di BioTexCom e della maternità surrogata è rimasto invece fiorente.
Il fondatore della compagnia, Albert Tochilovsky, ha dichiarato che l’offerta spesso non riesce a stare dietro alla domanda. In altre parole, non si trovano abbastanza donne ucraine per partorire tutti i bambini già prenotati dall’estero. Parliamo di un giro di affari milionario, nonché di almeno 2.000-2.500 bambini nati ogni anno tramite BioTexCom.
I servizi offerti dalla clinica attirano clienti non solo per i costi contenuti, circa la metà di quanto si spenderebbe in Usa, ma anche per le tecniche innovative utilizzate. Si può, ad esempio, fare uno screening genetico prima dell’impianto in modo tale da valutare se la qualità degli embrioni soddisfa. E, nel caso si trovassero tracce di malattie trasmissibili da madre a figlio, si può sempre optare per la modernissima sostituzione mitocondriale.
I requisiti per accedere ai servizi offerti da BioTexCom sono molto semplici. Basta essere una coppia sposata eterosessuale che abbia una documentata incapacità ad avere figli. La stessa inoltre deve mettere a disposizione almeno una parte del proprio codice genetico per il concepimento: sperma, ovuli o, ancor meglio, embrioni. Alla modica cifra di circa 50.000 dollari i clienti possono acquistare un pacchetto all inclusive, con assistenza medica, certificato di nascita del bambino e permanenza in hotel di lusso in pieno centro.
BIOTEXCOM, IL VIAGGIO DI POLITICO E WELT
Tanya, un’aspirante mamma di 45 anni di Los Angeles, nel 2017 decise di inviare 10.000 dollari e due embrioni a Kiev. La donna aveva già scartato le cliniche in Usa a causa del costo elevato. Pertanto, di concerto con il marito, aveva scelto un’opzione meno onerosa.
Dal momento che i genitori di Tanya erano entrambi originari di Odessa, la cosa alla fine non parve così male. Far nascere un figlio a Kiev forse era un segno del destino. Tuttavia, non passò molto tempo prima che la donna ricevesse una telefonata dalla BioTexCom. A detta della donna, la clinica comunicò che, nonostante fossero state seguite regolarmente tutte le procedure, il trasferimento nell’utero della madre surrogata non era andato a buon fine.
La conversazione si chiuse lì senza troppe spiegazioni. La delusione, il dolore e soprattutto la voglia di saper di più presero il sopravvento. Si scoprì poi, in occasione di un viaggio di lavoro del marito di Tanya a Kiev, che gli embrioni erano stati donati ad un’altra coppia.
“Non solo hanno distrutto il mio sogno di essere madre, ma ho anche perso i soldi. Dopo la mia telefonata e dopo che mio marito era stato in visita alla BioTexCom, nessuno ha mai più risposto alle nostre chiamate”, racconta Tanya.
Sono trascorsi ormai cinque anni da quando la donna ha interpellato l’Interpol senza ricevere risposte. “La cosa che mi ha spinto a iniziare le indagini è stato il fatto che non mi hanno mai restituito l’embrione che dicono di non aver utilizzato”, specifica la donna: “non certo i soldi”.
Albert Tochilovsky, il fondatore di BioTexCom, così ha risposto per iscritto a Welt e Politico: “I timori di Tanya sono assolutamente infondati. Nessuno ha impiantato l’embrione in un’altra coppia, soprattutto vista la scarsa qualità del materiale originario ricevuto”.
LE INDAGINI SU BIOTEXCOM
Nel frattempo l’imprenditore è finito agli arresti domiciliari nel 2018 e nel 2019 con l’accusa di evasione fiscale, riciclaggio e traffico di minori. Secondo la pubblica accusa infatti diversi bambini non avevano un effettivo legame genetico con i genitori. La clinica avrebbe dunque falsificato documenti e certificati medici per modificare ad hoc i test del Dna.
I fascicoli, tuttavia, sono stati archiviati prima ancora di arrivare a processo. Lo stesso ex pubblico ministero Kovalchuk ha raccontato a Welt di come fosse praticamente impossibile mettere il fondatore di BioTexCom dietro le sbarre. “Ormai è fatto notorio che Tochilovsky e la sua azienda hanno appoggi davvero importanti”, racconta il magistrato.
