
Biden, l’UE e anche il PD vogliono tagliarci il gas: l’Italia dovrà capitolare?
Crisi del gas, quale altro boccone amaro ci apparecchia il sedicente nonno al servizio delle istituzioni? Oggi, 25 febbraio, in Parlamento ha parlato addirittura di razionare il gas. Le sue parole apparentemente fanno a pugni con il fatto che, nonostante la guerra in Ucraina e le minacce, il vitale gas russo continua ad arrivare nell’UE e in Italia.
Però probabilmente Draghi ha annusato ha annusato la polpetta avvelenata (avvelenata per noi, mica per lui) apparecchiata ai piani alti di Bruxelles e Washington. Finora Italia, Germania, Ungheria hanno impedito che le sanzioni alla Russia coinvolgessero anche il gas, vitale per la nostra economia e per quella tedesca. Ma nel giro di giorni dovranno probabilmente cedere. Infatti la pressione internazionale è diventata insostenibile. Come se non bastasse, all’interno della coalizione di governo italiana il PD si è unito al pressing.
Innanzitutto, le parole di Draghi in Parlamento. C’è un passo del suo discorso che mette i brividi per il futuro. Ha relazionato alla Camera sulla situazione in Ucraina dicendo fra l’altro:
Il Governo è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica (…). Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico (…). Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone.
In questo momento in teoria non ci sarebbe alcun motivo per prospettare un razionamento di gas ed energia. Il veto di Italia, Germania e Ungheria ha impedito ieri all’UE di espellere la Russia dallo SWIFT. E’ il sistema bancario per le transazioni internazionali. Senza lo SWIFT sarebbe impossibile pagare alla Russia il gas che essa fornisce agli Stati europei. E dato che la Russia non è un ente di beneficienza, senza lo SWIFT interromperebbe immediatamente le forniture.
Siccome la Russia è (ancora?) dentro lo SWIFT, in questo momento il gas russo scorre come sempre nei gasdotti europei. Meglio: di gas ne arriva poco come negli ultimi mesi (la Russia fornisce solo le quantità cui è contrattualmente obbligata mentre prima, se qualcuno era disposto a comprare, largheggiava), però il gas continua ad arrivare. Ma nei prossimi giorni?
Il presidente statunitense Biden l’ha detto chiaro: finora la Russia non è stata espulsa dallo SWIFT perché si tratta di una decisione che l’Europa non desidera prendere, però l’opzione è sempre sul tavolo.
L’Europa, ovvero l’Unione Europea, a sua volta ha detto no a causa del veto di Italia, Germania ed Ungheria. In certi snodi istituzionali UE basta il veto di un solo paese – figuriamoci di 3 su 27 – per bloccare tutto. Il presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk, punta oggi il dito contro i tre reprobi con un rabbioso tweet. Italia, Germania ed Ungheria hanno perso l’onore, dice. Sono toni assolutamente inediti per le istituzioni europee. Bisognerebbe rispondergli che Italia, Germania ed Ungheria hanno fatto semplicemente il proprio interesse: ma tant’è.
Il Consiglio Europeo di cui Tusk e presidente definisce priorità ed orientamenti politici dell’Unione Europea. Quindi le parole di Tusk hanno un peso, e che peso.
Stamattina è tutto un coro analogo da parte di politici occidentali e di stampa internazionale. L’espulsione dallo SWIFT è una sanzione chiave; Biden e l’Europa sono in attesa (AP). l’Ucraina è infuriata per la mancata espulsione della Russia dallo SWIFT (Guardian). Il primo ministro britannico Johnson lavora senza sosta per persuadere l’UE ad espellere la Russia dallo SWIFT (ancora Guardian). Eccetera eccetera.
In Italia ci si è messo anche il segretario del PD, Enrico Letta. Dice che a proposito di sanzioni contro la Russia “non può esistere” alcuna divisione all’interno degli Stati UE. Ovvero: Italia, Germania, Ungheria si accodino a chi vuole espellere la Russia dallo SWIFT. E così si vuole arrivare al razionamento del gas e dell’energia, al quale Draghi ha accennato in Parlamento.
GIULIA BURGAZZI
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