“Le accuse nei miei confronti”, sostiene di contro Tochilovsky: “Sono nient’altro che pura isteria alimentata da magistrati corrotti che hanno tentato di estorcere a me e alla mia compagnia cifre da capogiro”.
Tochilovsky allontana dunque da sé e dal suo business ogni accusa. Eppure i casi problematici sono numerosissimi. C’è ad esempio quello della tedesca Inge, la quale, dopo aver spedito in Ucraina i propri embrioni, ha chiesto che le venissero restituiti. “Avevo cambiato idea dopo qualche tempo e rivolevo semplicemente quello che era mio, ma non è stato possibile”, racconta la donna. O anche il caso di due gemelli che sono stati scambiati con altri bambini partoriti nello stesso ospedale. “La colpa non è di BioTexCom, ma del sistema ospedaliero ucraino. Le due coppie hanno avuto i bambini quasi insieme e lo staff infermieristico ha scambiato i neonati”, ha ribadito Tochilovsky.
Si ha addirittura notizia anche di una coppia italiana di Brescia che nel 2011 fece causa alla clinica. Marito e moglie infatti scoprirono di aver ricevuto un neonato non legato a loro da vincoli genetici. I due espressero il desiderio di tenere comunque con sé il bambino. Il tribunale italiano tuttavia dispose per la sua messa in adozione.
I DIRITTI DI BAMBINI E MADRI BIOLOGICHE
E le gestanti?
Maria Dmytrieva, un’attivista per i diritti delle donne in Ucraina, racconta cosa si nasconde dietro la copertina patinata degli alberghi a cinque stelle e delle cliniche di lusso.
“Le donne in Ucraina sono trattate come schiave. Loro, come i bambini che portano in grembo, non hanno alcun diritto. Sono i genitori paganti a decidere tutte procedure mediche”, racconta la Dmytrieva.
Ma c’è molto di più. I contratti stipulati sono molto più bizzarri e stringenti di quanto si possa immaginare. Ci sono donne costrette a mangiare in un certo modo, a vestire in un certo modo, o a cui viene persino vietato di toccare il proprio bambino una volta nato.
Molte donne inoltre hanno dichiarato di non essere mai state pagate per il loro lavoro, o di non aver ricevuto indietro un centesimo per le spese mediche che hanno dovuto affrontare in gravidanza. Welt ha intervistato in totale anonimato sette donne che hanno collaborato con la clinica di Kiev. La maggior parte di loro ha detto che non ripeterebbe mai l’esperienza. Non è solo la questione economica a causare in loro delusione e amarezza, ma anche la sensazione provocata dal lasciar andare un bambino che portato in grembo per nove mesi.
Una di loro riferisce poi di ulteriori amari risvolti: “Accade molto spesso che se nasce un bambino con problemi di salute, il genitore lo lascia qui. Questo bambino l’ho adottato da una coppia cinese che non accettava un figlio con handicap”.
Sylvie Mennesson, la presidentessa di Clara (un’associazione non governativa che supporta le coppie non fertili), suggerisce agli aspiranti genitori di evitare l’Ucraina: “Se ci sono problemi di qualche sorta, in Ucraina nessuno si prenderà cura dei bambini. In maniera particolare i prematuri sono a rischio. Questa non è solo una questione etica, ma anche strettamente medica”.
La femminista e attivista Marie-Josèphe Devillers, autrice di Per l’abolizione della maternità surrogata, sostiene che gli europei che si rivolgono alle donne ucraine per avere un figlio rendono la situazione assai peggiore: “Questo altro non è che sfruttamento neoliberista, una fetta di mercato mossa solo dal profitto generato da coloro che vogliono un figlio a qualunque costo”.
Al momento tutto il clamore destato dalla questione “utero in affitto” ha spinto le autorità ucraine a valutare un nuovo tipo di normativa. Si è persino pensato di limitare la maternità surrogata alle sole coppie del luogo. Inutile dire che Tochilovsky ha espresso tutta la sua contrarietà a riguardo.
MARTINA GIUNTOLI